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Burla22 – Haboob

2022 - Drown Within Records
IDM / krump music

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Tracklist

1. Haboob
2. Gom Jabbar
3. Lynn
4. Kokuoh
5. Mantram
6. Master Blaster
7. Pioggia acida
8. Kudraga la fortezza
9. Jugghernaut
10. Vagare
11. Drone


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Senza un apparente senso, provate a prendere per un braccio Aphex Twin, gli Autechre, Vangelis (lo so che è morto, ma immaginate che sia ancora vivo) e Giorgio Moroder: trovate uno sgabuzzino abbastanza piccolo per tutti e cinque, rinchiudeteli e aspettate che si incazzino di brutto. Alla riapertura di quella porta probabilmente verrà fuori qualcosa con le sembianze di Burla22.

Originario di Rimini, Burla22 si definisce un vitellone dei synth modulari. Negli ultimi anni ha sfornato una serie di album, sia da solo (IOD, 2017) che in collaborazione (Schifo, 2020, con Makumbo), con il preciso intento di tirare fuori dalle casse quanto di più sporco, rumoroso e saturato si possa creare con la sua strumentazione. L’ultimo passaggio, almeno in termini di tempo, è Haboob.

Nomen omen, direbbero i latini, il primo impatto è subito con la title track: un mix di suoni elettronici e minimalismo, interpolati da una voce metallica che sembra provenire da un incubo ambientato in un monastero sconsacrato. La seguente Grom Jabbar si tinge decisamente di oscurità: il gioco di synth fa stavolta da sfondo a una traccia vocale distorta e ripetuta in loop. Meno ossessiva è Lynn, affacciata su un immaginario paesaggio lacustre al tramonto, dove in lontananza si ascoltano suoni che sembrano riff di chitarra elettrica.

La saturazione è invece dominante in Kokuoh – nella quale lo spoken word è ancora un labirintico loop – seguita dalla repentina dilatazione di Mantram, La sezione ritmica da destrutturata si fa incalzante, introducendo in Master Blaster quella componente noise alla quale il performer romagnolo aveva abituato nei precedenti lavori. E’ il segnale che ci si può alzare dal divanetto del locale e iniziare a muoversi un po’, un input confermato da Pioggia acida e Kudraga la fortezza.

Operando l’ennesima virata, Jugghernaut rappresenta i tre minuti successivi a un’esplosione, dove le condizioni atmosferiche avverse interagiscono con le macerie appena generate. Il dittico completato con Vagare – i cui effetti da rumore di fondo lasciano quasi immaginare un field recording – è il punto più alto tra le 11 tracce, che si chiudono con la breve e ipnotica Drone.

Premesso che parliamo di un lavoro di nicchia, di quelli che gli amanti del genere IDM adorano e che i “not-addicted” probabilmente detesteranno, Haboob ha dalla sua sicuramente diversi punti di forza. Innanzitutto è notevole la ricerca effettuata dall’autore in fase di composizione, sia dal punto di vista dei suoni che delle relative modulazioni. Inoltre appare completo, nel senso che probabilmente Burla non avrebbe potuto andare oltre senza rischiare di essere ridondante.

Infine, aspetto non meno importante, “Haboob” può essere definito multiatmosferico, perché è composto da diversi blocchi – dei quali si apprezzano il mix e l’omogeneità al loro interno – ognuno dei quali evoca emozioni, paure, tormenti, dolore e infine desolazione. Un bel colpo, non c’è che dire.

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