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Dryad – The Abyssal Plain

2023 - Prosthetic Records
black metal

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Tracklist

1. Counterillumination
2. Bottomfeeder
3. Brine Pool Aberration
4. Trenches
5. Loki's Castle
6. Hadal
7. Pompeii Worm
8. Chimera Monstrosa
9. Abyssal Plain
10. Black Smoke
11. Raptures Of The Deep
12. Eutrification
13. A Nagging Thought


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In Iowa non deve tirare una bella aria. Lo avevamo intuito con gli Slipknot al loro debutto lo confermano i Dryad, band di stanza a Iowa City. Anche “The Abyssal Plain” è un debutto sulla lunga distanza dopo una manciata di EP e split e anche questo è un album tanto pregno di malessere da starci sostanzialmente male.

Ornato da una copertina il più possibile legata alla leggenda del “Necronomicon” anche nei contenuti ritroviamo le metafore di una malattia interiore che viene contratta a contatto con un mondo esterno sempre meno a portata di essere umano e popolato dai mostri generati da società il più disumanizzate possibile. Le voci della leader/chitarrista/tastierista Claire Nunez e quella del chitarrista Grimmtooth si affiancano per cavalcare un’ondata di fiamme nere e opprimenti che tolgono il fiato al viaggiatore che si ritrova ad esserne travolto.

In più di un passaggio è evidente che le radici dei Dryad affondino molto più in profondità della semplice materia black, andando a toccare il cuore nascosto del crust più arcigno e militante (con i leggendari Nausea in cima alla lista) che porta in seno un’attitudine alla demolizione sociale per ricostruire dalle macerie fumanti. Sulla vetta della montagna della follia si erge un brano devastante come Pompeii Worm, assemblato con una moltitudine di anime, in egual modo melodiche e abrasive atte a scorticare la pelle di un mostro che non vuole essere abbattuto. La ferocia si palesa nel refrain di Loki’s Castle, con Nunez a gridare con quanto più fiato ha in corpo “We won’t die for men’s shit / They’ll dig and purge, we won’t submit” su una distesa di hardcore nero pece.

Sospese sulle teste sintetizzatori e arpeggi a sei corde che rendono ancor più angusto il già risicato spazio di manovra, non solo le teste di ponte strumentali tra un pezzo e l’altro che guardano ai Goblin e al loro sottolineare vite vissute nel più pieno orrore, ma anche lanci nel disastro di una discarica arrugginita in cui vivono ritmi serrati all’estremo (Abyssal Plain), struggimenti pregni di assoluta e inoppugnabile disperazione (Bottomfeeder, Brine Pool Aberration), bordate crassiane lasciate a lungo a mollo nello Stige (Black Smoke) e spettrali presenze di elettronica retrofuturistica che albergano in luoghi in cui il black metal spadroneggia in lungo e in largo (Eutrification).

Un album le cui mefitiche esalazioni non possono che far male.

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