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“Fede, speranza e carneficina”, conversazioni a cuore aperto tra Nick Cave e Seán O’Hagan

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Il giornalista Seán O’Hagan e Nick Cave si conoscono più o meno da trent’anni e il primo ha intervistato il secondo alcune volte, oltre ad esserne amico, almeno fintanto che il secondo ha rilasciato interviste. Poi ha smesso. Il controllo di Cave sulla propria figura pubblica è evidentemente a un livello talmente alto che può solo autonarrarsi, in svariate forme più o meno artistiche, a seconda del pensiero di chi vi si approccia. Il lockdown che tutti abbiamo attraversato e vissuto però qualcosa ha cambiato, e O’Hagan propone all’artista australiano di scrivere un libro che prenda spunto dalle loro conversazioni fiume e, per quanto assurdo, accetta.

Approcciandosi a “Fede, speranza e carneficina” si ha l’impressione, piuttosto corretta, di trovarsi dinnanzi ad un’intervista lunghissima e anche piuttosto intima, se di intimo si possa parlare quando si ha a che fare con la figura caveiana, ormai opera antropomorfa lanciata nel mondo. Sono tante le cose che mi hanno lasciato interdetto pagina dopo pagina. Premessa: in parallelo a questo stavo leggendo il memoir di Bono Vox, “Surrender”, e sono rimasto colpito da quanto i pensieri artisti e riguardanti la fede accomunino due musicisti sì tanto distanti l’uno dall’altro, almeno nei contenuti – oltre al fatto che il leader degli U2 è un fan di quello dei Bad Seeds, specie di “The Firstborn Is Dead” che è uno dei motivi per cui “Achtung Baby” è stato registrato agli Hansa Studios di Berlino.

Quel che emerge sempre più di capitolo in capitolo è il legame tra Cave e Dio, l’idea di religione e il legame spirituale. Non certo una sorpresa, per i più attenti l’ex-Birthday Party ha sempre rivolto molte delle sue parole più in alto (magari anche la bestemmia dipinta sul petto nel video di Nick The Stripper, chi può dirlo?), e le sue composizioni hanno un che di evangelico ed elegiaco, sicuro l’approccio a questo mondo superiore è andato ancora più a fondo dopo la tragica morte del figlio Arthur avvenuta nel 2015.

Il libro, infatti, non indulge sull’argomento, anzi, a volte si spinge molto in là nel territorio del lutto (a cui si aggiunge quello di sua madre Dawn, quella di Anita Lane e l’amico Hal Willner) ed è leitmotiv di tante delle chiacchierate tra il giornalista del Guardian e l’autore di “The Boatman’s Call”, il quale evita molto spesso di rivangare il proprio passato turbolento, il che scontenterà gli assidui lettori di autobiografie rock’n’roll, perché non è di questo che tratta “Fede, speranza e carneficina”. Certo, si finisce per parlare di Blixa Bargeld e Mick Harvey, ma non ci sono tanti racconti “succosi”, per i voyeur musicali più esigenti, solo impressioni. L’altro punto di partenza è il disco “Ghosteen”, con leggere incursioni in “Skeleton Tree”, e il resto si spinge solo in avanti, fino a “Carnage”. In pratica si va scavando nel lato più comune di un’artista.

Capitolo dopo capitolo le ripetizioni sono tante. O’Hagan non lesina domande anche “scomode”, pur restando nell’idea funzionale di creare un racconto il più possibile lineare che, giustamente, cambia di volta in volta, prendendo direzioni diverse e contraddittorie, a volte tremendamente amare, altre stucchevoli perché, ricordiamolo, Cave è pur sempre un essere umano (spesso si dimentica nella misura in cui un personaggio è una rock star), non è il King Ink che tutti ricordano e forse amano più della realtà dei fatti, ossia quella di un uomo ferito che tenta di restare a galla nel dolore della perdita. Andrebbe tutto benissimo se solo non fossero 400 pagine di libro che, francamente, sono davvero troppe a fronte di quanto emerge dal fiume di parole qui stampato. È vero che l’intento è quello di donare una visione della tragedia, della creazione e di un pensiero, ma è altrettanto vero che stiamo parlando di un libro, un libro che, per di più, ad un certo punto sembra diventare insostenibilmente ripetitivo e, verso la fine, si spera si concluda il più brevemente possibile, soprattutto quando il cantante smette di essere tale e rischia di slittare nella dimensione predicatore (una critica mossagli anche dalla nipote di Seán dopo un concerto e una sentita performance di Hand Of God) infervorato da Dio, della serie che a momenti ne parla meno Bono e lui è uno che ogni tanto va a fare visita al Papa.

Questo, ovviamente, se non siete parte della fanbase più hardcore di Nick Cave, in quel caso forse ne vorreste altre 400, ma è un argomento che non voglio affrontare, dato che io e NC siamo “separati in casa” (non sopporto neppure una delle colonne sonore uscite negli ultimi due anni, mi sono in fretta ricreduto pure su “Carnage” e “Seven Psalm” l’ho mollato dopo pochi minuti) e con i suoi ammiratori più irriducibili non voglio aver nulla a che vedere.

Autore: Nick Cave, Seán O’Hagan
Uscita: 20/09/2022
Editore: La nave di Teseo +
Pagine: 416
Prezzo: € 21

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