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John Coltrane – Blue Train: The Complete Master

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C’è da chiedersi perché le ristampe dei capolavori del “periodo d’oro” del jazz, in genere non includano dei remix. Nel caso di “Blue Train” e di altri capolavori realizzati al Van Gelder Studio, sarà che Rudy Van Gelder nel suo studio in New Jersey, ricavato fino al 1959 nel salotto della casa abitata dai suoi genitori, confezionava un prodotto già perfetto e privo di margini di miglioramento. Il che potrebbe fare di lui il più grande ingegnere del suono mai esistito, visto l’impietoso confronto con i suoi colleghi del “classic rock”  degli anni ’60 e ’70, alla luce dei remix successivi di quei dischi. Van Gelder, privo in quei primi anni di grandi risorse e mezzi, applicava metodi semplici quanto perfetti, tesi a riprodurre la sensazione della presa diretta, del live. Perché questi erano dischi che si facevano in presa diretta e senza sovraincisioni, tutti insieme in una stanza.

Se ve lo siete perso, dovete assolutamente vedervi il documentario “It Must Schwing!” (sta su RaiPlay), che è la storia della Blue Note partendo da quella dei suoi fondatori Alfred Lion e Francis Wolff, due giovani ebrei tedeschi che negli anni ’30 si rifugiarono a New York, non casualmente visto il loro amore per il jazz. I due sacrificarono all’amore per la musica praticamente tutto, incluse le finanze e la vita personali, portando avanti per quasi tre decadi un’etichetta mitica. Spinti unicamente dalla passione e senza vere conoscenze musicali formali, i due utilizzavano metodi artigianali con l’unico scopo di consegnare al vinile e alla storia la musica celestiale che ascoltavano nei jazz club della grande mela. Lì reclutavano gli artisti con cui chiudevano i contratti con una stretta di mano, li raccoglievano letteralmente da terra quando esageravano con droga e alcool e li portavano a notte fonda in New Jersey nel citato studio dopo che avevano suonato nei club, senza far loro mancare alcool e paghe decenti. Mentre assistevano alle registrazioni, Wolff scattava foto e Lion “produceva” le session. Il suo apporto artistico si concretizzava nell’esortazione “It Must Swing!” – che con accento teutonico suonava, appunto, “schwing” – qualora trovasse che l’esecuzione non stesse rispettando quel principio fondamentale della musica jazz. Mi dite niente, eppure un membro della band, Chris Fuller, giura che ”Lion sapeva quando non c’era swing. Se ascoltate i take alternativi di “Blue Train” dovrete dare a Alfred Lion credito per il modo in cui “Blue Train” è venuto fuori.” Per il resto, totale libertà artistica al talento, le copertine iconiche di Wolff e nessun tentativo di arricchirsi alle spalle degli artisti.

John Coltrane, in quel 1957 era stato allontanato dalla band di Miles Davis per tossicodipendenza. Una volta disintossicatosi si fece un periodo con la band di Theolonius Monk. Poi si ricordò di un anticipo ricevuto da Alfred Lion per realizzare un disco solista,a corredo di una stretta di mano avvenuta prima della sua firma in esclusiva con la Prestige (difatti nelle note del disco si fa stato del permesso ricevuto da quest’ultima etichetta). Il 15 settembre, dopo due giorni di prove regolarmente pagate dall’etichetta (cosa che la Prestige non faceva), attraversò il ponte che collega la City al New Jersey con altri 5 elementi (Lee Morgan alla tromba, Curtis Fuller al trombone, Kenny Drew al piano, Philly Joe Jones alla batteria, Paul Chambers al contrabbasso) presi dalle band di Miles e di Art Blakey. In una session di qualche ora venne fuori uno dei più bei album della storia della musica registrata. 4 composizioni originali, oltre allo standard I’m Old Fashioned: con “Blue Train”, uscito nel gennaio 1958, John Coltrane si avvia a passare alla storia come uno dei più grandi musicisti di sempre. Un sax, il suo, trasformato in estensione del musicista, dei suoi lati più profondi, che parla all’ascoltatore con un linguaggio intellegibile solo a un livello spirituale, più alto di quello meramente sensoriale.

Ora, come dicevo, malgrado i tanti anni passati non si avverte nessun bisogno di un remix per “Blue Train”. Di remaster sì, ce ne sono stati vari negli anni, come è normale per dischi nati su vinile, volendo approfittare delle maggiori possibilità dinamiche che il progresso e il digitale consentono. Non fa eccezione questa ultima edizione, in occasione del 65mo anniversario del disco, con il remaster di Kevin Gray che, giura qualcuno, è il migliore di sempre ed effettivamente è un bel sentire. Il box comprende quindi le 5 tracce di “Blue Train” rimasterizzate e 7 take alternativi (tutti quelli sopravvissuti fino a noi), 4 dei quali completamente inediti, nonché (nella versione digitale ma non nel CD) il disco nella versione mono che poi era quella utilizzata nella primissima stampa uscita all’epoca. Prestateci l’orecchio senza pregiudizi e ne ricaverete soddisfazione, con la sensazione di stare ascoltando un disco d’epoca. Versione mono disponibile anche su vinile singolo, a parte rispetto al doppio vinile stereo. In entrambi i casi, parliamo di una edizione 180 grammi per audiofili e davvero curata con tutti i crismi, parte della “Tone Poet Audiophile Vinyl Reissue Series” di Blue Note.

Detto questo, vi rimando altrove per dibattiti generici su eterni dilemmi se ascoltare la musica su vinile/digitale/CD o piuttosto in mono/stereo. Sulla necessità dei remaster e sulla necessità di ascoltare i take alternativi di una traccia invece, nel caso specifico di “Blue Train” non vi sono dubbi. Come dicevo, questi qui registravano “live” e quindi ogni take è un capolavoro a parte. Vi basterà prendere uno qualsiasi degli assoli di Trane o dei suoi compari nelle versioni alternative. In genere simili ma non uguali, non è che siano meglio di quelli che appaiono nei master: sono solo altrettanto indispensabili. Anche se, potrete verificare con le vostre orecchie che in nessuno dei take alternativi c’è lo swing dei master. In ogni caso, tutto questo materiale è necessario perché, anche se è impossibile migliorare la perfezione, è comunque possibile girarci attorno per allungare la goduria.

Allo stesso tempo se ne avete la possibilità, mi pare anche assolutamente necessario possedere una copia fisica di “Blue Train – The Complete Masters” che comprende un libretto con foto inedite di Wolff e un saggio storico. Perché se poi la lasciate in bella vista in salotto, ogni volta che ci passate accanto, nel vederla riproverete almeno per un secondo l’estasi di “Blue Train”. Avere l’oggetto è dunque necessario, per darvi l’illusione di possederla quell’estasi, quella goduria e questo è quanto serve al vostro ego e al vostro buonumore. Provate.

Tracklist

Volume 1
01. Blue Train
02. Moment’s Notice
03. Locomotion
04. I’m Old Fashioned
05. Lazy Bird

Volume 2
01. Blue Train (False Start)
02. Blue Train (Take 7)
03. Moment’s Notice (Alternate Take 4)
04. Lazy Bird (Take 1)
05. Blue Train (Alternate Take 8)
06. Moment’s Notice (Alternate Take 5A –Incomplete)
07. Lazy Bird (Alternate Take 2)

Volume 3
01. Blue Train (Mono Version)
02. Moment’s Notice (Mono Version)
03. Locomotion (Mono Version)
04. I’m Old Fashioned (Mono Version)
05. Lazy Bird (Mono Version)

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