Impatto Sonoro
Menu

Back In Time

“No Need to Argue” dei Cranberries: l’album di Zombie e di altre ballate folk-rock dal cuore dell’Irlanda

Amazon

Anno 1994, primi giorni di ottobre: viene pubblicato quello che diventerà uno dei dischi più significativi degli anni ’90, “No Need To Argue”, secondo in ordine cronologico della band irlandese The Cranberries. L’album della svolta. In una scena musicale – quella britannica, in cui a farla da padrone era la lotta di classe tra il machismo working class degli Oasis e il Sud borghese dei Blur – fece irruzione una giovane donna dalla voce fragile e potente al tempo stesso.

Qualche settimana prima dell’uscita del disco, venne lanciato il singolo d’anticipazione Zombie. Il successo di quello che diventò poi il loro manifesto fu immediato e planetario, consacrando ufficialmente il quartetto di Limerick nel panorama musicale britannico ed europeo. Ad oggi il video ufficiale del brano ha superato il miliardo di visualizzazioni su YouTube (unica band irlandese ad aver raggiunto questo traguardo!).  Zombie è tuttora un evergreen del rock: intro dolce di chitarra, tocco di charleston, schitarrate grunge. Gli strumenti si mettono da parte e accompagnano l’imperiosa voce di Dolores, epica nei suoi vocalizzi nel ritornello. Quattro accordi per un monumentale capolavoro di songwriting.

A ventotto anni di distanza, è impossibile non iniziare da qui il racconto di questo compleanno.  Zombie ebbe enorme impatto nell’immaginario collettivo: una rabbiosa risposta in musica dedicata a dei piccoli innocenti morti in un attentato dell’IRA. Un brano che non poteva lasciare indifferenti, sia per il tema trattato, sia per l’indubbia efficacia compositiva. Alle orecchie dei fan suonò come qualcosa di nuovo, una nuova prospettiva sotto la patina folk pop dei lavori d’esordio.  E, soprattutto, fece luce sulla straripante personalità, racchiusa nel corpo minuto della compianta Dolores O’Riordan, spontaneo simbolo e immagine dei Cranberries (15 gennaio 2018: il più tragico blue Monday del rock irlandese: Dolores viene ritrovata morta per annegamento in una camera d’albergo di Londra. Si parlò di una lunga malattia, di anoressia, di sindrome bipolare; nulla, però, fece presupporre questo tragico epilogo).

Ma “No Need to Argue” non è solo Zombie. È una serie miracolosa di brani ispirati, in cui nuove idee e nuova ninfa non rinnegano le loro origini geografiche e musicali. Benchè presenti brani chitarristici, il registro sonoro rimane ancorato al pop, declinato nelle sue più svariate forme, e continuano ad essere presenti melodie soavi e rassicuranti. Lungo tredici brani è stato coagulato in suono un elegante equilibrio fra evocazioni folk e sferzante pop rock, trainato dalla chitarra di Noel Hogan e dal cantato singhiozzante e appassionato di Dolores.

L’album inizia con la dolcissima Ode to My Family: strofe sussurrate e ritornello intenso, delicato arpeggio elettrico, tamburello e archi accennati, cori a sostegno della voce accorata. La successiva I Can’t Be With You è il brano pop del disco. Testo coinvolgente sulla mancanza della persona amata e musica guitar pop. Il ritmo si placa nella successiva Twenty-One, ballad folk-rock, intima e dai vocalizzi suggestivi. La quarta traccia è l’iconico manifesto Zombie, di cui si è già accennato in precedenza: “and their bombs, and their guns, In your head, in your head, they are dying In your head, in your head, Zombie, zombie, zombie-ie-ie” (c’è chi l’ha letta cantando, e chi mente). Dopo la sfuriata rock si torna a toni più dimessi con l’evocativa Empty e la romantica Everything I Said, che richiamano influenze celtiche. La prima parte del disco si chiude con la vivace The Icicle Melts e il suo arrangiamento decisamente orecchiabile.

I toni cambiano divenendo più cupi e freddi nella lenta Disappointment e in Ridiculous Thoughts, vero capolavoro ritmico. Le restanti quattro tracce, scritte interamente dalla O’Riordan, trasudano emotività ad ogni nota. Celtica e sognante Dreaming My Dreams è una sussurrata dichiarazione d’amore, con intense suggestioni disegnate nel ritornello dal violino: “It’s out there, If you want me, I’ll be here”. Seguono l’omaggio al poeta connazionale William Butler Yeats in Yeat’s Grave (la chitarra acustica introduce uno stupendo pop-rock psichedelico) e la complessa e strutturata Daffodil Lament, che esata le radici “celtiche” del gruppo. Il rock dei Cranberries, infatti, affonda le radici nella mitologia d’Irlanda, nel folk e nel melodramma pop in stile Sinéad O’Connor, senza rinunciare, tuttavia, ad incursioni in atmosfere sinfoniche di stampo più classico. In chiusura l’organo soffuso e struggente di No Need to Argue, conferisce la solennità di un canto quasi gregoriano al pezzo. La voce nuda di Dolores fluttua sulle note placide dell’organo, ricordandoci che ognuno ha qualcuno  di speciale, che resta tale anche se non è più accanto a noi: “I knew, I knew I’d lose you, You’ll always be special to me”.

“No Need to Argue” è un album che può essere tranquillamente annoverato tra i classici del pop-rock d’autore degli ultimi trent’anni. Una sorta di tri-ibrido tra folk celtico, melodie pop e ritmi rock frenetici. E la voce duttile di Dolores che passa da accorate e delicate ninnananne a drammatiche e crude sonorità fa tutto il resto.

“No Need to Argue” ha consacrato i Cranberries e il canto melodico della loro musa all’immortalità. E, in verità, ancora oggi sento di poter affermare che senza di lei siamo tutti un po’ più orfani.

Piaciuto l'articolo? Diffondi il verbo!

Articoli correlati