Impatto Sonoro
Menu

Recensioni

Algiers – Shook

2023 - Matador
alternative rock / r'n'b / alt rap / noise

Ascolta

Acquista

Tracklist

1. Everybody Shatter (feat. Big Rube)
2. Irreversible Damage (feat. Zach de la Rocha)
3. 73%
4. Cleanse Your Guilt Here
5. As It Resounds (feat. Big Rube)
6. Bite Back (feat. Billy Woods & Backxwash)
7. Out of Style Tragedy (feat. Mark Cisneros)
8. Comment #2
9. A Good Man
10. I Can't Stand It! (feat. Samuel T. Harring & Jae Matthews)
11. All You See Is
12. Green Iris
13. Born (feat. Latoya Kent)
14. Cold World (feat. Nadah El Shazly)
15. Something Wrong
16. A Echophonic Soul (feat. DeForrest Brown Jr & Patrick Shiroishi)
17. Momentary (feat. Lee Bains, III)


Web

Sito Ufficiale
Facebook

Il mondo è stato scosso: stavolta gli Algiers hanno creato una vera e propria crew. “Shook”, il quarto album della band di Atlanta prodotto dalla Matador Records, vede infatti la partecipazione di molti artisti a loro affini come Big Rube (The Dungeon Family), Zack de la Rocha, Billy Woods, Backxwash, Mark Cisneros (The Make-Up), Samuel T. Herring (Future Islands), Jae Matthews (Boy Harsher), LaToya Kent (Mourning [A] BLKstar), Nadah El Shazly, DeForrest Brown Jr. (Speaker Music), Patrick Shiroishi e Lee Bain. L’ultimo album degli Algiers, “There Is No Year“, risale al 2020 e sembra lontanissimo dallo stile di “Shook”, pennellato di multicolori che si riflettono su un’anima distopica e cupa. Lasciandosi trasportare da un approccio vocale afrofolk alternato da trame atonali.

Gli Algiers sono una band post-punk di Atlanta formatasi nel 2012. Composta dai polistrumentisti Franklin James Fisher, Ryan Mahan, Lee Tesche e Matt Tong. I quattro attingono da un numero divergente di influenze artistiche: post-punk, hip hop, letteratura gotico-meridionale e spiritualismo. L’idea embrionale di un quarto album è arrivata quando Fisher e Mahan si sono ritrovati per diversi mesi nella nativa città di Atlanta, in preda al burn-out da musicisti in tour. Questa situazione ha dato il via a un intenso periodo di creazione di beats, immersioni di ore in sessioni di rhythm roulette e tuffi nelle profondità dell’alt-rap. Complice è stata soprattutto una rivisitazione di Subway Theme, capolavoro del punk newyorkese degli anni Settanta del DJ Grand Wizard Theodore. La cover in questione ha fatto da moodboard spirituale per l’incrocio tra lo stile urban e la controcultura di questo quarto album. Nel corso delle 17 canzoni percorriamo un sentiero di discontinuità grazie soprattutto all’utilizzo di sequenze strumentali ambient. Un copioso ritorno sulla scena col quale la band ha voluto rendere omaggio anche ad un’ampia schiera di icone del rap e del punk: DJ Premier, DJ Screw e Dead Boys, Lukah, Griselda e Dïat.

Everybody Shatter è una ouverture emblematica tagliata sui beat di un polveroso SP-404, costruita su samples semplici e senza precedenti. In lontananza si avverte l’annuncio metallico dell’aeroporto di Hartsfield (inconfondibile per gli abitanti di Atlanta). Un suoono che spaventava Fisher quando era bambino. Irreversible Damage valorizzata dalla partecipazione di Zack de la Rocha, in una delle sue rare apparizioni come ospite. “This a relapse / what it be god / No rehab for my jihad / A rapture in a grief storm / Time on my neck an’ it be gone”. Il brano è un climax di ritmi sferraglianti, chitarre serpeggianti ed elettronica pulsante.

73% è il trionfo del noise. In questa track l’r&b cerca di fare capolino a più riprese ma, nonostante i molteplici tentativi, diventa soltanto la comparsa di un film in cui il rumore è assolutamente protagonista. I Can’t Stand It! enfatizza il senso del luogo, della collettività, della comunità immaginaria attraverso un sound che rievoca la sfuggente esperienza sensoriale del crescere in una città del Sud. Si respira una forte atmosfera di transizione legata ad un’ intenzionale ritorno all’elettronica. Ci torna in mente la scelta del nome Algiers in riferimento ad un sito storico simbolo della lotta anticoloniale. Uno spazio conteso in cui violenza, razzismo, resistenza e religione si mescolano.

Il frontman degli Algiers Franklin James Fisher ha definito “Shook” come una celebrazione del suono della speranza: “È stata un’esperienza positiva del tutto nuova: avere un rapporto rinnovato con la città da cui proveniamo ed esserne orgogliosi. Mi piace l’idea che questo disco vi porti in un viaggio che inizia e finisce ad Atlanta”. La sua realizzazione, infatti, è stata inaspettata poiché la band (fino a qualche tempo fa) stava cadendo a pezzi ed era sul punto di sciogliersi. “Credo che questo disco rappresenti il nostro ritorno a casa – ha aggiunto Mahan.

Shook” è una specie di parafulmine per un’energia sfuggente ma dal significato universale. La pluralità di voci si combinano al ritorno a casa geografico strategico. Mentre sullo sfondo si mescolano fotografie disparate della fine di una relazione, di una festa estiva in veranda ad Atlanta, di uomini che riflettono sul tempo che passa

Piaciuto l'articolo? Diffondi il verbo!

Altre Recensioni