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Parkway Drive – Darker Still

2022 - Epitaph
metal/hardcore

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Tracklist

1.Ground Zero
2.Like Napalm
3.Glitch
4.The Greatest Fear
5.Darker Still
6.Imperial Heretic
7.If A God Can Bleed
8.Soul Bleach
9.Stranger
10.Land Of The Lost
11.From The Heart Of Darkness


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Dalle stalle alle stelle. Questa è la definizione della carriera dei Parkway Drive, arrivati al loro settimo album in studio “Darker Still” dopo aver iniziato a suonare nello scantinato di famiglia e arrivando ad essere tra le band più venerate del Metal moderno e headliner nei più grandi Festival internazionali.

Concettualmente l’ultimo album nasce da un’idea impressa in una frase, citazione di Tom Waits, appesa al frigo della casa di Byron Bay del cantante Winston McCall: “I want beautiful melodies telling me terrible things”. Questa è diventata il principio guida di “Darker Still” e ciò che si trova al suo interno è il compimento finale della capacità dei Parwkay Drive di imparare e crescere, ma soprattutto della loro creatività, mettendo in pratica tutto ciò che è stato immaginato nel corso di questi vent’anni. Comprendere questa crescita significa comprendere l’album sia musicalmente che tematicamente, afferma McCall. Tutti coloro che pensavano di aver capito i Parkway Drive devono ora riconsiderare il tutto, me in primis, legatissimo ai primi album “Killing With A Smile”, “Horizons” e “Deep Blue” che ancora ora sono tra i miei preferiti.

Potremo considerare “Darker Still” una tappa fondamentale di un viaggio iniziato con “Ire” e cresciuto ulteriormente con “Reverence”, rispettivamente del 2015 il primo e 2018 il secondo. Una trilogia trasformativa in cui i ragazzi australiani hanno abbandonato lo stile e le convenzioni autoimposte a favore di nuovi orizzonti e rimarrà il momento più impegnativo della carriera della band, iniziato nel 2019 con l’inizio delle registrazioni e i vari problemi poi riguardanti il Covid, conclusosi poi nel febbraio di quest’anno.

In primis, i cambiamente del nuovo disco sono subito evidenti nel suono delle chitarre, volute quasi più classiche e pulite dai due chittaristi Jeff Ling e Luke Kilpatrick attratti dai suoni metal dei primi anni ‘90, senza troppe stratificazioni e digitalizzazioni. Il secondo aspetto riguarda il concept album “Dark Night Of The Soul“. Infatti, se nei precedenti (fino ad “Atlas”) la velocità e i breakdown facevano da padrone senza troppe sovrastrutture, ora il punto cruciale sta nell’immaginario: l’aspetto sonoro viene quasi secondariamente, la sua potenza e la cattiveria sono ai minimi storici. Il tutto raggiunge la massima teatralità, specialmente nella voce oramai con sempre più spoken word e diventando un’epopea Rock stile Ballad che si racchiude nella title-track.

Le sole tre canzoni che meritano di entrare nella storia dell’album a mio avviso sono Glith, The Greatest Fear e Soul Bleach che riescono a mettere d’accordo i vecchi Parkway Drive con i nuovi schemi metal intrapresi dalla band australiana. Brutalità e immediatezza, ovvero ciò che mancava in questi ultimi lavori. Inoltre aggiungendo un flow alla voce (un po’ alla Rage Against The Machine) che dona un nuovo stile accattivante. Guarda caso tutte canzoni con dei breakdown devastanti. Sta di fatto che l’album in sé non mi è piaciuto. Ma chi se ne frega direte voi. E avete anche ragione.

Chi come me li segue da decenni potrà dire che il tempo li ha cambiati, quei bravi ragazzi amanti degli sport estremi, della natura selvaggia e della velocità (più Hc di così non si può) che nei live prediligevano il contatto diretto con il pubblico nei piccoli club, sono diventati Rockstar che hanno bisogno di grandi stadi con addobbi, giochi pirotecnici e travestimenti. In una parola, i ragazzi hanno perso la loro spontaneità. Se “Ire” ha segnato un contrasto con il passato nello stile del Metalcore, “Darker Still” rimane in un limbo che non aiuta di certo noi ascoltatori. Una mezza delusione che ha bisogno subito di essere sopperita. Aspettiamo con ansia la prossima metamorfosi.

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