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Gilla Band – Most Normal

2022 - Rough Trade
post-punk / noise

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Tracklist

1. The Gum
2. Eight Fivers
3. Backwash
4. Gushie
5. Bin Liner Fashion
6. Capgras
7. The Weirds
8. I Was Away
9. Almost Soon
10. Red Polo Neck
11. Pratfall
12. Post Ryan


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Non sono un estimatore della nuova scena post-punk britannica, anzi di Idles, Fontaines DC, The Murder Capital e compari faccio veramente fatica a cogliere quella inestimabile urgenza e quella furia espressiva di cui tutti in giro van dicendo. Sarà un problema mio, chiaro, che mi porta tendenzialmente a saltare a piè pari le uscite discografiche legate a questo filone che credo per altro esaurirà la sua spinta propulsiva in un arco di tempo relativamente breve. Con i Gilla Band fortunatamente non è successo. Sarà stata forse la curiosità di capire chi e che cosa si celasse dietro la diatriba ridicola circa il cambio di ragione sociale che la band dublinese circa un anno fa si è sentita in dovere morale di mettere in atto mutando l’originale Girl Band nel nome attuale, per altro in una maniera così poco convinta da far trasparire l’inutilità della cosa.

Il loro terzo album, “Most Normal”, è tutto quello che il post-punk potrebbe essere oggi se non fosse troppo impegnato a cercare di replicare un movimento che rivoluzionario fu davvero prendendone a prestito però solo l’estetica e tralasciandone i valori. Intendiamoci, anche quello dei Gilla Band è revival e non c’è niente di male in questo, ma quello che conta è che l’approccio degli irlandesi ben si sposa con i tempi bui che stiamo attraversando a fatica. I Gilla Band sono agitatori, pessimisti, schizofrenici e ansiogeni, gente che vive di sogni allucinati – quali sono i testi di Dara Kiely – ma che comunque i piedi nella melma del reale li affonda. “Most Normal” si scaglia infatti in ogni suo istante contro il consumismo più becero, sia esso fatto di abbigliamento da discount o di biglietti aerei low-cost, ed offre asilo in un rifugio che tanto rassicurante non è, un capannone abbandonato in cui inquietanti individui vestiti di carta stagnola e sacchetti di plastica ballano sconvolti su melodie che di ballabile hanno ben poco. 

Non c’è speranza nella musica dei Gilla Band, che nelle 12 tracce che compongono il loro album si occupano principalmente di distruggere scientificamente tutto quello che prima hanno ideato. Che sia un riff di chitarra rubato agli Strokes (Almost Soon), una litania che ci riporta al miglior The Streets o ai discepoli Sleaford Mods (Eight Fivers) o ancora un ipnotico groove quasi trance (Pratfall), tutto finisce prima o poi travolto e sommerso da una frana di fango e calcinacci, rumori e bordate di distorsioni insopportabili che posizionano il quartetto irlandese più dalle parti della sperimentazione rumoristica che da quelle dell’innocuo post-punk dei giorni nostri.

E il punto è tutto qui: i Gilla Band fanno male, colpiscono duro con un sound che è caotico, claustrofobico, a tratti insostenibile, ma al tempo stesso metodico e razionale nel suo intento disfattista e sovversivo. Se cercate il suono dell’angoscia e del male di vivere odierno è qui che dovete guardare.

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