1. Bonsoir
2. Malele
3. Luendu
4. Badarou
5. Kamoulan
6. Mwangaza
7. Bonjour
8. Makonda
9. Plowman
10. Panter
11. Chibinda Ilunga
12. Muparue
Un musicista algerino (Nadjiib Ben Bella) e un DJ sudafricano (Chobolo) che s’incontrano in una stazione della metro di Parigi (Montaparnasse, bien sur) e decidono di fondare un progetto centrato sulla musica del Congo. Più o meno probabile come un suonatore di Gamelin indonesiano e un ballerino cubano di salsa che s’incontrano a New York (stazione metropolitana 8th Avenue, of course) e formano una band che esplori il folk irlandese.
Malgrado le piatte rappresentazioni prevalenti nel nostro immaginario, nemmeno se avete fatto qualche viaggetto tra i suk di Marrakech e i safari del Kruger, potete avere veramente compreso la portata delle differenze presenti in un continente svariato e sconfinato come l’Africa. Dove le differenti tradizioni si parlano tanto quanto lo fanno quella pugliese con quella gallese. E dove la linea di comunicazione tra paesi “francofoni” (come l’Algeria e il Congo) e quelli “anglofoni” (come il Sudafrica), è praticamente non esistente.
Eppure, in questa società globalizzata e iper-connessa di oggi, questi incontri sono possibili, al punto da non essere nemmeno stato un’incontro casuale, come capitava qualche decennio fa: non so, i tedeschi Can che incontrano il giapponese Damo Suzuki per le strade di Berlino e ne esce un capolavoro come Tago Mago. Negli anni ’20, alla stazione Montparnasse della metro, quello tra Chobolo e Nadjiib Ben Bella è stato un incontro voluto e pianificato. Anzi, come “Archeology” uscito a dicembre per i mitici tipi della Real World dimostra a posteriori, era un incontro necessario.
Si fa presto a dire world music, termine emerso dalle nostre parti quarant’anni fa grazie a gente come Paul Simon o Peter Gabriel (fondatore proprio della Real World nel 1989) e che sta a indicare in un unico calderone tutto ciò che non è “occidentale”. Al punto che se viaggiate aldilà dell’Atlantico vi capiterà di vedere etichettata come tale anche la musica della “bella tradizione melodica mediterranea”. Ossia, Sanremo è World Music, se vivete nel New England.
Capirete dunque che la storia dietro ad “Archeology” è ben più complicata per chi voglia approfondire. Leggiamo di una cosa che si chiama Soukous, musica da ballo congolese, ma di tradizione cubana (pensa un pò), con ritmi veloci e intricati tessuti chitarristi; su questa roba i Montparnasse Musique avrebbero innestato la afrohouse dei club di Johannesburg. La verità è che misconosciamo cosa ci sia davvero sotto alla trance che il disco stende su 41 minuti e 12 tracce. Guardatevi i video, fatti a Kinshasa, capitale del Congo, con l’aiuto di artisti locali e forse verrà pure a voi la frustrazione di non sapere cosa stia accadendo veramente da quelle parti. Tra i giovani di un continente dalla crescita demografica fuori controllo e che, ci piaccia o non ci piaccia, se continua così finirà per invadere l’Europa.
Su tutto questo, i Montparnasse Musique squarciano un velo per noi. Aprendo uno scenario, probabilmente ancora non vero se non nel prossimo futuro, in cui si stratificano tradizioni nordafricane, techno-house e Congotronics. Un progetto elettro-acustico, buono tanto per ballare per le strade delle Township di giorno, quanto nei club delle metropoli del continente di notte. E anche oltre il “continente nero”. Alla fine non importa se sei a Kinshasa, Johannesburg, Algeri, Nairobi, Torino o Kingston. Ovunque ci sia un africano, di antica o nuova generazione, questa è musica rilevante. Questa è musica che, ci piaccia o no, se continua così invaderà anche l’Europa. Cominciate ad ascoltare, tanto per non farvi trovare impreparati.