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Interviste

Elettronica, gotica, psichedelìa e industrial espressi in grammelot: benvenuti nel mondo di Bebawinigi

(c) Andrea Sorini

A sei anni dall’esordio con l’EP “Mao” ha finalmente pubblicato “Stupor“, il suo primo long (clicca qui per la nostra recensione). Ne abbiamo quindi approfittato per fare due chiacchiere con Virginia Quaranta, attrice, compositrice e performer, qui in veste di musicista come Bebawinigi, che ringraziamo per la disponibilità. 

Sono passati sei anni dal tuo unico lavoro discografico in studio e rispetto a “Mao” la stratificazione di suoni e temi è evidente. Cosa è successo nel frattempo e qual è stato il percorso – personale più che musicale – che ha portato al concepimento di “Stupor”?

Mao” in realtà è un Ep concepito come una sorta di chicca solo voce e chitarra… è un disco a parte rispetto agli Lp. È infatti stato composto e registrato in casa durante il primo lockdown ed è uscito ad ottobre 2021 come piccolo antipasto prima dell’arrivo di “Stupor”. Parlando invece di quest’ultimo, è un disco ovviamente molto più maturo rispetto al mio album d’esordio “Bebawinigi”, è più complesso, più sfaccettato e anche molto più lungo. Tuttavia lo vedo come un coerente secondo capitolo. Certo sono passati diversi anni in mezzo nei quali ho fatto di tutto! Ho scritto, diretto e recitato per vari spettacoli teatrali. Ho recitato per dei lavori cinematografici e di video arte. Per il teatro e per il cinema ho composto diverse colonne sonore. Ma soprattutto ho girato l’Europa con i miei live ed è da questi che è nata la maggior parte di “Stupor“, che in realtà sarebbe dovuto uscire circa due anni fa. Agli inizi del 2020 le registrazioni erano finite. Poi ci sono stati dei rallentamenti a causa della pandemia. La fase di editing e mix ha avuto una gestazione travagliata ma molto entusiasmante perché fatta di una ricerca sonora di cui sono molto fiera. Ed ora finalmente mi godo i frutti di questa bella avventura, pronta per portarlo in tour dal vivo! 

Vedendo il seno in copertina mi è balzato alla mente un altro artwork, molto famoso, quello di “Mother’s Milk” dei Red Hot Chili Peppers. C’è in “Stupor” una sorta di istinto primordiale, come fu all’epoca per la band californiana?

Sì, la copertina di “Stupor” rimanda  ad una sorta di essenzialità istintiva, di ancestrale fonte di nutrimento ma soprattutto è la raffigurazione dello “Stupor”, sia inteso nel suo significato latino, sia inteso nel suo slang anglosassone che indica quello stato mentale alterato in cui si è catatonici o storditi, perché troppo ubriachi o fatti o malati. La tetta sembra una sorta di occhio imbambolato che suscita a sua volta imbambolamento in coloro che guardano. Sono molto soddisfatta della mia tetta. E ti dirò di più… in realtà è una parte di una super immagine più grande. Ma questa si può scoprire solo acquistando il vinile!

Ascoltando il disco l’impressione è quella di un’artista che ci mette dentro tutta se stessa, ma con equilibrio.

Mah, non so. In realtà non sono una persona molto equilibrata! Eheheh! Però se ho capito ciò che intendi, sì ci metto tutta me stessa, “Stupor” è pieno di istinto ma c’è anche tanto lavoro e studio. Come dicevo prima c’è una ricerca sonora lunga e appassionata, quindi dopo una prima fase di composizione ce n’è stata una seconda fatta di un lavoro piuttosto complesso e articolato. Un lavoro condiviso col mio compagno, Michele Gualdrini, musicista nonché fonico del progetto grazie al quale il disco non sarebbe diventato quello che è.

In un mercato musicale come quello di oggi, nel quale i canoni classici della forma canzone risultano essere spesso vecchi e addirittura stantii, un lavoro come “Stupor” non rischia secondo te di essere visto come ostentazione di musica alternativa?

Non saprei… Io compongo, registro, suono e canto quello che mi passa per la testa. “Ostentare musica alternativa”… boh? Non credo di ostentare nulla. E riguardo alla musica alternativa… Ti rigirerei la domanda: cos’è la musica alternativa?

Hai dichiarato di essere appassionata di grunge. Come si passa dagli Alice In Chains a Diamanda Galás?

Semplicemente cambiando disco! Ahahah! Le influenze sono tante, gli ascolti sono stati tanti, dalla mia infanzia fino ad oggi. Quindi direi che posso passare dal grunge alla musica rinascimentale, dal metal al punk, dal noise alla musica classica con una certa nonchalance. È bello mescolare tanti generi insieme!

(c) Livio Morabito

Domanda un po’ marzulliana, per un’artista che si definisce contemporaneamente musicista e attrice teatrale: quanto teatro c’è nella tua musica e quanta musica c’è nel tuo modo di fare teatro?

Di solito mi piace creare a 360 gradi. Spesso se scrivo un brano, è accompagnato o nasce da un disegno, o da una foto o da un’idea di film o spettacolo che mi vengono in mente. Non riesco a scindere tra le diverse forme d’arte che mi piacciono quindi i miei lavori sono come dire, “sinestetici”. Perciò spesso ci sono delle “ambientazioni” diverse che hanno un carattere tutto cinematografico o teatrale, in quest’ultimo caso per esempio ci sono brani come Zichi che sono nati per il palco e per essere delle performance. Zichi è un gioco col pubblico, innanzitutto creo una prima suite di sbadigli che contagia tutti gli astanti che iniziano a sbadigliare. Dopodiché nell’ultima parte, scendo nel pubblico a cantare e inzio a fare il solletico alle persone!

A proposito di teatro, parlaci un po’ a 360 gradi della tua esperienza sul palco e se ci sono novità anche in quell’ambito.

Ho iniziato come attrice frequentando un’accademia teatrale quando avevo 19 anni al tempo dell’Università. Poi mi sono specializzata come narratrice teatrale letteraria. Ho avuto come maestri Paolo Panaro, Elena Bucci, Marco Sgrosso, Francis Pardeilhan. Ho anche scritto e diretto degli spettacoli. Il mio orgoglio è “Storia Vera” tratto dall’omonimo testo di Luciano di Samosata, il primo racconto di fantascienza ante-litteram della storia dell’Uomo, scritto, diretto ed interpretato da me e dalla grandiosa Giordana Morandini. E adesso…Qualcosa bolle in pentola!

In un’altra intervista hai detto che il mondo dei live nel nostro paese è, diciamo così, difficile da affrontare. Quali sono i problemi principali che si riscontrano e come si potrebbe fare secondo te per migliorare le cose?

In Italia c’è poca volontà di rischiare e poca volontà di incentivare il settore dei live. Chi organizza concerti è sempre più in difficoltà nel poter fare il proprio mestiere e di conseguenza anche i musicisti. Il problema deve essere risolto dall’alto, perché è proprio la politica, lo Stato italiano che è sordo alle esigenze del nostro settore.

Altra tua passione sono i videogame, tanto da volerne scrivere le musiche. Quale genere ti appassiona maggiormente?

Mi piacciono tantissimo i puzzle game, le avventure grafiche, i punta e clicca, i dungeon crawler e gli action RPG. Sono una grande amante della Lucas Art, “Monkey Island”, “Maniac Mansion”, “Limbo”, “Inside, The Last Door”, “Legend Of Grimrock” e dei lavori della Amanita Design tipo “Machinarium” o “Botanicula”.

Dovessi vestire per un attimo i panni di un ipotetico medico curante dell’underground italiano, qual è il suo stato di salute al tramonto del 2022?

L’underground italiano è ricco di proposte interessantissime. Purtroppo però certe realtà fanno fatica ad emergere, specie in un paese come il nostro e quindi spesso sono destinate a soccombere…

(c) Livio Morabito

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