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Verdena – Volevo Magia

2022 - Capitol / Universal
alt-rock

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Tracklist

1. Chaise Longue
2. Paul e Linda
3. Pascolare
4. Certi magazine
5. Crystal Ball
6. Dialobik
7. Sui ghiacciai
8. Volevo magia
9. Cielo super acceso
10. X sempre assente
11. Paladini
12. Sino a notte (D.I.)
13. Nei rami


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Li abbiamo aspettati tanto e con pazienza i Verdena, ed è giusto così. Perché sono i migliori da queste parti e perché l’encefalogramma di questo rock che sta in bilico tra l’underground e il mainstream, e di cui c’è comunque sempre bisogno, è tragicamente piatto, tra chi è invecchiato male e chi ha semplicemente abdicato. Li avevamo lasciati con l’egomaniaco “Endkadenz”, un disco, anzi due, pieni di idee ma anche di confusione, frutto di un lavoro appassionato ma non certamente a fuoco. E poi sono passati 7 anni, 7 lunghi anni perfettamente alla maniera dei Verdena, ovvero senza dire e fare assolutamente nulla, ma aleggiando nelle retrovie, che tanto prima o poi lo sapevamo tutti che sarebbero tornati per darci una scossa, perché se non loro chi altro?

Detto fatto, siamo qui con “Volevo Magia” tra le mani, che non è altro che il disco italiano più atteso dell’anno, con tutto il suo pesante carico di aspettative che si porta sul groppone. E però non c’è mai niente di normale con i Verdena e quindi per presentarlo in anteprima, alla faccia dell’ormai consueta liturgia promozionale che ci porta ad ascoltare metà del disco ben prima della sua uscita, con pochissimo preavviso arriva Chaise Longue. É una specie di bozzetto mezzo acustico e mezzo psych, che sembra una qualche b-side sbucata fuori tra “Endkadenz” e “Wow” e che chiama a gran voce il famigerato concetto di destrutturazione, buono da portare quando non si sa che cosa dire. Le premesse sono strane, per giunta non delle migliori, ma come dicevo poc’anzi con i Verdena non c’è nulla di normale, e il disco prende tutt’altra strada.

La sensazione è che ci abbiano preso in giro: ci sono dentro suoni stoner, gonfissimi e ingombranti che incrociano atmosfere alle volte luminose, perfino gioiose, come se anche i Verdena in questa vita che negli ultimi anni si è fatta più difficile per tutti abbiano cercato nella musica non solo uno sfogo, ma anche una speranza, “Volevo Magia” appunto. Pesante e senza compromessi, più votato alla canzone e alla sua forma piuttosto che a agli andirivieni arzigogolati di “Endkadenz” che spesso si rincorrevano e si attorcigliavano senza portare da nessuna parte, il settimo album dei tre bergamaschi racchiude pregi, difetti e soprattutto alcune delle cose più dritte e sorprendenti che hanno mai fatto. Non necessariamente le migliori, ma l’hc della title-track, il pop-rock sguaiato ma compatto come granito di Paul e Linda o il songwriting noir di Nei Rami sono una bellissima notizia. Così come lo è il fatto che, più in generale, si scelga di andare il più delle volte dritti al sodo invece che prendere vie troppo complicate.

Certe volte – Pascolare, Crystal Ball – si danza pericolosamente sulle pareti infuocate di un vulcano chiamato “Requiem” quando di “Requiem” c’è e ce ne sarà uno solo, ma eccome se si rimane in piedi, in altre ancora più fatalmente non si centra il bersaglio pieno con brani che ne avevano tutte le intenzioni, la marziale e hypernoise Paladini su tutte. L’hanno descritto come un disco beatlesiano, io – tra le consuete arie di motorpsychiana e melvinsiana memoria, la batteria di Luca è sempre un cingolato – lo sento molto più italiano, piuttosto battistiano nei suoi momenti più rilassati (Certi magazine, Sui ghiacciai) e nella sua ricerca di melodie più colorate e stratificate (Dialobik, Sino a notte, Cielo super acceso), frutto anche di una produzione davvero esaltante che rende il disco al tempo stesso rocambolesco, rassicurante ed estremamente seduttivo.

Chi si aspettava scintille forse non le troverà del tutto, chi dopo “Endkadenz” preconizzava il tonfo definitivo nemmeno, ma chi si chiedeva se sui Verdena si potesse ancora fare affidamento potrà rispondersi serenamente che sì, i tre bergamaschi sono sempre dalla nostra parte.

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