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“UFO 78”, Wu Ming e la cosmogonia di un Paese ferito

Wu Ming, il collettivo, mancava all’appuntamento romanzesco da ormai quattro anni, ché poi è ordinaria amministrazione, di tempo spesso ne è intercorso anche di più, e nulla vieta di prolungare i silenzi se poi ad essere pubblicate sono opere forti come “UFO 78”.

Il fascino della fantascienza e dello spazio già depositati tra le pagine di “Proletkult”, piccola epopea sovietico-spaziale che andrebbe a braccetto con l’album “Nikolaj Kulikov” di Nicola Manzan, qui diviene sfondo di una storia terrena e terrestre che sarebbe avvincente se parte di un libro o uno spy-movie ma che, essendo realmente accaduta, fa solo paura e lascia sgomenti anche a distanza di tanti anni. Il 1978 è un anno battezzato dalla tensione finale, quella del rapimento di Aldo Moro che ha tenuto in scacco l’intero Stivale dal primo all’ultimo giorno della prigionia. Nel cielo del nostro Paese le luci sfilano veloci e chi, col naso perennemente all’insù per passione e studio, le vede sa, immagina, presuppone che siano di natura aliena, e tutti i personaggi vi rimangono invischiati, schiacciati tra realtà tangibile e possibilità cosmiche. Già dalla copertina si capisce quanto due mondi che paiono distanti sono in realtà fusi in un’unica entità, con la Renault 4 rossa (anzi, amaranto) in cui fu ritrovato il corpo senza vita del Presidente della Democrazia Cristiana, parte per un viaggio interstellare sorvolando un monte di fantasia che pare essere atterrato in Italia da chissà quale sistema sperduto nella galassia.

Bisogna immedesimarsi non solo storicamente (a maggior ragione se quel periodo non lo si è vissuto in prima persona) ma anche dal punto di vista narrativo. I Wu Ming continuano a dimostrare una destrezza e una maestria inoppugnabili quando si tratta di creare un mondo a parte (qui la fantascienza è padrona indiscussa, anche quando non c’è futuro che tenga), irreale realismo in ambienti di cronaca e politica stampati nero su bianco nelle pagine della Storia. Accade così che Martin Zanka, Milena Cravero, Jacopo e Margherita, Gheppio, gli strambi iscritti al GRUCAT, acronimo di Gruppo Ricercatori Ufologi e Clipeologi Associati Torino, la compagnia freak “ufofili” capitanata da Jimmy Fruzzetti e la comune altrettanto freak di Thanur più la pioggia di comprimari, si ritrovano immaginati tanto bene da risultare reali, non solo, somigliano davvero a qualcosa non sia un personaggio, nell’idea che tutti potremmo o meno esserlo nell’economia di un mondo alla deriva tanto allora quanto oggi.

L’impianto narrativo che il gruppo di scrittori ordisce – da bravi situazionisti della prima ora – è quello del documentario, e fa lavorare la fantasia più di quanto si potrebbe immaginare. In prima battuta si rimane spiazzati, abituati come siamo a vedere e basta, a far partire un video dal nostro servizio streaming di fiducia e lasciarci ammaliare da quanto appare sullo schermo, qui è soppiantato dalle parole che, di pagina in pagina, si fanno sempre più tangibili, ci pare quindi di riavvolgere il nastro della memoria e camminare per le strade di fine anni Settanta, immersi tra i ricordi di queste entità di fantasia che pian piano mettono in discussione la propria esistenza mentre tutto attorno il mondo si liquefa e cade in mille pezzi come seguita a cadere anche oggi, quando il nastro del tempo arriva alla contemporaneità ci rendiamo conto che stiamo leggendo in chiave diversa, in differita, qualcosa che è sempre accaduto: la repressione, lo Stato che strangola, le controculture che a poco a poco vengono assimilate in quella che è Storia sì, ma recente. Affrontare un pericolo reale con la forza anziché con l’ingegno. Soffocare e reprimere. Ci si barcamena, e così fanno anche i nostri “eroi”. Qualcosa iniziato in una direzione prende subito una piega terrena e terrestre e nondimeno spaventosa.

Di controcultura, per restare in tema, è poi intriso tutto il “programma” che ci troviamo dinnanzi agli occhi. La musica è anima costante, sin dalla citazione di Miglia e promesse del Colle der Fomento (non a caso i Wu Ming contribuiscono al libro a loro dedicato uscito per Minimum Fax, ma ne parlerò nella “prossima puntata”), fino al nome del negozio di dischi del “corriere spaziale” Fruzzetti, l’Hallogallo, brano dei Neu!, e tutta una serie di rimandi al progressive rock tedesco di quegli anni da cui ancora oggi ci si abbevera alla fonte, con i Magma e il loro linguaggio immaginato in primo piano, addirittura stilettate politico/musicali a certi gruppi italiani di epoca successiva a quella presa in esame per vie traverse, l’ovvio rimando a Sun Ra, alla sua Arkestra e allo spazio profondo da cui proveniva, Battiato, Sex Pistols, Finardi (più Scimmia che Extraterrestre). Tutto il turbinio di suoni che mostravano il futuro e che ancora oggi ne hanno tutto il sapore vengono integrati abilmente tra i frame che si susseguono sullo schermo di carta che stringiamo tra le mani. Colpo da maestro per Einaudi è stato pubblicare una playlist Spotify contenente tutti gli artisti qui presenti, ma se avete i dischi (meglio ancora su vinili, facciamo i rétro fino in fondo) il consiglio è di suonarli mentre vi buttate in questo viaggio nel cuore di un mondo che sta sempre più stingendo ma le cui vicissitudini non andrebbero mai dimenticate.

Il dolore, lo scompiglio, la sete di Altro con le sue necessità escatologiche e quelle escapologiche sono all’indice di “UFO 78”, con il Tempo sezionato in ogni suo singolo movimento, lineare e pulito, sporcato solo dalle azioni degli esseri umani che non imparano, che prediligono il mistero alla verità cui pure anelano con così tanto vigore da mettere in piedi associazioni che la chiedono a gran voce. Di mistero c’è comunque sempre più bisogno, non quando però esso diviene omertà. Quello no. Mai.

In Italia dire la verità è l’unico peccato che non ti perdonano.

Autore: Wu Ming
Uscita: 11/10/2022
Editore: Einaudi
Pagine: 520
Prezzo: € 21
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