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Nuju – Clessidra

2022 - Manita Dischi
indie rock

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Tracklist

1. Ferro e ruggine
2. Di getto
3. La nostra sicurezza
4. Titoli di coda
5. Sopra l’equatore
6. Sotto l’equatore
7. Tempo perso
8. Vecchio disco
9. Basta!
10. Gira
11. Radici e cicatrici


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Quattro anni dopo “Storie vere di una nave fantasma” la band di origine calabrese, ma di stanza a Bologna, torna con un nuovo album, pubblicato da Manita Dischi con edizioni Manita/iCompany/Sud Studio. Sesto LP dei Nuju, “Clessidra” ha avuto una lunga gestazione, interrotta dai due anni di pandemia, ma che riesce a mantenere vivo tutte le caratteristiche dei ragazzi di Bolo: ironici, sorridenti e geniali. 

Il sound è lo stesso che accompagna la band da sempre: suoni mediterranei si intrecciano a sonorità rock, creando una musica originale e omogenea, ricca di sfumature davvero interessanti. L’unione tra la vena autorale-folk della musica italiana con quella rock e turbo-folk della musica internazionale dannno vita ad un genere unico, urbano e meticcio.

“Clessidra” è composta da undici brani che indagano, canzone dopo canzone, la tematica del tempo in tutte le sue declinazioni (non a caso, in copertina, troviamo propro il disegno fumettistico di una clessidra col pianeta Terra intrappolato al suo interno). Lancette che corrono veloci o che rallentano, istanti che si fermano, tempi che mutano inevitabilmente. Proprio come se fossimo imprigionati in una clessidra, il tempo scorre in modo diverso e a diversa velocità, a seconda del verso in cui viene girata. Il messaggio sotteso nel disco, è appunto questo: il nostro mondo attuale è intrppolato in una sorta clessidra dove Nord e Sud si muovono a velocità differenti e dove l’umanità cammina come un funambolo lungo la linea dell’Equatore. 

Anche nei loro precedenti lavori, i Nuju hanno sempre abbinato l’impegno su contenuti sociali e di riflessione politica ad una ricerca senza confini e pregiudizi, fra rock e musica etnica. Quest’ultimo lavoro, non fa eccezione. In apertura, infatti, troviamo Ferro e ruggine, perfetto manifesto politico che veste i toni di una vera e propria invettiva: “Voglio urlare a squarciagola tutto il mio dissenso!”, urla Fabrizio Cariati, accompagnato da rime concitate e ritmo serrato. Le sonorità (cosa che si ritroverà in tutto il corso del disco!) profumano di mediterraneo: una disperata tarantella di strada tra randagi. Il ritmo veloce e incalzante segue col brano Di getto, dove compaiono anche delle sfumature di elettronica. Una bellabile dichiarazione d’intenti, scritta di getto: “Dalle macerie posso solo costruire, da una caduta voglio ripartire”. La tematica sociale è presente anche nella terza traccia, La nostra sicurezza, che racconta le riflessioni e le titubanze di un militare sul varco della frontiera nei confronti dell’altro, del diverso, di quello che gli viene additato come nemico: “I suoi occhi e gli occhi miei hanno lo stesso colore […] la sua anima e la mia fanno lo stesso rumore”. In Titoli di coda le percussioni sono le protagoniste indiscusse. Una di quelle tracce che riempirebbe le piazze, facendole ballare. 

A seguire la coppia di due folk ballad, Sopra l’equatore e Sotto l’equatore. La tematica del tempo arriva qui prepotente insieme all’illusione che questo sia infinito. Tra melodie arabe e folk, ti sembra di vederli lì suonore scanzonati sotto un portico bolognese. Si passa da “il tempo si scioglie sulle sabbie mobili ed io me ne sto a testa in giù per poi capovolgere la prospettiva del mare e del cielo dipinti di blu” della prima traccia, a “volevo stamene sospeso a testa in giù per capovolgere il tempo e niente più” della seconda. Tracce come Tempo perso e Gira, ricordano molto lo stile scanzonato dei Foja e dei fratelli Bennato. Le sonorità mediterranee sanno di pirati, di viaggi, di onde del mare e di storie raccontata, a chi sa ascoltare. Di sonorità vintage, invece, sono rivestite le trombe e le percussioni di Vecchio disco, che raccontano la nostalgia proveniente direttamente dalla “stanza della ricordanza”. Nona traccia, Basta!, è una ballad romantica, in cui la tematica del tempo e quella amorosa (unica traccia del disco in cui è presente!) si fondono insieme: “Ferma la tempesta che ora ci devasta”. In chiusura troviamo Radici e cicatrici, dolce e introspettiva, una ninna nanna dedicata “a chi non vuole partire”, alla ricerca di “casa”, ai “luoghi senza tempo” e a tutte “le storie sussurrate dal vento”

I Nuju si confermano una band capace di raccontare storie come “nessuno” (“nuju”, infatti, nella zona tirrenica calabrese, significa “nessuno”), come l’irrequieto Ulisse di Omero che sogna costantemente nuovi viaggi, o il nessuno pirandelliano di “Uno, nessuno e centomila”. In undici tracce luminose, sospinte da venti randagi di terra e di mare, la band di Bolo ci racconta tante storie diverse e invita ognuno di noi ad afferrare la “Clessidra” della propria vita, capovolgendola infinite volte e infinite volte ancora.

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