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Un brivido lungo 80 minuti: “The Beyond” dei Cult Of Luna compie 20 anni

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Era il 2003, avevo 18 anni, dal 1999 avevo iniziato il mio personale percorso nell’ascolto attivo di musica, grazie alla mia militanza in band cover (Pink Floyd, Dire Straits et similia), dopo un infanzia passata ad ascoltare da Ligabue a Whitney Houston alla musica classica (dei primi due, non me ne vergogno, perché mi hanno fatto capire, col senno di poi, di cosa non avevo bisogno nei miei ascolti futuri: il commerciale). Presi quindi ad ascoltare molta musica progressive, dai Dream Theater ai Porcupine Tree, molta musica dark wave, da Dead Can Dance ai Bauhaus, e ovviamente tantissima musica anni 70, Pink Floyd, Tangerine Dream, Led Zeppelin, Grateful Dead, ecc ecc.

Mosso dalla mia ricerca irrefrenabile di qualcosa di articolato, originale e oscuro (ne sono sempre stato attratto) un bel giorno di quell’anno mi imbattei, nel mio negozio di dischi di fiducia, nel cd, appena uscito, di questo sconosciuto combo chiamato Cult Of Luna. Il mio caro buon Piero (spacciatore di dischi che da lì a poco mi avrebbe rovinato il portafogli definitivamente) me li presentò come gruppo prog, ed affascinato dalla meravigliosa copertina, finii per acquistarlo.

Arrivato a casa e messo il dischetto nel mio lettore portatile, il primo ascolto mi folgorò, mi deviò la mente a tal punto che, ancora inconsapevole, i miei ascolti futuri sarebbero stati totalmente influenzati dalla potenza di quel platter: avrebbe cambiato definitivamente la mia percezione di musica pesante, per sempre.

“The Beyond” è un’album che partendo dalle basi (già ottime) del primo, omonimo, lavoro, si fa strada verso una via personale che coniuga i Neurosis di “Through silver in blood” con i Godflesh di “Streetcleaner”, raggiungendo così, un risultato tanto pesante quanto personale e profondo: devastante nella sua annichilente onda d’urto, le dieci tracce che lo compongono si fanno carico di una forza espressiva ed espressionista che nei loro futuri lavori sarà sempre presente ma incanalata in modi diversi.

Dall’intro Inside Fort Meade alla pesantissima Further è tutto un camminare su macerie di una città distrutta da chissà quale calamità naturale: saliscendi emotivi, esplosioni, piccoli accenni di note dettate da implosioni improvvise per poi esplodere con una forza difficile da trovare altrove, neanche nei Neurosis.

Uno degli album più pesanti del cosiddetto post-metal, dopodiché i nostri, forse influenzati da Isis con “Panopticon” e Neurosis con “The Eye of Every Storm”, ammorbidiranno il loro sound già dal successivo “Salvation” (secondo capolavoro dopo questo), trovando una formula che ancora oggi si fa beffa di tutta la concorrenza e dando alla luce ottimi lavori, ma non eguagliando mai più il grado di potenza auditiva ed emozionale di questo “The Beyond”.

Quest’album è un lungo brivido che per quasi 80 minuti ti attanaglia, è un’emozione devastante, annichilente ma perfettamente lucida nella sua forza distruttrice, emotivamente sovraccarico, psicologicamente deviante. Non è odio, non è tristezza, non è malinconia, “The Beyond” è disperazione, “The Beyond” è il primo capolavoro di questa band straordinaria, nonché uno dei miei album preferiti di sempre.

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