1. Caravan Of Broken Ghosts
2. Impeccable Caverns Of Satan
3. Stalagmite Necklace
4. The Sea Beneath The Seas Of The Sea
5. Kevorkian Times
6. Kolbotn, West Of The Vast Forests
7. Eon 2
La carriera dei Darkthrone è sempre stata caratterizzata da intensi periodi di grande ispirazione, con album pubblicati spesso uno dietro l’altro, e collegati da un fil rouge comune. È successo per il periodo puramente black metal, quello del black’n’roll bastardo, passando per gli album punk fino ad arrivare a quelli più recenti in cui il duo di Kolbotn si è reinventato in una sorta di metal band old-school, nel nome di una evoluzione alla rovescia, che se ne sbatte di tutto e lo fa (fortunatamente) senza prendersi troppo sul serio.
“Astral Fortress” esce ad un anno di distanza da “Eternal Hails……” e ne è la diretta continuazione, partendo dal titolo “cosmico” (che ne riprende appunto copertina ed atmosfere) fino a certe scelte stilistiche. Caratterizzato da una produzione leggermente più pulita ma sempre molto organica, questo lavoro rappresenta forse il momento più nostalgico della carriera del duo norvegese. Non è un caso infatti che la copertina, per chi scrive MERAVIGLIOSA, ci sbatta in faccia contemporaneamente il presente (la spensierata foto di un metallaro che pattina sul Kolbotntjernet ghiacciato) ed il passato (lo stesso metallaro indossa la longsleeve di un disco generazionale come “Panzerfaust” in bella mostra).
Tutta la loro musica, a detta dello stesso Fenriz, è sempre stata un copy and paste emotivo di influenze esterne, talmente ben fatto da trasformarsi in un qualcosa di unico, originale e inimitabile, aggiungerei io. Da “Arctic Thunder” in poi però diventano loro stessi la propria fonte di ispirazione e di questo “Astral Fortress” ne rappresenta forse l’esempio più palese. Tutto ciò senza MAI cadere nell’autocelebrazione, sia ben chiaro.
Le atmosfere cupe di Caravan Of Broken Ghosts (con tanto di chitarra acustica e un ritorno della doppia cassa nel finale) riprendono infatti certi momenti di “Panzerfaust” mentre la midiciale Impeccable Caverns Of Satan mescola quelle influenze di Bathory e Celtic Frost che resero grandi dischi come “A Blaze..” e “Under a Funeral Moon”. Il tutto filtrato da una attitudine old-school figlia più degli anni ottanta che dei primi Nineties. Il doom astrale di Stalagmite Necklace, dalla bellissima parte centrale di mellotron, anticipa i dieci minuti di The Sea Beneath The Seas Of The Sea, meraviglioso viaggio subacqueo dai toni più puramente heavy metal in cui compaiono dei suggestivi synth che vestono un finale inaspettatamente melodico.
I riff più death-metal e i frequenti cambi di tempo della lenta Kevorkian Times arrivano persino a ricordare “Goatlord” mentre l´intermezzo spettrale di Kolbotn, West Of The Vast Forests apre le porte alla conclusiva Eon 2 forse il brano più sorprendente ed originale degli ultimi anni di carriera di Fenriz (qui autore) e Nocturno Culto. Il suo mix perfetto di mid-tempo, stupendi riff heavy-rock dal sapore vintage (non distanti dalle cose di band come gli Hällas, tanto per intenderci) e intermezzi acustici fa nascere una enorme curiosità su quelle che potrebbero essere le evoluzioni future.
“Astral Fortress” non è una pietra miliare (e non ha la benché minima intenzione di esserlo) quanto piuttosto l´ennesimo, esaltante, capitolo di una band che da quasi quindici anni viaggia su dei binari trasversali e spesso indigesti ai fan più intransigenti, godendosi una seconda giovinezza artistica fatta di libertà espressiva totale e senza la benché minima pretesa di piacere a tutti i costi.
Prima che mi dimentichi, il dito medio è sempre lì in bella vista, più presente che mai.