Impatto Sonoro
Menu

Back In Time

La bellezza incompresa di “Celebrity Skin”: come le Hole plasmarono il classico power pop

Amazon

Spesso alcuni album diventano un modo per esorcizzare una perdita, per riuscire a dire addio. Segnano la strada per ballare un po’ sulle rovine e iniziare a ricostruire. Nelle tracce di “Celebrity Skin” delle Hole è racchiusa la mappa per questo difficile viaggio, nel disperato tentativo di ridisegnare un personale concetto di rinascita.

8 settembre 1998: quattro anni dopo il suicidio del frontman dei Nirvana Kurt Cobain e la perdita per overdose della bassista Kristen Pfaff, il terzo album in studio della band fondata da Courtney Love ed Eric Erlandson vede la luce. “Celebrity Skin” è un concentrato di drammi e luccicori; incubi e nubi. Un manuale sulla fama, sulla morte e sul mistero: dodici tracce dal rock ammaliante e diretto; dodici episodi che sfidano lo star system hollywoodiano e le sue avidità. Un disco che alla fine del millennio fa i conti con un passato ingombrante e violento, creando con questo uno strappo netto. Canta disilluso di successo, dolore e prigione, degli effetti distorti che la celebrità lascia sulla pelle.

Musicalmente è accessibile a tutti, semplice e pulito nelle sonorità, le quali risultano decisamente radiofoniche. Di grunge non c’è quasi più traccia e si è ben lontani dalle asprezze rumorose del precedente “Live Trhough This”. Chi si aspettava, dunque, ruggiti crudi e tormentati, è rimasto inevitabilmente deluso. Il risultato dello strappo è un disco pop-rock, a tratti zuccheroso, in cui Courtney Love sveste i panni di ragazzina riottosa per lasciare il posto a riflessioni sulla vita e la carriera. Tutto questo fa di “Celebrity Skin” un album personale. Personale di Courtney e di tutti quelli che volevano sapere la storia che c’era dietro: non solo per Kurt, ma per tutto il grunge svanito con lui.

La controversa personalità di Courtney Love è indissolubilmente legata al disco. Potremmo parlare di tutto, del suo carattere irriverente e sfacciato e della conseguente antipatia che si è creata negli anni, degli eccessi, della droga, delle questioni giudiziarie, delle dichiarazioni scomode e urticanti, ma una cosa è certa: a Courtney non è mai stata data la possibilità di essere un personaggio a sé stante, adombrata dai ben più influenti compagni, il biondo di Seattle e Billy Corgan (leader degli Smashing Pumpkins, che ha firmato ben cinque tracce nel disco). Non le si può negare una spiccata capacità di songwriting e un posto importante nella musica degli anni ’90 (le Hole hanno influenzato quel “female-rock radiofonico” che negli anni successivi avrebbe sbancato Mtv). Probabilmente nessuna artista al mondo è stata così condannata, come lei, all’autobiografia. E “Celebrity Skin” riflette tutto questo: scorrevolezza plastica, melodie fitte e pronte per la radio. Non ci sono strani intermezzi o momenti di catarsi caotica. C’è soltanto una Courtney Love che non urla quasi mai (cosa impensabile se confrontata ai precedenti lavori!), ma che con voce onesta si mette a nudo in quella che ha tutti i tratti di una confessione.

L’artwork dell’album è una sintesi perfetta di questi temi: una foto della band su una spiaggia di notte e lo sguardo di Courtney che fissa la telecamera. Dietro di lei, una palma alta e magra in fiamme. La copertina del retro, invece, richiama la dedica delle Hole all’aqua rubata di Los Angeles e a chiunque sia mai annegato”, presentando un dipinto dell’Ofelia di Shakespeare. Facili da intuire i riferimenti all’annegamento nell’eccesso e nella fama, che compaiono in più parti tra i brani, ponendosi come filo tematico dell’intero lavoro.

L’album si apre con la famosissima title-track: tra riff metal e morbide dissolvenze, Courtney riflette sul suo rapporto con la celebrità. Il sound è orecchiabile e accattivante, da canticchiare in auto o tra le strade di qualche città caotica. Probabilmente tra i brani più riusciti delle Hole. Segue il nostalgico manifesto femminista Awful, che riecheggia la giovinezza e la spensieratezza delle battaglie feminili, tematiche da sempre presenti nella produzione delle Hole. La chiusa è un messaggio di emancipazione, un canto di gruppo: “If the world is so wrong yeah you can take it all with one song!”. Il racconto continua con Hit So Hard, ballata semplice e minimale in puro stile Hole e con la malinconia pop-rock di Malibu, gemma pop del disco. Ballata sulla separazione e la fuga, che gocciola sole in una tarda estate californiana. La chitarra di Erlandson si fa più ruvida e il ritornello si infrange come un’onda. Segue Reasons to Be Beautiful,  che racchiude il cuore pulsante delle Hole. La traccia si apre con Courtney che racconta il suo suicidio, “Love hangs herself with the bedsheets in her cell”, per poi chiudersi in una risposta al suicidio del compagno Kurt, nella rievocazione di quell’estate perduta, “when the fire goes out you better learn to fake, It’s better to rise than fade away”. Decisamente funerea la successiva Dying, in cui è nettamente riconoscibile il contributo di Corgan. Brano triste ed ironico, pieno di malinconia e stanchezza: “and now I know that love is dead, You’ve come to bury me”. Confessione piena di rancore, odio e amore è contenuta in Use Once and Destroy e nel suo riff prepotente.

Ma se gli spettri del passato vagano senza meta lungo tutte le tracce del disco, in Northern Star prendono fiato: “ghosts that haunt you with their sorrow” . Angoscioso e sospirato brano acustico in cui la voce amara di Courtney intreccia rabbia e disperazione. I toni sono freddi e distaccati e le sonorità elettroniche dell’arrangiamento fanno da perfetto sfondo (unpopular opinion: da sempre la mia traccia preferita del disco e dell’intera produzione delle Hole!). Seguono la smielata Boys On The Radio, che mescola gioia a profonda amarezza e la frizzante Heaven Tonight, ballad che paragona l’amore a cavalli galoppanti. L’assurdamente accattivante Playing Your Song, invece, insulta spudoratamente Krist Novoselic e Dave Grohl, contro i quali Courtney Love per anni ha condotto battaglie legali sui diritti di pubblicazione dei Nirvana. Chiude il disco Petals: il basso della Auf der Maur s’intreccia indissolubile con la semplicità melodica della chitarra, creando un tocco quasi magico.

“Celebrity Skin” suona come Los Angeles. Suona di rock raffinato e decadente, con qualcosa di marcio al centro. Una celebrazione e una condanna di ciò che Courtney Love, nella title track, chiama “beautiful garbage”. È un album accessibile e intimo, con un retroscena drammatico, che racconta di fama, bellezza, vita e dei suoi opposti. È una dichiarazione che ha sovvertito le etichette discografiche, i media e chiunque pensasse che la ragazza con la tiara non potesse fare musica pop con dentro un qualche messaggio.

Piaciuto l'articolo? Diffondi il verbo!

Articoli correlati