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Isaak – Hey

2023 - Heavy Psych Sounds
stoner

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Tracklist

1. Miracle B
2. Hey
3. OBG
4. Except
5. Rotten
6. Over The Edge (Wipers Cover)
7. Dormouse
8. Fake It Until You Make It
9. Taste 2.0
10. Sleepwalker
11. Goodbyes Are Always Very Sad


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Se avete una certa età sapete benissimo di chi si parla quando si nomina lo Chef Tony e cosa pubblicizzava su tutte le reti locali più laide e diventato presto una sorta di leggenda, quasi quanto i coltelli che utilizzava per affettare tutto, pure le marmitte delle auto. Ecco, se un album si apre con un tributo a quegli oggetti mitologici non potrà che essere un ottimo segno per quanto seguirà.

Riavvolgiamo il nastro: se li sentiste per la prima volta senza saperne granché direste che gli Isaak sono di stanza al Rancho de la Luna, lo studio californiano in cui hanno preso forma alcuni degli album stoner più iconici di sempre (oltre alle altrettanto iconiche Desert Session), intenti a respirare l’aria rarefatta del deserto e tirare boccate da strumenti atti ad ampliare le percezioni del luogo in cui ci si trova. Invece vengono da Genova, e se siete avvezzi del capoluogo ligure sapete perfettamente che ha perfettamente senso un determinato tipo di suono. Tante sono le band stoner che affollano la nostrana scena underground da più di vent’anni a questa parte, poche sono quelle che centrano il punto e non sembrano solo epigoni di questa o quell’altra scena Oltreoceano, nonostante il genere sia, di per sé, un cerchio più che chiuso. A far la differenza è come il tutto suona e vibra alla bocca dello stomaco, e così la discografia del quartetto ha quel qualcosa in più che ad altri manca (e per quanto mi riguarda di questa caratura ci sono solo loro e gli Zippo, ma io sono uno stronzo radicale e forse non faccio testo).

Hey”, terzo album del combo, non fa eccezione, anzi, alza pure l’asticella quel tanto che basta per rendere difficile il salto ad altri. Se già il debutto e il precedente “Sermonize” portavano con sé un bagaglio pesante, questo disco aggiunge peso al peso. La band lo definisce “un manifesto sull’essere fragili e rendere questa fragilità un punto di forza”, parlando delle proprie paure con ironia (cosa non proprio semplice), e si sente benissimo questa oscurità strisciare fuori dai coni degli amplificatori. Appena superata Miracle B si entra in un reame di riff circolari bestiali che menano a destra e a manca poggiati su ritmiche pompate all’estremo.

Dormhouse è un elefante che spazza il deserto con lunghe zanne metalliche, Sleepwalker, OBG e Taste 2.0 due demoni alla guida di una dune buggy lanciata a velocità ignobile verso lo spazio aperto (“pedal to the metal and my luck to test”, per citare Lucinda Williams), Fake It Till You Make It un sogno notturno ad ali spiegate, Goodbyes Are Always Very Sad ed Except le diremmo due ballad d’acciaio scuro e difficile da piegare, se non fosse che mostrano muscoli fatti dello stesso materiale di cui sopra.

Su tutto svetta la voce magistrale e potente di Giacomo Boeddu che prende ogni singolo ritornello e lo lancia per aria per poi impallinarlo di melodie scintillanti, uno su tutti quello di Rotten, che buca il muro stoner e sconfina in un mondo alternative più caro ai Motorpsycho anni ’90 che Kyuss et similia.

FFO: suoni che fanno esplodere le vene per la troppa pressione.

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