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Osees – A Foul Form

2022 - Castle Face
fuzz punk rock

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Tracklist

1. Funeral Solution
2. Frock Block
3. Too Late For Suicide
4. A Foul Form
5.A Burden Snared
6. Scum Show
7. Fucking Kill Me
8. Perm act
9. Social Butt
10. Sacrifice


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Un paio di dati rilevanti sulla band di/che corrisponde a John Dwyer: non hanno cambiato nome, non hanno fatto uscire un disco per ben due anni. Che a dirla così sembra poca cosa, ma solo se non si conosce la parabola OCS/The Ohsees/The Oh Sees/Thee Oh Sees/Oh Sees e, infine, Osees. A quest’ultimo nome sono rimasti affezionati (al momento) per ben tre uscite, l’ultima delle quali ha pur sempre il solito sapore rétro cui John è legato, ma su un versante diverso, che è scaturito con forza già in “Protean Threat” ma che solo con “A Foul Form” ha trovato il suo modo di esplodere in tutta la sua ignoranza ferina.

Viene il momento, per tutti questi lo-fi-garage lover di tornare alla propria adolescenza virulenta, fatta di borchie, metallo e testosterone ribelle. Se per i King Gizzard con “Infest The Rats’ Nest” il ritorno di fiamma ha coinvolto le propaggini thrash metal e per Ty Segall ad essere chiamati in causa sono stati Black Flag e Black Sabbath in egual misura, per gli Osees è tutta questione di punk, di quello marcio e fetido, più nella sua versione “proto” che in quella compiuta che ha fatto il salto dal ’77 agli anni ’80 ma che non tralascia quel che venne poi e prese il nome di hardcore punk.

Qui è tutto un dibattersi di batterie lanciate alla velocità della luce e gang vocals iperpunk, monoliti fuzz che pendono sul versante estremo dell’inferno urbano di città che ripulite non fanno paura ma il cui ricordo dei fasti di violenza ancora aleggia nella mente di chi la vide e nei sogni di chi le sfiorò. Dwyer è a metà tra le due categorie (classe 1974) ma è certamente cresciuto con nelle orecchie il suo del degrado punk-rock più laido perché qua si sente tutto, a pencolare tra Richard Hell, Stooges, Death, Rudimentari Peni, Alice Cooper prima maniera (quello di “Easy Action”, per intenderci), Germs, i Black Flag capitanati da Keith Morris e tanto altro ancora, con quella voglia di sbraitare dritto nel microfono, nella lordura più sciamannata possibile, con titoli che non lasciano nulla all’immaginazione come Scum Show, Social Butt, Sacrifice, Fucking Kill Me e Funeral Solution e brani battezzati nel fuoco del “one-two-three-four”. Certo, quella voglia imperante di motorik non è mai paga e sbuca tra le lamiere accartocciate di questi dieci brani al fulmicotone, ma è solo un’oncia nel mare del degrado.

Va da sé, chi li ha visti dal vivo sa perfettamente che su supporto fisico gli Osees non rendono come quando tirano randellate a tutto spiano sul palco, anzi, lo studio un po’ finisce per ammazzarne la cazzimma, ma ciò non rende meno spassoso questo tributo a quel preciso momento storico.

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