Impatto Sonoro
Menu

Recensioni

Liturgy – 93696

2023 - Thrill Jockey
post trascendental black metal

Ascolta

Acquista

Tracklist

1. Daily Bread
2. Djennaration
3. Caela
4. Angel of Sovereignty
5. Haelegen II
6. Before I Knew the Truth
7. Angel of Hierarchy
8. Red Crown II
9. Angel of Emancipation
10. Ananon
11. 93696
12. Haelegen II (Reprise)
13. Angel of Individuation
14. Antigone II
15. Immortal Life II


Web

Sito Ufficiale
Facebook

Il black metal rappresenta la sconfitta autoinflitta della controcultura e l’ascesa dell’Estetica.

Sin dal primo singulto in un mondo spazzato dall’immobilismo datato 2009, Ravenna Hunt-Hendrix trasfigurata nella figura dei suoi Liturgy si è posta l’obiettivo, cosciente oppure no è tutto da stabilirsi, di spezzare le catene che legavano il black metal all’Europa e alla tradizione in funzione di una nuova figura in antitesi e utile per riconoscersi nel Nuovo Mondo, senza mai dimenticare la tradizione e tutto ciò che essa implica e concerne. Negli Stati Uniti l’assioma di una nuova realtà è delimitato dalla linea che intercorre tra Deafheaven e Liturgy, creatori di realtà scomode ai vecchi e pronte ad entrare in una nuova era ormai ampiamente indubbiamente sdoganata ma non di certo digerita.

Attraverso il cambiamento di line-up anche la band di Hunt-Hendrix ha dato adito ad una seconda esistenza del sé che, col rischio infine palesatosi di impantanarsi nei propri meandri labirintici, ha reso tangibile a possibilità di infliggersi la sconfitta che lo stesso genere ha portato alla controcultura. “H.A.Q.Q.” sembrava essere il limite oltre il quale poteva esserci solo una pedissequa riproposizione di una formula apicale ormai sbocciata e appassita, così “Origin Of The Alimonies” ha mostrato in seguito l’immagine di una natura morta ridipinta quasi in automatico. Il suono non penetrava più le maglie dell’ignoto fermandosi al già sentito.

L’Estetica potrebbe essere una terza opzione per l’arte accanto al comico e al tragico. Né zuccherosa né sarcastica, che non si preoccupa né della verità indescrivibile né di ciò che è troppo ovvio. Sarebbe una spontanea arte nervosa che promuove gioia, comprensione, risveglio, trasfigurazione e coraggio.

Registrando su nastro i Liturgy hanno riportato alla luce l’urgenza, la necessità e la spontaneità di un’arte gioiosa capace di superare un limite autoimposto, l’algida prigione in cui l’Artista tende a relegarsi per non essere raggiunto e, di base, non raggiungere più l’esterno. Suddividendo “93696” in quattro movimenti distinti sorvegliati da altrettanti Angeli ha aperto ancora una volta una porta che sembrava ormai precludere alla band quell’aura di genio data per scontata e quindi tutto tranne che geniale. Tenendo a mente che nel 2023 tutte le strade possibili sono state ampiamente battute e percorse ci si chiede quale possa essere il passo che può rendere giustizia all’Idea. Il suono emanato dagli strumenti imbracciati da Tia Vincent-Clark, Mario Miron e Leo Didkovsky dà già una risposta forte alla domanda. Avvolgente, reale alveo di composizioni in progressione dona la sensazione dell’essere umano in lotta con la macchina (purtroppo ancora presente nell’eccesso di glitch sparsi qua e là), è punk in ogni misura senza dover scomodarne l’ormai nota codificazione e pregnandosi di contenuto e non formalità.

Perché il black metal trascendente è solare? È solare sotto tre aspetti, basati su tre caratteri del sole: periodicità, intensità e sincerità.

Tracotanza che investe chi si avvicina, questa è l’unica descrizione valida per distinguere “93696” da altri album black metal e dai suoi predecessori. A fare la differenza è l’aria di splendore e luminescenza che spira tra i brani che, in rapida successione, crescono di intensità. Non azzanna, non strangola, anche se il burst beat resta colonna portante degli attacchi frontali insiti nei brani, ma non ci si affida solo alla velocità in quanto arma finale e perforante, si fa spazio un metodo realmente hardcore, fatto di rallentamenti improvvisi conditi di intricate trame melodiche.

Tra le grida oltreumane di Ravenna si fa così spazio anche un lato umano che mostra vestigia vicine al limite esterno della galassia post-punk (e non mi riferisco allo sterile revival tanto strombazzato di questi tempi), con cura melodica affida a synth e pianoforte le quattro porte che dividono le parti del disco e qui sta tutto il cuore dell’intero lavoro, un intrecciarsi di arie superne e abbacinanti. Non solo droni furiosi ma scalate progressive conquistatrici di tutto lo spazio disponibile, sezioni ritmiche che aprono distese di tribalità urbana (il basso di Vincent-Clark è spina dorsale di un’architettura immane), magniloquenti esplosioni di archi e percussioni che fuse assieme ai bordoni di chitarra sono portale per un regno ove il post-core assume senso compiuto e si manifesta diabolico (con la title track a rivestire i panni dell’inaspettato che non bussa alla porta, la sfonda direttamente) e rimescola tutte le carte in tavola in un crescendo disperato di brani strazianti.

Il Coraggio è autenticità. Il Coraggio non ha alcuna immagine di sé. È innovazione. Non ha alcun sentiero tracciato davanti a sé. La sua unica traccia è la scia che resta dopo il suo passaggio.

Cosa rimarrà dopo un distico di album come “H.A.Q.Q.” e “93696” non è davvero dato sapersi. L’unica certezza è che l’asticella è arrivata tanto in alto che renderà difficile un ulteriore rinnovamento della forma in senso verticale. Ci sono ancora parti di troppo anche in un disco di rara difficoltà e bellezza come questo, quindi uno spiraglio del domani è possibile intravederlo ma, per l’appunto, di sentieri qui non ce ne sono. L’unica certezza è l’eccesso, su questo non ci piove. Su tutto il resto staremo a vedere.

Le sezioni in grassetto sono estratte del trattato “Trascendental Black Metal. A Vision of Apocalyptic Humanism” di Ravenna Hunt-Hendrix, tradotto da Alessio Lazzati e pubblicato sul volume “Black Metal – Oltre le tenebre” edito da Arcana.

Piaciuto l'articolo? Diffondi il verbo!

Altre Recensioni