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Confusional Quartet – Confusional Quartet

2022 - Trovarobato
progressive no wave

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Tracklist

1. Autobomba
2. Cralla
3. Funkistan
4. Musikladen
5. Ostia Lido
6. Erba
7. Particle Zoo
8. Proibidao
9. Guido
10. Sandonatoboyz


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Quando metti su un disco dei Confusional Quartet e l’aria nella stanza cambia. Lo sbalzo è evidente e le conseguenze non sono mai chiare, né ovvie, ed era così nel secolo scorso come in questo, simili e mai così tanto diversi. Il gruppo somiglia a questi cambiamenti oscillatori, prima appare come parte di un mondo in evoluzione, quello della musica disallineata degli anni ’80 che viaggiava in parallelo con una realtà sempre più uniformata, e tanto più quella andava appiattendosi più le formazioni sotterranee andavano percorrendo sentieri di follia sempre più marcata.

È ancora così dagli anni ’10 del nuovo millennio, quando il Quartet fa il suo ritorno. Va e viene come cazzo gli pare, non è assoggettato alle mode, figurarsi al metodo, ossia quello di far uscire musica quando ci si aspetta lo si faccia. All’artista, in fin dei conti, non deve fregare niente. Quando un disco è pronto lo fa sapere a chi lo creerà e solo a quel punto si presenterà al mondo. Terzo “self-titled” della discografia del combo bolognese quello che sbuca dall’oscurità, un colore che va riproponendosi in copertina, anche se le tinte di quello che sgorga dalle casse è di tutt’altra speme.

Non si affrancano dal suono cui diedero nuova linfa quand’era nascente neppure nel 2022, quella no wave che si mette il vestito progressivo e il progressive che rimarca il lato no del suo carattere che va a combinarsi a tanto altro, movimenti che sono nell’aria da tempo ormai immemore e si mostrano attuali nella propria atemporalità. C’è un sax (opera di Alessio Alberghini) che aleggia sulla sontuosa Muskladen e la rende calda sovrapposizione alle fredde lande di un mondo stinto, lo stesso strumento che invece fa detonare Autobomba, recrudescenza prog/RIO da altri pianeti.

Ritmi scoscesi e sconnessi investono Cralla, voci che spuntano dal nulla sgorganti da microfoni impugnati dalle artiste cinesi Pepe Lin e Ginni che, nel loro idioma madre scombinano tutto e allucinano male. Voci che invece vengono strappate dall’altrove si innestano sui balzi sudamericani di Proibidao (Gabro Da Silva), in quelli disco-psicotici-art-tutto che fanno gravitare in aria Ostia Lido (Pier Paolo Pasolini, e chi, sennò) e su Guido, con le sue pieghe minimaliste quasi quasi in odor di techno notturna e a tratti apocalittica e distesa sintetica (con Carmelo Bene disumanizzato al punto giusto). Se vi resta dello spazio in testa c’è anche del Medioriente pronto a far decollare Funkistan in tutta la sua prodigiosa stimolazione del movimento fondoschienale.

In una società in cui l’ordine è diluizione dell’intuito Confusional Quartet è, ancora una volta, la medicina necessaria.

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