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The Afghan Whigs – How Do You Burn?

2022 - BMG
alt-rock

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Tracklist

1. I'll Make You See God
2. The Getaway
3. Catch A Colt
4. Jyja
5. Please, Baby, Please
6. A Line Of Shots
7. Domino and Jimmy
8. Take Me There
9. Concealer 
10. In Flames


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Nono album in studio per la band statunitense The Afghan Whigs, composta da Greg Dulli (voce), Patrick Keeler (batteria), John Curley (basso), Jon Skibic (chitarra) e Rick Nelson (chitarra, synth, archi). Distribuito dall’etichetta Royal Cream/BMG, “How Do You Burn?” è stato registrato a distanza a causa della pandemia. Questo mi rende ancora più incuriosita verso i contenuti del disco, perché le opzioni sono due: 1) la band è stata seguita da un produttore bravo che ha saputo rendere tutti i suoni con naturalezza nonostante le registrazioni a distanza; 2) è venuto una schifezza. Andiamo allora a scoprire cosa succede.

La prima traccia della raccolta è I’ll Make You See God. Parte carica, con un riff distorto molto accattivante che mi ricorda le vibes dei Queens Of The Stone Age. Procedendo con l’ascolto però mi rendo conto della ripetitività del motivo portante, come se non ci fossero suddivisioni tra le parti della canzone. Il finale, per fortuna, salva tutto con un crescendo bello carico. Segue The Getaway, che si distingue da I’ll Make You See God per sonorità appartenenti al genere della ballata e per variazioni più marcate nella struttura. Mi piace molto il contrasto all’inizio del brano tra la voce di Greg Dulli, calda e graffiante, e un’altra voce più gutturale. Per il resto, segnalo degli archi dai toni mediorientali che rendono il tutto più interessante. Al terzo posto abbiamo Catch a Colt, simile a The Getaway a livello di sonorità e ritmo da ballata. Segue uno sviluppo accentuato dall’aggiunta di un riff distorto che rende la canzone un po’ più accattivante. Sorprendentemente si sentono anche elementi elettronici, misti ad archi e vocalizzi soul nel finale. Devo dire che se I’ll Make You See God è troppo ridondante, Catch a Colt è fin troppo satura di sonorità che quasi cozzano tra loro.  

La quarta traccia di “How Do You Burn?” è Jyja, che parte con uno strumento simile al didgeridoo, anche se non saprei dire esattamente quale. Quindi, insomma, ritmi esotici e cupi molto interessanti. Poi, a sorpresa, si sente un basso blues che mi ricorda ancora una volta i primi Queens Of The Stone Age; similitudine che mi pare di sentire anche nel cantato. A parte questo, anche Jyja, come I’ll Make You See God, è contraddistinta da un ritmo molto ridondante che, però, fortunatamente è inframmezzato da un arpeggiatore elettronico un po’ improbabile ma comunque azzeccato. Mentre io speravo in un climax che mi facesse cambiare idea sul brano, alla fine abbiamo un bridge, che in ogni caso spinge, quindi ci piace. Al quinto posto troviamo Please, Baby, Please, una ballata romantica dalle tonalità più allegre rispetto ai brani precedenti che mi ricorda vagamente gli ultimi Arctic Monkeys (e intanto mi chiedo: è cosa buona e giusta ritrovare così tanti riferimenti a band che conosco già?).

A Line of Shots è la sesta canzone di “How Do You Burn?”. Simile alle ultime canzoni per sonorità che comunicano allegria, A Line of Shots si contraddistingue per una varietà di ritmi e motivi più marcata rispetto ai primi brani della raccolta. Sorprendentemente, alla fine, tutto si fa più inquietante, cosa che non si spiega con il pezzo che segue, Domino and Jimmy, data la tonalità maggiore che lo domina. Ahimè, quest’ultima canzone pecca di ridondanza come i primi brani dell’album. All’ottavo troviamo Take Me There, che mi sorprende con una batteria un pelo più complessa rispetto ai ritmi di Domino and Jimmy. La sorpresa continua con l’inserimento di elementi elettronici e pop un po’ randomici e di un riff di basso interessante. Take Me There (per fortuna) è contraddistinta da un crescendo molto più sentito rispetto ai brani precedenti, benché il climax finale vero e proprio non ci sia, nemmeno in questo caso.

Concealer è la penultima canzone di “How Do You Burn?”. Parte con un arpeggio di chitarra acustica poi accompagnato da una cassa e degli archi che non mi comunicano niente di nuovo. Il tutto si riprende con un riff distorto e un arpeggiatore alla Muse, che però ritornano in quel mix di sonorità iniziali che non suscitano particolare curiosità. Al termine della raccolta troviamo In Flames. La partenza del brano è molto entusiasmante: percussioni elettroniche cupe che ricordano i Massive Attack. Poi (come sempre nella vita) le aspettative alte per il proseguimento della canzone vengono deluse da sonorità rock e un po’ soul per niente originali. Per salvare il pezzo in corner posso solo dire di aver apprezzato il bridge finale e le sue variazioni rispetto al tema portante della canzone.

Non saprei dire se si tratta di un arrugginimento dato dall’avanzare dell’età o di un’involuzione di questo tipo di sonorità rock che hanno sempre contraddistinto gli Afghan Whigs, ma “How Do You Burn?” poteva andare meglio. Ho apprezzato brani come The Getaway e Jyja, ma per il resto ho assistito a tentativi di introduzione di elementi a sorpresa che finivano sempre per rendere il brano in questione un miscuglio di sonorità spesso tra loro discordanti. In ogni caso, immagino che una fetta di pubblico possa apprezzare questo alt rock ormai non molto alt e molto radiofonico, quindi confido nella funzione positiva della mia recensione pur nonostante i giudizi severi.

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