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Back In Time

“…Baby One More Time”: Britney Spears, no ti prego basta. Facciamola finita ora!

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Correva l’anno 1999, ancora uno e il mondo sarebbe finito (mentre scrivo queste parole scorre sotto alla mia tastiera quella drammatica e stellare del compianto Klaus Schulze con Satz Gewitter energy rise-energy collapse).

Ho questo ricordo degli ultimi momenti fiorenti pieni di compere e sfarzo che si avvia verso il buio totale, verso i primi segni di non funzionamento del Capitalismo, verso il primo avanzamento serio di Internet, mentre mangio una focaccia con la calda/calda alla stazione dei pullman che sono come sempre in ritardo, e mentre continuo a mangiarla – decidendo di tornare a casa a piedi nonostante i 4km che tanto ci vuole meno che aspettare un autobus che non arriverà mai – la mia adolescenza carica di noia e fastidio viene sottolineata dai lamenti di Thom Yorke e Dolores O’Riordan, avviandosi poi verso punk, noise e sviluppi distruttivi, autodistruttivi, vandalici ecc.

In quel periodo ecco sgorgare da una pozza di fango la nuova era delle donne, o meglio, delle ragazzine della musica pop, di cui vorrei ricordarne solo alcune (visto che sono più di quante ne rimembrassi): la maschiaccia Avril Lavigne che fa cose da ragazzaccio correndo con lo skate nei supermercati, suonando travestita da Punk coi capelli lucenti appena piastrati dal parrucchiere; le All Saints, Shakira, Christina Aguilera e lei, la prima (forse anche in ordine cronologico), la ragazza cheerleader annoiata, candida e pura come un putto ma che ammicca come una pornostar o almeno ci prova: Britney Spears.

Prima di cominciare seriamente questo pezzo vorrei soffermarmi sulla guerra fredda musicale che stava avvenendo a nostra insaputa. Infatti, se la statunitense Britney si può definire la prima scolaretta provocante del teen pop, poco più tardi arriveranno le russe t.A.T.u. , sue potenziali antagoniste, formate dalla mente di Ivan Nikolaevič Šapovalov che, senza girarci troppo intorno, dichiarò che il progetto era stato creato visitando siti porno e cercando di provocare sessualmente gli ascoltatori.

La sfarzosa, colorata, piena di vita e di cuori infranti-annoiati, scuola americana narrata nel video di …Baby One More Time diventerà quella disagiata di Ja sošla s uma, circondata da brutte persone, filo spinato, toni grigi, clima di merda e altre tristezze, dove le musiciste protagoniste, Lena e Julia, ad un certo punto decidono come nel miglior Comunismo mai visto di sollevarsi, guardare verso il sole ed incamminarsi alla faccia dei grigi malpensanti verso un futuro probabilmente…futurista? No, Capitalista. Le t.A.T.u. dopo questo successo ed un nuovo video esplosivo solo nelle immagini faranno altri album, molte comparsate televisive a causa del loro (finto) lesbismo e spariranno dai nostri radar.

Britney invece resterà, sfruttata dal padre, dalla TV e dai Social Media del Dolore, consumata molto lentamente e a più riprese come la vittima di un vampiro, mostrandoci gli effetti collaterali del successo ma anche dello sfruttamento femminile che non riusciremo a notare se non in brevi momenti di compassione della quale ci dimenticheremo un attimo dopo.

Già, ma qui si dovrà anche parlare di musica ad un certo punto o sbaglio? Ebbene, io “…Baby One More Time” l’ho davvero ascoltato per scrivere questo pezzo, dunque è arrivata l’ora di raccontarvelo.

Britney Spears rientra in uno di quei casi in cui la cantante è talmente terribile che in produzione viene fatto di tutto, e non mi riferisco soltanto a qualche effetto vocale ma al mettere cori di ottime cantanti a rinforzo, far sparire tutti gli strumenti musicali come se uscissero direttamente dalle fognature di quartiere, creare un arrangiamento ossessivo con un abuso delle frequenze medie che anche se il brano o l’album non ti piace ti rimarrà in testa e sarai costretto a cantarlo col cervello per almeno una settimana, creando così un senso di depressione enorme che potrebbe a tratti farti empatizzare con la povera cantante tormentata da amori liceali e voglia di apparenza.

Non ho mai sperato che tramite un ascolto su YouTube l’album che sento venga interrotto bruscamente da uno spot, ma durante quello di Britney Spears l’ho fatto ad ogni secondo e quando accadeva ho seguito l’intera pubblicità come fosse un miracolo.

Il punto massimo si raggiunge nel brano Deep in My Heart dove Britney dà il meglio di sé coi soliti vocalizzi pseudo sexy fatti credo con una patata incastrata nella gola. Il pezzo, molto allegro, tende ad essere danzereccio senza mai riuscirci, come d’altronde il resto dell’album vista l’incredibile mancanza delle dinamiche dei bassi e una batteria più fredda di un metronomo dei Kraftwerk. Qui la cantante è scatenata e riesce a raggiungere tonalità incredibili che si stimano su una scala musicale cartoonesca tra Miss Piggy e i Chipmunks. Poco più avanti troviamo E-Mail My Heart. Una ballata piatta come una lastra di ghiaccio dove si anticipa forse per la prima volta la catastrofe delle e-mail legata allo stalking.

Chiude la cover The Beat Goes On, un incrocio tra un brano d’attesa e la suoneria di uno dei primi cellulari polifonici, è così lo-fi che quasi ho creduto mi potesse piacere, ma dopo 30 secondi che parevano 30 ore ho realizzato che la gioia fosse data dal fatto che questo album torturante fosse finalmente arrivato alla fine.

Perché l’ho fatto? Perchè no?

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