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Voce del verbo esultare: “Reinventing Axl Rose” degli Against Me!

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Avevo la cassetta, di “Reinventing Axl Rose”. Era una versione del 2002, anno di pubblicazione del disco, uscita per una sconosciuta etichetta baltica, se la memoria non mi inganna, che scovai per caso in una distribuzione tedesca specializzata in dischi metal. Mi ricordo facesse abbastanza freddo, in Germania, nonostante ci trovavamo già in aprile inoltrato. La tape racchiudeva in sé il primo disco degli Against Me! con l’aggiunta del singolo The Disco Before the Breakdown, e all’epoca avevo una Opel Corsa bianca. Non ero andato sino in Germania con la Opel Corsa bianca, però. La usavo per andare a lavorare, era ancora una macchina di famiglia. Alle volte non potevo usarla per andare in giro perché ce l’avevano i miei per andare a lavorare. Erano anni di passaggio, quelli. In ogni senso. Messi lì, a caso, tra hardcore melodico e suoni più duri, tra una vaga spensieratezza e uno spirito di appartenenza spiccatamente egoista.

“Reinventing Axl Rose” non era certo il disco giusto per quelle convinzioni: avevo altro per la testa. Le sue atmosfere da pub, festaiole e irriverenti, mi stordivano. Quegli inizi di canzone senza riff o distorsioni, stradaioli, erano troppo lontani da ciò che mi ero prefisso di ascoltare. Era come se stessi facendo un passo indietro e la cosa mi angustiava. Ci avevo messo anni, per informarmi a dovere e scovare altri generi. Anni di difficili ricerche, di affinamento dei gusti, di rinunce. Non è un discorso semplice da portare avanti, se pensiamo alle difficoltà sulla fruibilità musicale di quegli anni. Basta feste, basta pogo, basta divertimento.

Quella tape, eppure, non si mosse mai, dalla mia Opel Corsa bianca. Aveva radio e mangiacassette di serie, quindi il massimo dei traguardi tecnologici a cui potessi aspirare era un adattamento, tramite nastro, del mio lettore mp3: si trattava di una cassetta nera che vendevano nei negozi di elettrodomestici, reparto audio, collegabile ad un qualsiasi dispositivo digitale tramite jack. La inserivi del mangiacassette di serie, la collegavi al lettore tascabile e voilà, ecco la magia. I suoni che eri abituato a tenere in tasca iniziavano a girare anche in automobile. Non ho mai ascoltato qualcosa nello stesso formato, mentre ero su quella macchina. Solo “Reinventing Axl Rose”. Il booklet a fisarmonica aperto sui sedili posteriori a prendere sole, freddo e polvere, le serate d’inverno a vagare con la neve e le ultime nebbie della mia vita, gli amici a cui non piacevano gli Against Me! e sui quali ho da sempre gettato addosso la mia frustrazione sull’importanza di questo disco.

Naples, rispetto a Miami, è come Taranto rispetto a Brindisi. Si trova in Florida, una penisola che può essere, alla lontana, assimilata al Salento. Uno sperone di terra in mezzo al mare, il caldo, le spiagge. Gli Against Me! iniziarono a suonare lì, prima di spostarsi nella più famosa Gainesville, la punkrock city per eccellenza dello stato, sede dell’etichetta indipendente No Idea grazie alla quale vide la luce la prima pubblicazione di “Reinventing Axl Rose”. Non so quante possibilità esistano di trovare della birra Guinness, a Naples o a Gainesville, io stesso, per giunta, non ne ho mai bevute molte, perché non apprezzo la birra scura. Mio padre quando andammo in Irlanda in camper fece la scorta, io tergiversavo.

So però che se ne bevi tante, diventi più forte, nonostante la persona che ami sia ormai morta per una causa più grande ed estrema della felicità. Impari ad anestetizzare il dolore di una perdita, impari a stare in compagnia. So che ho imparato a distinguere i finti liberali da chi lotta come se ogni giorno fosse l’ultimo, perché quando i secondi vanno fino in fondo, fino a lanciare sassi contro le vetrine di Starbucks, i primi sono già scappati via, per paura di prenderle o essere arrestati. So che qualsiasi gruppo punk sia nato dopo “Reinventing Axl Rose”, l’avrà fatto inseguendo una buona causa, perché siamo stati e saremo sempre “noi contro loro”, ognuno con una propria ragione per cui suonare, nonostante la confusione che, negli anni post Seattle e post Genova, soprattutto, ha permeato ogni movimento politico antagonista.

Ero abituato a pensare all’impegno e alla solidarietà, alla fratellanza e al reciproco aiuto in una chiave più decisa, più distaccata. Questo disco invece stravolge tutto, cambia la visione della realtà. È vero, quelli come noi le prendono sempre, soffrono sino a venire uccisi per gli ideali in cui credono, nonostante abbiano valicato indenni, dopo tutto, la soglia degli anni duemila. Ma perché non cantare a squarciagola, esultando ogniqualvolta ci si ritrovi assieme per ricordare o rivendicare difficoltà, ansie e consapevolezze?

Esultare. Forse nessun disco spinge a farlo quanto questo. Rinascere, ricordare le amarezze di giorni difficili, di perdite, di amori non vissuti.

Credo che nessun disco abbia mai suonato così forte l’adunata come questo. “Act locally, think globally”, ci dicevano, e gli Against Me! dimostrarono in pochi minuti che, finalmente, si potesse fare. La dialettica dell’uguaglianza, del “We are never going home”, dell’amore / odio nei confronti della loro terra, sono aspetti che arrivarono dopo, almeno per quanto mi riguarda.

L’Opel Corsa bianca mi abbandonò in autostrada, a trenta chilometri da casa, una domenica di marzo, molti anni dopo la prima volta che ci ascoltai “Reinventing Axl Rose”.  Non funzionava più nulla, e così non potei estrarre la cassetta dall’autoradio, una volta appreso dal meccanico dell’Aci sul carroattrezzi che, dopo dodici anni di onorata carriera, la macchina aveva deciso di non averne più. Non mi adoperai nemmeno, ricordo, per riaverla indietro. Mi limitai ad ascoltare l’eloquio del carrozziere con abbandono.

“Sì, tanto rottamiamo tutto”, affermò, come se mi stesse facendo un favore a distruggere automobile, autoradio e cassetta al suo interno. “Diventa un cubo, praticamente!”, e mi sorrise, spavaldo. 

Non mi interessava. Non avevo paura. Quel disco mi aveva abituato, in tutti quegli anni, ad ammortizzare le mazzate, come non mi era mai capitato prima con nessun altro album musicale. E quella non era certo una mazzata.

Raccolsi le poche cose al suo interno prima di lasciarla da uno sfasciacarrozze di provincia e rimisi il libretto del disco all’interno della custodia, riempita per metà perché la cassetta era inesorabilmente imprigionata nell’autoradio, senza possibilità di recupero. Quando mi infilai nella tasca del giaccone pesante quel reperto, non sentii né amarezza né nostalgia. Sapevo che ormai quel disco era entrato in me, dopo tutti quegli anni e quei viaggi insieme, tra primi lavori, concerti, date. Era come se mi stesse esortando ad andare da solo per la mia strada, che tanto ormai ne ero capace.

Nelle nostre vite ascolteremo migliaia di canzoni, leggeremo centinaia di libri, passeremo ore a guardare film in televisione o al cinema, ma dopo aver ascoltato “Reinventing Axl Rose” ed averlo fatto entrare nella nostra visione del mondo, automaticamente rimanderemo tutto alle sue undici canzoni.

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