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Speed Plans – Statues Of God

2023 - Iron Lung Records
powerviolence

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Tracklist

1. Can’t get through
2. Redemption
3. Termination game
4. Jesus Christ
5. Forced to think
6. Fascist fuck
7. Bad boss
8. Violent and high
9. Make the watch
10. I Can’t read
11. Final sentence
12. Arms
13. Outlast
14. Freak flag
15. Cleveland
16. I can decide


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C’è vita, oltre a Weekend Nachos e AcXdc.

Da Pittsburgh, Pennsylvania, infatti  ecco il nuovo disco degli Speed Plans, paladini indiscutibili del giungla-core americano. Loro, il powerviolence, lo suonano veramente. Senza inutili smetallate, senza troppo tupa-tupa e centellinando gli stacchi mosh in pochi secondi di canzone.

“Statues of God” esce su Iron Lung Records, nome che non può risultare nuovo per chi bazzica il genere, anche da poco tempo. “We know what we like and what we don’t like”, recita il banner appena sotto il logo dell’etichetta sulla pagina bandcamp, e questo è nient’altro che un manifesto politico, come è sovente usare nel powerviolence, genere ricco di mantra e di rituali segreti ed apocalittici.  

Frasi ad effetto e musiche estreme per portare avanti il vessillo della darkness, dell’angoscia, della vulnerabilità. “Statues of God” incarna tutto ciò che di powerviolence sia stato scritto e suonato negli ultimi venticinque anni, andando a riprendere tematiche legate allo sfruttamento e al nichilismo ormai difficili da ritrovare in un disco hardcore. I sedici brani che lo compongono sono pura idiosincrasia, pura insofferenza. Verso cosa? Ma verso tutto, ovviamente.

La vendetta degli Speed Plans si abbatte su oppressori  (Make them watch), sciovinisti (Fascist fuck) e speculatori (Jesus Christ), con un’inaudita necessità di espressione. Violent and high invece ricalca la vena dedita all’uso di droghe e alla successiva negatività che ne scaturisce, ma non suona come una critica, bensì come ad un’esortazione. Il pessimismo cosmico di questa band viene espresso nella sua totalità anche in Forced to think e Freak flag, che arrivano violente ed arrendevoli nei confronti di una società capitalistica che con un uso indiscriminato dei concetti di “pace” e “serenità”, assoggetta i propri personaggi.  Anche nei quaranta secondi scarsi, infine, di Final sentence, gli Speed Plans riescono a sconvolgere qualsiasi dogma, mixando un lentone rock’n’roll con un profondissimo gutturale.  

Non siam ritornati ai fasti di Capitalist Casualties e No Comment, ovviamente. Ma continuando su questa strada, la via sarà sicuramente tutta in discesa. A mio avviso, per portata musicale e culturale, uno dei dischi più importanti dell’anno.

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