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Interviste

“L’Appeso” è qui per “rinascere ancora”: intervista ai Frammenti

Dopo 26 anni torna “L’Appeso”, album più rappresentativo della carriera dei Frammenti, uscito originariamente nel 1997 e rilasciato a marzo in versione rimasterizzata da Motorcity Produzioni.

Nati nel 1991 a Torino, i Frammenti riprendano le fila di un discorso musicale interrotto nel 2007 con una veste rivista per il loro lavoro in studio più iconico: una nuova versione LP con un artwork inedito, ancora una volta a cura di Enrico Macchivello. Non solo: spunta nella tracklist anche Per poi rinascere ancora, un featuring insieme a Eugy dei concittadini Bull Brigade, con cui i Frammenti condivideranno il palco dell’Hiroshima Mon Amour il 5 maggio. Ritroviamo a distanza di oltre vent’anni lo stesso spirito della band, capace di incarnare un capitolo insostituibile della storica dell’hardcore italiano, tra auto-produzione, indipendenza espressiva e rivendicazioni libertarie.

Abbiamo discusso insieme a Luca Saini di quanto successo in questi anni, dello stato di salute del punk Made in Italy, delle fonti d’ispirazione di ieri e oggi e molto altro.

Prima domanda di rito: come state vivendo questo momento? Che emozioni si provano nel veder “tornare alla luce” il proprio album più fortunato?

Super felici di questa nuova release, con un mastering potente e un’ottima qualità sonora del vinile. Questa uscita poi coincide con l’inizio della scrittura di un nuovo album. Radici e nuove energie, ci piace!

Vi apprestate a celebrare in qualche modo particolare? So che a maggio a Torino sarete tra le band di supporto ai Bull Brigade per la loro data all’Hiroshima.

Sì il 5 maggio suoneremo con Bull e altre band a Torino, sarà una festa e per noi uno degli ultimi concerti prima di entrare nella fase di silenzio creativo e registrazioni dei primi provini.

Proprio a proposito dei Bull Brigade: in Per poi rinascere ancora – traccia inedita inclusa nella ristampa dell’album – c’è un featuring con Eugy. Come nasce l’idea della collaborazione?

La traccia era rimasta fuori dalle registrazioni dell’”Appeso” del ’96, l’abbiamo suonata per un paio di tour in Nord Europa, poi si è persa memoria, vai a sapere perché. Circa un paio di mesi, prima di registrarla è uscita fuori dal cappello, così l’idea di darle una nuova veste e condividerla con Eugy, tutto perfetto! Chiusura del cerchio.

Parlando ancora di Per poi rinascere ancora: il pezzo ha senza dubbio una vena malinconica, ma anche una forte energia e un testo che non lascia indifferenti. Ci sono momenti e situazioni particolari che l’hanno ispirato e che vi va di condividere?

Hai presente la tecnica del Kintsugi? In Giappone c’è questa tradizione romanticissima del riparare gli oggetti in ceramica andati in frantumi ricomponendoli utilizzando un collante a base d’oro. Quasi a sottolineare che la vita non è fatta solo di perfezione, ma anche di rottura ed errore e come tale, va accolta, accettata e compresa. Il testo di Per poi Rinascere Ancora è un mix di suggestioni del passato (testo originale) e visioni nuove. Morte e Rinascita. 

Parlando invece dei brani originali contenuti in “L’Appeso”, si possono avvertire nelle tracce influenze noise rock e della new wave italiana: quali erano i vostri maggiori riferimenti all’epoca? E oggi, ci sono generi e band che vi ispirano in modo particolare?

I riferimenti dell’epoca erano assolutamente trasversali, siamo sempre stati molto liberi e aperti circa l’arte in generale, sicuramente nel mixtape del furgone dell’epoca, giravano: Fugazi, Sonic Youth, Gorilla Biscuits, Beastie Boys, Swans, Suicide, Area, D.I. Contropotere, Bed Boys, De Andrè, Unwound, D.R.I. Specials, Diaframma…Oggi, in fissa per Gel, Show Me the Body, Turnstile, Sleaford Mods, Idles, Viagra Boys, la lista è lunga…

Dopo 26 anni torna a farsi sentire un disco estremamente rappresentativo per l’hardcore italiano e i movimenti antagonisti dell’epoca. Una domanda che mi piace sempre porre a band con una storia alle spalle: come avete visto cambiare questa scena in quasi un trentennio?

Premetto che per almeno una decina di anni sono uscito fuori dai radar, dunque non sarò lucidissimo. Ti posso dire che ho notato una vivace rinascita di pratiche e attitudine, molto meno nichilismo (bene) meno retorica e intortamento ideologico (molto bene). Non ultimo, band fighissime.

Avete calcato tantissimi palchi nel corso degli anni: ci sono alcuni che vi sono rimasti nel cuore più di altri? Date particolari che ancora oggi ricordate per la loro potenza?

Un live con Nerorgasmo alle quattro del mattino a El Paso, con Luca Abort svenuto dietro l’ampli di Brizio. Un giro al pronto soccorso a Perugia, a farmi ricucire la testa, per una caraffa volata giocando a gavettoni, prima del concerto. Un live sotto LSD al Laboratorio Anarchico di Milano, con i punk che si spaccavano le sedie sulla schiena a vicenda, sotto il palco. Il primo tour in Germania con D.D.I. a portare testimonianza e materiali dalle esperienze italiane di autogestione e autoproduzione. Una bellissima esperienza di condivisione alla masseria Maizza a Fasano – ora resort di lusso. Le occupazioni estemporanee e dadaiste a Zurigo, con squat con moquette e vasca Jacuzzi. La lista è lunghissima…

Il punk in Italia (e non solo) ha senza dubbio perso quell’anima più “politica” che lo caratterizzava negli anni passati. Rimangono certi temi, ma forse oggi c’è meno “militanza” di un tempo. È una visione che condividete?

Ci sono sempre stati gruppi più militanti e connotati politicamente in senso stretto, e ce ne sono ancora. Così come ci sono sempre stati e ci sono dei gruppi punk per “attitudine”, un concetto importante, che viene prima e va oltre la politica declinata ideologicamente. Poi ci sono stati, ci sono e ci saranno sempre i poser cioè quelle persone che interpretano uno stile musicale o artistico in senso unicamente estetico, di maniera, senza veri contenuti, ma solo scimmiottando tendenze o generi importati per imitazione. La libertà e la “corrosività” del punk esiste ancora, e oggi la vedo diffusa sottotraccia nei kids, un mood trasversale e non necessariamente riconducibile solo all’hardcore o al punk , ma anche ad altri generi musicali.

Spesso confrontandomi con le band sento parlare di un mancato ricambio generazionale nella scena punk italiana. Siete dello stesso avviso? Oppure vedete muoversi qualcosa anche tra i più giovani?

A me, sembra che sia bella prolifica la scena dei giovanissimi “adolescents”!

Focalizzandoci un attimo sulla vostra città, come la vedete cambiata dal punto di vista musicale rispetto ai tempi di “L’Appeso”? Ci sono spazi o band particolari che vorreste segnalare a chi ci segue?

Rimanendo in città, segnalo band fortissime Tons e If I Die Today (che non hanno certo bisogno del mio plauso). Circa spazi e collettivi, amore a prima vista per Lo Scugnizzo Liberato a Napoli, Venezia Hardcore al Rivolta di Marghera, ma anche qui, per fortuna, la lista è lunghissima!

Mi piacerebbe usare questo spazio finale per lasciarvi liberi di raccontare quello che preferite: prossimi piani, eventuali novità in arrivo, aspettative per il futuro…insomma, quello che volete! Grazie mille per il vostro tempo e a prestissimo

Come dicevo, siamo super carichi per la scrittura dei nuovi pezzi, per il momento circa nove songs al vaglio, hardcore nuova e vecchia scuola, più altre tracce di robaccia indefinibile. Non abbiamo nessuna aspettativa, alcuna pressione e un orizzonte libero. L’idea è quella di prenderci un annetto per concentraci su tutto questo. A stretto giro invece, posso dirti che tra un paio di settimane uscirà il videoclip di Per poi rinascere ancora. In uscita, ci sono due cover dei Bed Boys, storica e mai abbastanza conosciuta band torinese della decade ottanta. In questi giorni stiamo selezionando i brani per una raccolta di live da quest’ultimo anno di bellezza e furore. Grazie a voi per lo spazio e per l’impatto propositivo della vostra sonica passione. Un abbraccio forte!

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