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Oozing Wound – We Cater To Cowards

2023 - Thrill Jockey
noise rock

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Tracklist

1. Bank Account Anxiety
2. Total Existence Failure
3. The Good Times (I Don't Miss 'Em)
4. Hypnic Jerk
5. Crypto Fash
6. Between Cults
7. Chudly
8. Midlife Crisis Actor
9. Old Sludge
10. Face Without Eyes


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There’s no future for us. So go and get all you got. There’s nothing left cause somebody’s taken it all. God we’re so fucked.

Perché gli Oozing Wound non sono ancora assurti all’Olimpo di quella musica alternativa che ora più che mai sta tornando alla ribalta? Perché non ci sono giornali specializzati che si calano i pantaloni ad ogni loro ritorno sulle scene? Forse un po’ esagero, per citare qualcuno, ma anche no. Nel 2016 avevo perso la testa per il loro “Whatever Forever”, che mostrava un modo di essere thrash metal senza farsi ridere dietro pure dalle suore per strada, e oggi torno a stupirmi ponendomi le domande di cui sopra con “We Cater To Cowards”.

Ci occuperemo dei codardi. Suona già come una minaccia bella e buona, ci si aspetterebbe di nuovo una boutade, qualcosa di cui ridere sardonicamente, invece no, Zack Weil, Kevin Cribbin e Kyle Reinolds sembrano tremendamente seri, anzi, lo sono, perché viviamo in tempi di merda che più di merda non si potrebbe e in pochi sembrano volerne davvero parlare, descrivendo con lingua tagliente tutte le deiezioni che ci tocca ingurgitare, dentro e fuori la vita reale. Essere scomodi “poi sembra di essere gli stronzi” (continuo a citare altre cose, ma che mi frega), ma non c’è nulla di male nell’esserlo, e se non lo si fa quando si scrive un album che pare uno schiacciasassi guidato da uno schizoide uscito da un libro di P.K. Dick, quando? Cosa stiamo aspettando?

Gli OW sgranano un rosario composto da proiettili e pezzi di cemento armato, sputano veleno decisamente mortale, sragionano e sembrano macchinari pilotati da entità inferocite. A quel thrash metal di appena due album fa si sostituisce quella voglia di noise rock diabolico che va a immergere le palle nel grunge più lurido, come se i TAD di “God’s Ball” e i Nirvana di “In Utero” si fossero dati la mano entrando in studio fornendo la chiave di volta per la distruzione finale coi i Melvins al banco mix e gli Unsane e i Cows in testa. E questo giusto per darvi un’idea generale. Il trio è intento a descrivere come dio se ne sia andato (pane per i lettori di “Preacher”) e a noi non resti che sguazzare nella miseria, così Between Cults delinea follia totale e assoli brutali. Non abbiamo un soldo in tasca e siamo completamente fottuti perciò gridiamo Bank Account Anxiety al ritmo di uno stantuffo caricato a malvagità. Siete nostalgici? Weil no, e ve lo scatarra in faccia (la voce sempre impegnata in un grido in preda alla psicosi più assoluta) sulla lascivia grunge di The Good Times (I Don’t Miss ‘Em), i tempi vissuti ancor prima dai genitori merdosi e padri senza vergogna che abitano l’asfissiante paranoia impressa a fuoco su Midlife Crisis Actor.

Quella voglia irrefrenabile di velocità si palesa solo dalle parti di Hypnic Jerk e lo fa come un’irritazione cutanea ai limiti del grind, con tanto di blast beat ignobile e rumore oltre la soglia del dolore fisico. Che ci fa poi qui Bruce Lamont dei troppo ignorati e dimenticati Yakuza? Semplice, dà fuoco a Old Sludge con il suo sax come una lama arrugginita ma pur sempre affilata che squarcia la tela in lungo e in largo e lo fa con ancor più brama di inferno quando il ritmo mostruoso di Face Without Eyes si incarna assetato di sangue e lì i tagli sono ancor più profondi, rumorosi e dannosi. Follia allo stato (im)puro. Roba di una cattiveria quasi illogica.

Io lo segno già tra i dischi dell’anno anche se siamo solo a gennaio, voi fate come vi pare.

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