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The Bobby Lees – Bellevue

2022 - Ipecac Recordings
garage rock

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Tracklist

1. Bellevue
2. Hollywood Junkyard
3. Ma Likes To Drink
4. Death Train
5. Strange Days
6. Dig Your Hips
7. Have You Seen a Girl
8. In Low
9. Little Table
10. Monkey Mind
11. Greta Van Fake
12. Be My Enemy
13. Mystery Theme Song


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Inizio subito con la polemica così ce la togliamo dai piedi: se i grandi siti di musica alternativa Oltreoceano si prendessero la briga di fare meno post sui live di una band di cui non farò il nome ma che arriva dall’Italia e si dice faccia rock, anzi, che lo abbia salvato, e di più sui Bobby Lees farebbe non solo bene. Ci farebbe un piacere.

Non che non si sia chiacchierato di questi quattro giovani invasati, tutt’altro, considerando a) la giovane età e b) i numi tutelari a loro legati. Ne abbiamo già parlato qui, il primo è Jon Spencer, l’ultimo in linea temporale Henry Rollins che se ne innamora, chiama i suoi amici Patton e Werckman alla Ipecac e glieli consiglia. Quei due, che hanno l’orecchio fino e ne capiscono un po’ più di noialtri stronzi gli rifilano un contratto. L’etichetta fondata dal cantante dei Faith No More non ha certo tempo da perdere con cose di poco valore, stampa in poche copie e lo fa soltanto se c’è del valore reale, e non si parla di certo del soldo, altrimenti a quest’ora “Bellevue” probabilmente starebbe ancora in un cassetto.

Invece ha fatto saltare la scrivania saltando fuori come un folletto stronzo fino al midollo pronto a pisciare su tutto il mobilio. Non concordo praticamente con nemmeno una parola di quanto detto da un collega nella recensione dell’EP “Hollywood Junkyard”, che in pratica era semplicemente una preview estesa dell’album, perché ne condivide parecchi brani, e forse sì, non è stata un’idea memorabile, ma ormai è fatta. L’elezione del “non-pensare” in musica ed essere liberi e selvaggi lascia il tempo che trova. Quartin, Bowman, Casa e Wind ragionano molto più di quanto fatto su “Skin Suit”, tutto vero, ma lo fanno per sgrezzare un materiale incendiario che, se fatto sempre e solo fuori controllo, può rischiare di mandare in fumo il talento. Di quello, quando ce n’è da vendere, non va buttato nel cesso e loro non hanno alcuna intenzione di tirare la catena. Il cambio in regia da Spencer a Vance Powell sarà ben valso a qualcosa, e infatti ecco il risultato.

La forza rinnovata dei Bobby Lees risiede proprio nella rotta mutata e per il sottoscritto nasce da Strange Days, una ballata bluesescente, vaporosa e stralunata. Un pezzo di questo tipo, che nasce dalla fascinazione della cantante del gruppo per Murakami Haruki (e già ci stiamo simpaticissimi, noi due), non avrebbe potuto certamente essere una scheggia incontrollata di rock ignorante, per quello c’è tempo, ma dove il piano giganteggia il basso è sornione, prendono il controllo finché non arrivano batteria e chitarra a far saltare il banco. Il rock “ignorante”, dicevamo, ha il suo spazio e lo riempie fino all’ultimo millimetro di fucilate fuori controllo, basta prendere Monkey Mind e il suo ritmo stronzetto, la fulminea title track, Dig Your Hips e le sue accelerazioni brutali, le lordure in tempi medi di Have You Seen A Girl e In Low che piazzate una appresso all’altra paiono una catenata dritta in faccia ma al rallentatore.

A proposito di rallentatore e della lezione spenceriana, Little Table è bluesexplosion sporchissima, con la voce di Sam a vibrare duro più di quanto già non faccia, voce che non si risparmia di simulare singulti di vomito nella polemica (l’avevo detto che ci saremmo stati simpatici) Greta Van Fake in cui si dileggia e prende per il culo la blasonata band che ben conoscete, con tanto di fill di batteria preso di peso proprio dagli Zeppelin e seguito da un godibile hook che tradotto fa più o meno così: “Pensi di essere rock’n’roll, baby, ma sei solo uno scherzo, una copia”. Sogno il giorno in cui qualcuno riserverà lo stesso trattamento all’altra band, quella italiana di cui sopra. Meno male che questi avevano perso l’adrenalina.

Pronto e servito l’album rock di cui tutti sentivamo il bisogno e di cui non si parlerà abbastanza, certificato di sfrontatezza e sanguigna bastardaggine che manca solo superficialmente. Se scavi la trovi. Ti devi sporcare le mani. Se non le fai parli del nulla. I Bobby Lees le mani pulite di certo non le hanno.

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