Impatto Sonoro
Menu

Recensioni

Phomea – Me And My Army

2022 - Beautiful Losers
indie / songwriting / elettronica

Ascolta

Acquista

Tracklist

1. Take Control
2. Me And My Army
3. Unplease Me
4. Lover
5. Ruins of Gold
6. J.B.
7. What About Us
8. Run (feat. Are You Real)
9. The Swarm (feat. Flavio Ferri)
10. Perfect Stone
11. Dark (feat. Alessandro Fiori)
12. Look at You


Web

Sito Ufficiale
Facebook

Un esercito personale, composto da amici, collaboratori, ma anche da figure di riferimento che fanno parte del proprio immaginario, può aiutare a costruire un baluardo difensivo, uno scudo protettivo dalle avversità della vita. Può contribuire ad assumere il controllo di sé stessi, a ritrovare la propria dimensione esistenziale e la propria autenticità. Questa armata può anche essere composta da ricordi e da persone che non ci sono più, la cui presenza aleggia ed è fonte di conforto, ma anche di rimpianti e smarrimento. E tuttavia il supporto di una tale milizia non è garanzia di vittoria: si può avere la meglio in uno scontro, ma alla fine si può anche decidere di arrendersi, di contemplare la sconfitta con distacco.

“Me And My Army” è il titolo del nuovo lavoro di Phomea, moniker dietro il quale si cela il cantautore toscano Fabio Pocci, già definito dalla stampa “poeta grunge”. Dopo il songwriting intimo e tormentato del precedente “Annie”, questo full-length viene descritto dal musicista stesso come “un viaggio ai confini dell’umano”. Le dodici canzoni che lo compongono, infatti, vogliono essere “un’opera fatta di parole, suoni e immagini che raccontano un mondo in cui l’intelligenza è artificiale e la realtà virtuale. Un mondo in cui siamo costretti a chiederci cosa vuol dire essere, o restare, umani”. E così, traccia dopo traccia, l’artista mette a nudo il proprio animo, alla ricerca dell’umanità propria e altrui, smarrita dietro stili di vita sempre più frenetici e spersonalizzanti. 

We know nothing but our cage, nothing about our age… your freedom is killing you” recita il primo brano Take Control; la soluzione è quella di difendersi come si può, trasformando gli ostacoli in risorse e trovando alleati al di fuori, ma anche nella propria interiorità: “take your limits, make them yours/build your army, be your army”. La title-track invita un “dead brother” (non ci è dato sapere se si tratti di un defunto o se la morte sia metafora per un’esistenza priva di significato) a risvegliarsi, ad uscire allo scoperto (“show your eyes”) con il proprio fardello di legami e retaggi: “army of dead” potrebbe riferirsi tanto a individui e relazioni, che a reminiscenze e a fantasmi del passato da cui non ci si riesce a liberare. Altrove si auspica la solitudine, si dialoga con un interlocutore solo per supplicarlo di lasciarci stare, di farci del male, di annientarci (Unplease Me).

Ci si aggrappa poi al libero arbitrio, la facoltà che più di ogni altra ci distingue dagli altri esseri senzienti: “you can be what you want” (Lover). Ma in un mondo inquinato, avvelenato, i fiori non crescono e anche gli insetti sono scomparsi: solo le pietre sono destinate alla sopravvivenza (Perfect Stone). Il buio, poi, a volte sembra avvolgere tutto senza lasciare scampo (Dark). Sembrano prevalere, nel complesso, immagini di morte, come se gli sforzi per salvarsi, in un futuro distopico, fossero destinati a soccombere. E la battaglia esistenziale si conclude guardando negli occhi una persona cara, a cui l’ultima traccia Look At You si rivolge: la guerra è finita (the war is over), sono rimaste solo macerie e distruzione (the pain, the ashes and the flame), le persone sono invecchiate, i cuori sono cambiati, le speranze perdute. L’album si chiude, dunque, con una nota di amarezza e di malinconia.

I numi tutelari di Phomea, esplicitamente dichiarati, sono Radiohead, Bon Iver e Notwist, anche se la già citata UnpleaseMe sembra uscita dalla penna di un altro “unlovable”, il Morrissey degli Smiths di How Soon Is Now. A sonorità acustiche e cantautorali si alternano passaggi elettronici che rinforzano gli episodi più introspettivi. L’armata che ha accompagnato Phomea in questa sua nuova, ambiziosa impresa discografica è costituita da ben venti musicisti, citati singolarmente o a gruppi nei vari brani a cui hanno collaborato, dando così vita ad un’opera corale.

Meritano una citazione le immagini del booklet, surreali e visionarie, che sembrano condurci in un mondo onirico; la release verrà inoltre accompagnata da un filtro Instagram che permetterà a ciascun ascoltatore di trasformarsi in un avatar glitch. Ma se quest’ultimo è il comportamento anomalo di un software, che ad esempio consente di ottenere dei vantaggi insperati in un videogioco o di creare un’immagine inedita utilizzando errori digitali o analogici a fini estetici, forse anche la visione della realtà – obliqua, disincantata, scevra da illusioni – che caratterizza l’album è una scelta consapevole, più protettiva dell’armata stessa.

Mettere in conto i rischi che si corrono e guardare in faccia le eventualità più sgradevoli potrebbe essere la migliore arma difensiva, e Phomea, con il suo songwriting estremamente personale, sembra esserne ben consapevole.

Piaciuto l'articolo? Diffondi il verbo!

Altre Recensioni