Young Fathers – Heavy Heavy

Dopo il meraviglioso “Cocoa Sugar”, il trio di Edimburgo si ripresenta sulle scene con un LP dal nome “Heavy Heavy” che traccia dopo traccia va a comporre un puzzle musicale formidabile. Gli Young Fathers sono sempre stati sperimentatori. I loro lavori precedenti presentavano un’alternanza di generi musicali – dal rap alternativo al trip-hop, dal pop alla world music – che non ha paura di abbandonarsi a sfrenate danze tribali. E questo ultimo disco non è da meno.

A partire dal singolo Rice, che sintetizza le intenzioni musicali del nuovo disco, troviamo un sapiente utilizzo delle percussioni, delle voci armonizzate nonché di un’elettronica squisitamente sperimentale. L’album presenta diversi livelli di lettura. Alcuni brani sono, ad un ascolto superficiale, particolarmente catchy, ma presentano una profondità notevole sia nel significato sia a livello musicale con riferimenti a diversi generi. La ricerca di sonorità care alla world music è più che palese. L’abbandono quasi totale delle parti rap più canoniche ha contribuito a far affiorare il sound africano della band, che ora si alterna sapientemente tra ballate, come Tell Somebody o Geronimo, e sfrenati brani tribe, come la meravigliosa Holy Moly o ancora Drum, che fanno letteralmente ballare sulla sedia.

Presentandosi dunque con proprio disco più tribale, ma anche il più gioioso, gli Young Fathers dimostrano ancora una volta di avere personalità da vendere, non scendendo in alcun modo a compromessi e non sfociando mai nel più assoluto mainstream. Il tutto poi trova compimento con le loro esibizioni dal vivo che sono, a tutti gli effetti, semplicemente invidiabili.

A partire dalla copertina, totalmente psichedelica, l’ultimo sforzo del trio scozzese è, in definitiva, un lavoro decisamente riuscito. Gli Young Fathers si confermano una delle realtà più interessanti del panorama musicale odierno e trovano, grazie alla sperimentazione, una luce potente in fondo al tunnel che permette di scansare quella linearità delle produzioni contemporanee così radicalizzate in generi che di fronte a dischi simili crollano come castelli di carte.