1. Ice Was Pure
2. Be Dust
3. Fountain Of Wealth
4. Emerald Blood
5. Les arbres rampantes
6. Bosco Sacro
Bosco Sacro è un quartetto nostrano nato nel 2020. I suoi membri sono realtà ormai salda nella scena underground che li ha visti suonare non solo in Italia ma anche in Europa, con provenienze miste tali ambient, doom e trip-hop. Si tratta di: Paolo Monti (The Star Pillow, DAIMON), Giulia Parrin Zecchin (Julinko), Luca Scotti (Tristan da Cunha) e Francesco Vara (Tristan da Cunha, Altaj). L’album “Gem” fa riferimento al misticismo della Musica e della Natura e viene interpretato dai creatori come una sorta di cura personale che unisce le esperienze di ognuno di loro in una nuova entità stilistica e musicale.
Apre il disco la traccia Ice Was Pure, dove la purezza del ghiaccio risplende fredda nelle chitarre di Francesco Vara e Paolo Monti accompagnate dalla presenza corposa della batteria ed ai vocalizzi di Giulia Parrin Zecchin, che ricordano molto l’americana Chelsea Wolfe da cui riesce però spesso a staccarsi in altri brani come Be Dust, Fountain of Wealth, Les arbres rampantes, trovando qualcosa di più personale pur ricordando a tratti la grandissima Kate Bush, cosa a parer mio migliore date le ottime capacità che Parrin possiede. Ed è proprio nel singolo Fountain Of Wealth che le atmosfere eclettiche quanto cupe e misteriose dei feedback delle chitarre e dei reverberi della batteria mi fanno pensare davvero molto alla musicista inglese.
In generale, trovo che i suoni distorti e distanti degli strumenti a corde, talvolta scintillanti, sembrano lucciole nel bosco e rendono tutto magicamente conturbante, molto belli nei passaggi più atmosferici accompagnati dalla batteria di Luca Scotti, non troppo variegata, ma è proprio in questa sua presenza monolitica che si stabilisce l’evolversi di ogni brano, che varia da muri di suono caldi e penetranti a momenti più freddi ed asettici che si aggrovigliano tra loro facendo provare molteplici emozioni. La sesta ed ultima traccia, che porta il titolo del progetto, è stata per me la preferita. Bella la parte cantata, belli i suoni e lo scandire del tempo in un mix di folk e post rock minimale e azzeccatissimo Per me il Bosco Sacro è come un’onda di sensazioni da buttarsi dentro fino a toccare il fondo ed abbandonarvisi nell’attesa che sia la stessa onda a riportarci a riva.
Di certo se si sta aspettando il nuovo Messia della musica denigrando tutto quello che si è già sentito in giro questo album non piacerà, ma se invece di fissarsi su sciocchezze simili, poiché ormai tutto è già stato creato e suonato, ci rilassassimo per goderci un bel prodotto facendoci trasportare dalla magia e dalla bravura di questi musicisti potremmo godere di qualcosa di davvero emozionante e ben fatto.