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Interviste

Piccole vicende rumorose ai margini della storia: intervista ai Demikhov

Il power trio bresciano Demikhov torna dopo sette anni a gamba tesa con “The Chemical Bath” (qui la nostra recensione), un disco rumoroso, graffiante e ruvido che ci ha conquistato con il suo originale mix di noise, sludge e post-hardcore. Abbiamo pensato di fare qualche domanda alla band per approfondire un progetto che ha molti risvolti interessanti anche al di fuori della musica in sé attraverso la creazione di spazi di condivisione e di sinergia con la scena underground italiana e non.

Per chi non vi conosce parliamo un po’ di voi, come siete nati? Come avete scelto il nome Demikhov? 

Vladimir Demikhov è un medico chirurgo sovietico vissuto il secolo passato, pioniere del trapianto di organi vitali. Nella cultura di massa è ricordato soprattutto per i trapianti di testa effettuati sui cani: una seconda testa veniva innestata sul collo di un cane adulto dando vita ad un cane a due teste, entrambe viventi. Per i più curiosi, testimonianze video dei teneri esemplari bicefali sono facilmente reperibili online. Reduci da una breve esperienza condivisa in un’altra band, nell’ormai lontano 2013 io (Zano) e Mattia decidiamo di dare vita ad un progetto strumentale che lasciasse ampio spazio alla sperimentazione sonora e all’improvvisazione di stampo rumoristico e psichedelico. Con l’arrivo di Cesare alla batteria, allora giovanissimo, il trio si completa. Mattia, guidato da un’insaziabile curiosità nei confronti dei piccoli fatti bizzarri della storia, scopre le vicende dello scienziato, ce ne parla e subito ne siamo tutti colpiti. Figura problematica, scomoda, a tratti grottesca, Demikhov porta al limite il rapporto tra razionalità scientifica e follia visionaria, quasi perversa nella sua pratica di smontaggio e montaggio di corpi viventi. Attorno a questo personaggio il gruppo trova la sua identità, anche compositiva: le ritmiche frammentate, gli incastri arditi, i riff decostruiti sono accostabili al lavoro del chirurgo. Dopo il primo full lenght d’esordio, intitolato non a caso “Experimental Transplantation Of Vital Organs”, Mattia ha lasciato il progetto, passando il testimone a Marco (a.k.a groundlicker). Anche Demikhov ha subito un trapianto d’organi vitali dunque. Il cambio di formazione ha aperto nuovi orizzonti sonori, evidenti nel disco appena uscito, “The Chemical Bath”.

Il nuovo disco ci è piaciuto molto, siete passati da esperimenti su trapianti d’organi all’industria chimica pesante. Vi sentite diversi dal vostro esordio? Se si cosa è cambiato?

Rispetto al disco d’esordio è cambiato quasi tutto. “Experimental Transplantation” è un disco con cui abbiamo scoperto un mondo, un universo culturale che prima ignoravamo. Un modo di fare e di vivere la musica legato al d.i.y., al sostegno degli spazi sociali, fatto di piccole label indipendenti, secret show, taz…In questo senso è stato per noi un vero esperimento, dai risultati altrettanto incerti. Anche dal punto di vista tecnico è stato il nostro primo tentativo di registrazione, con Cesare che stupiva tutti armeggiando microfoni e schede audio (un paio di sm57 e il set più economico di microfoni per batteria che mercatinomusicale potesse offrire) in sala prove. Oggi, a distanza di 6 anni, abbiamo qualche consapevolezza in più di quel che facciamo, di come lo realizziamo e delle realtà che vogliamo conoscere e supportare. Non che queste siano cambiate molto, ma sono sicuramente maturate la nostra determinazione e la nostra motivazione! Detto ciò, “The Chemical Bath” è nuovamente un concept album: il desiderio di raccontare piccole vicende ai margini della storia non si è ancora esaurito.

Come mai questa fascinazione per l’immaginario “soviet” che vi portate dietro dall’inizio? Credete ci sia qualcosa che si possa calare nel presente? Ci sono degli ideali in cui vi rispecchiate? 

È innegabile che il grande “esperimento profano” che è stata l’Unione Sovietica solletichi da sempre la nostra fantasia. È una curiosità di natura storica, culturale e antiquaria, senza nessuna pretesa attualizzante. La scelta del nome ha poi consolidato l’affinità nei confronti di questo immaginario e rinnova costantemente il nostro interesse per quelle vicende. La ricerca bibliografica – e, in un certo qual modo, la riflessione filosofica – è una parte importante di quello che facciamo, motivo per cui nell’inserto del vinile di “The Chemical Bath” abbiamo incluso una serie di testimonianze (disposte in maniera frammentaria e disorganica, in perfetto stile Demikhov) che ci hanno accompagnati nella composizione dei brani. 

Parliamo della produzione del disco, raccontateci com’è nato, in quanto tempo l’avete scritto, registrato e come l’avete finalizzato. 

Il disco ha avuto una gestazione molto lunga. La composizione dei brani è avvenuta in maniera corale, passandoci la palla l’un l’altro, il che ha richiesto un grande impiego di tempo. In questo lungo arco di tempo abbiamo però avuto la possibilità di suonare dal vivo i brani, vedendoli evolvere da un live all’altro fino ad assumere la forma attuale. I più attenti potrebbero notare che circolano diversi bootleg live con versioni leggermente diverse rispetto a quelle definitive come testimonianze della genesi dei brani. “The Chemical Bath” è stato registrato, come il disco precedente, da noi stessi. Abbiamo voluto conferire al disco una pasta grezza, scura e distorta per una scelta di coerenza nei confronti del materiale sonoro, che abbiamo cercato di catturare senza allontanarci troppo dall’idea di un live. Il master è stato curato da James Plotkin, già all’opera con alcune delle nostre band e dischi preferiti di sempre. Fun fact non richiesto: per tutta la durata del disco corre un lavoro di post-produzione fatto di suoni harsh e ambientali appena percettibili che supportano le parti suonate e che potrebbero da sole costituire un disco a parte. Chissà che un giorno non lo si renda pubblico…

Sarebbe molto apprezzata, per i lettori più tecnici, qualche informazione sul gear che avete usato. Inoltre sull’onda della settimana sanremese ci piacerebbe sapere qualcosa di più sulla new entry più evidente cioè l’utilizzo della voce.

La strumentazione che abbiamo utilizzato è in larga parte quella che impieghiamo dal vivo. Io (Zano) uso una chitarra Nude Guitars e due amplificatori in stereo. Marco un basso Kramer con manico in alluminio, pickup custom Dreamsong e vecchi amplificatori Gallien Krueger. Cesare una batteria Pearl, piatti Ufip e Paiste, assieme a una pedaliera noise che utilizza con microfoni a contatto, altro elemento di novità insieme all’utilizzo della voce. Tra gli immancabili effetti delle nostre pedaliere, sicuramente Lastgasp, Mantic e M.A.S.F…. Già presente nel brano del nostro split con Calf e Feedbacker, del 2019, la voce è diventata con il nuovo disco una soluzione impiegata più sistematicamente, con parti definite e testi originali. 

Nella nostra recensione abbiamo nominato Produzioni Rumorose che è il vostro studio / covo / sala prove / secret venue. Raccontateci qualcosa di questo luogo e diteci i programmi futuri gli state riservando.

Con gli anni la nostra sala prove è cresciuta per volume e attrezzatura, ed ospita oggi uno studio di registrazione da noi gestito. Non è uno studio commerciale “hi-end” quanto una fucina sempre più zeppa di strumentazione e modellata sulle nostre esigenze. Abbiamo la fortuna di disporre di un vasto parco microfoni, una consolle analogica customizzata, convertitori di prima qualità, ecc. Lo spazio, oltre a registrazioni, è  anche adibito a sala prove. Inoltre, ospita regolarmente  piccoli concerti occasionali, registrati e poi pubblicati su tape grazie ad alcune etichette gemelle come Dischi Devastanti Sulla Faccia e Rodenfaust Records (un esempio su tutti: la “Secret Drone Session” che ha visto partecipare Nàresh Ran, Kevin Follet, Golden Heir Sun, nonché lo stesso Marco come groundlicker). Produzioni Rumorose rappresenta uno dei pochi punti di riferimento in una zona che per questo genere di attività ha sfortunatamente poco da offrire. Stiamo al momento lavorando intensamente per ottimizzare lo studio e renderlo sempre più efficiente e accogliente.

A proposito della parte grafica, spiegateci il motivo della scelta di rendere il prodotto così artigianale e DIY e rivelateci le realtà con cui avete collaborato per la realizzazione del vostro vinile. 

L’edizione limitata in vinile è stata curata da Woolter e Anna Macinadischi, che si sono occupati di stampare e serigrafare a mano le copertine. Da fan sfegatati dei Lucertulas conoscevamo bene la qualità dei loro manufatti, per questo abbiamo deciso di affidarci a loro. Nulla però sarebbe stato possibile senza l’infaticabile Andrea Mozzato, a.k.a. Officina Infernale, che ha curato tutta la parte grafica del disco, artwork, layout, font e inserto (oltre ad essere attualmente al lavoro su un nostro videoclip), sbalordendoci di volta in volta per la capacità immaginativa dimostrata nell’interpretare le nostre – non facili – indicazioni. L’artwork, fondamentale per comprendere a fondo il disco, richiama una tradizionale icona ortodossa in cui ai simboli cristiani si sostituiscono quelli del nascente culto della salma di Lenin. Il lavoro grafico è un complesso puzzle che merita di essere esplorato in ogni piccolo dettaglio.

Oltre che la storica label indipendente Dio Drone, vediamo che il disco è edito da Kontinget Records e Sweetohm Recordings, parlateci della collaborazione con queste label.

Con Dio Drone ci lega ormai una collaborazione di lunga data, iniziata già nel 2016 con il precedente disco, e più volte rinsaldata con le successive uscite, come il recente esperimento ambient “Music For The Flying City”, del 2022 (a cui ha partecipato, in veste di manipolatore sonoro, lo stesso Nàaresh). “The Chemical Bath” è indicato in catalogo come DD099: quasi cento e forse più dischi in dieci anni di attività! E con una coerenza impeccabile e una ricerca costante di nuove proposte. Non temiamo certo di esagerare nel dire che Dio Drone rappresenta, oggi in Italia, un’avventura culturale di alto livello e impatto, mantenendo fieramente la sua indipendenza rispetto ai canoni affermati. Con la bulgara Kontingent e la greca Sweetohm il discorso è non è molto diverso: anche queste sono etichette gestite da straordinari musicisti (la prima legata ai Feedbacker, la seconda ai Calf) e persone straordinarie, che abbiamo avuto modo di conoscere “on the road”, condividendo con loro tour ed esperienze. La loro attitudine DIY è innegabile, così come condivisibili sono le loro posizioni sociali, politiche e, più in generale, esistenziali. Senza contare che anche loro ormai dispongono di un catalogo di band validissime, per quanto ancora poco conosciute qui in Italia…

Parliamo di concerti, molto è cambiato da quel maledetto 2020, voi come vedete la scena della musica dal vivo oggi? Avete in programma delle date? Se si diteci i vostri prossimi appuntamenti.

Ci sembra che, dopo un primo e comprensibile momento di sconforto generale, la musica stia riprendendo impetuosamente il posto che le spetta nelle nostre vite di ascoltatori e musicisti. Prova ne è la moltiplicazione di serate e di band che si spostano, fanno concerti, pubblicano dischi. Già solo per menzionare la scena italiana, in contemporanea con “The Chemical Bath”, sono usciti due ottimi album per Stormo ed Exhibit! Anche l’organizzazione di serate sembra si stia lentamente riprendendo, dopo i gravi rischi di chiusura che molti hanno recentemente corso. Ecco perché siamo riusciti a raccogliere un discreto numero di date, in questi primi mesi dell’anno, che ci porteranno in alcune città in cui non abbiamo ancora suonato (come Padova, presso il Circolo Nadir, venerdì 24/02; oppure a Crema il 18/03, presso l’Arci Ombriano, e a Treviso il 25/03, a Villa Albrizzi Marini). Speriamo di poter continuare su questa linea anche in estate, magari con la partecipazione ad alcuni festival!

Vi lascio uno spazio per citare, ringraziare o aggiungere qualsiasi informazione vogliate diffondere ai nostri lettori.

Vorremmo anzitutto ringraziare Impatto Sonoro e Matteo, tra i primi in Italia ad aver mostrato entusiasmo verso la nostra nuova creatura. Un grazie anche alle diverse realtà che ci stanno supportando, invitandoci a suonare da loro: fare musica oggi, oltre ad essere un’attività artistica, è anche e soprattutto una situazione sociale e un vettore di incontri e condivisioni! Ce ne siamo tutti resi sempre più conto dopo le recenti vicende che hai appena menzionato…

Grazie ragazzi della vostra disponibilità, un grande in bocca al lupo da Impatto Sonoro.

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