Impatto Sonoro
Menu

Recensioni

Pet Shop Boys – Lost

2023 - x2 Recordings / Awal Recordings
synth pop / elettronica

Ascolta

Acquista

Tracklist

1. The Lost Room
2. I Will Fall
3. Skeletons In The Closet
4. Kaputnik
5. Living In The Past


Web

Sito Ufficiale
Facebook

Un EP composto da outtakes di un disco precedente, ma che suona straordinariamente attuale: ecco “Lost”, l’ultima release dei Pet Shop Boys. Pubblicato il 14 aprile e composto da sole 4 canzoni, esso accompagna l’edizione 2023 del libro fotografico di 64 pagine “Annually”, ma è disponibile anche la versione digitale che contiene una bonus track, vale a dire il remix di Pete Gleadall del singolo Living In The Past. Mentre quest’ultimo brano, uscito lo scorso 10 febbraio, è stato ispirato da un fatto di cronaca (il disvelamento di un busto di Stalin a Volgograd da parte di Vladimir Putin, avvenuto pochi giorni prima, il 2 febbraio 2023) gli altri quattro sono stati scritti e registrati tra Londra e Berlino nel 2015 durante la realizzazione di “Super”, il full length che vide la luce l’anno seguente. Come ha spiegato Neil Tennant, queste tracce, all’epoca della loro composizione, sembravano non adattarsi all’album e pertanto ne furono escluse, ma sono state recentemente riprese in considerazione per il sound che le accomuna e anche per la loro natura “profetica”, la loro intrinseca capacità di dire qualcosa sul presente. L’EP prende il nome dalla prima canzone, The Lost Room, ma il titolo vuole anche fornire un punto di vista più ampio, filosofico o politico, sulla società e sulla contemporaneità, rappresentando lo smarrimento e la carenza di punti di riferimento che affliggono, oggi, molti individui. I brani sono caratterizzati da una visuale pessimistica, venata di inquietudine e di rimpianto, e si ammantano di atmosfere synth-pop a tratti più cupe e meditative, altrove più vivaci ed incalzanti.

La copertina in bianco e nero rappresenta un paesaggio in lontananza, una sorta di “waste land” in cui non si distinguono esseri viventi né è possibile riconoscere edifici o monumenti. La fotografia ricorda l’estetica spoglia e disadorna delle immagini del film tedesco “I turbamenti del giovane Törless”(1966) di Völker Schlondorff, tratto dall’omonimo romanzo di Robert Musil, che a sua volta ha ispirato la canzone The Lost Room. Il libro è ambientato in una scuola militare austro-ungarica alla fine dell’Ottocento ed evidenzia le difficili condizioni di vita e la rigida disciplina a cui erano sottoposti gli allievi del collegio, tra atti di bullismo ed esperienze omosessuali. Il protagonista della canzone racconta che a lui e ai suoi compagni, come del resto accadeva anche in molte prestigiose “boarding schools” britanniche del secolo scorso, viene insegnato “ad essere duri” in un ambiente segnato da “crudeltà” e “tirannia”. Scrive a sua madre per un sostegno emotivo, ma ella gli risponde soltanto che “è importante essere coraggiosi”. Suo padre, invece, è “lontano in un angolo dell’impero” al servizio della nazione. Il giovane narratore riesce a trovare sollievo solo nella “stanza perduta” del titolo, un nascondiglio dove insieme ad altri ragazzi si dedica a “the strangest games”. Non è dato sapere se queste attività abbiano delle implicazioni erotiche, anche perché la “lost room” potrebbe essere anche soltanto un rifugio della mente in cui consolarsi con la fantasia. E mentre nell’oscurità del locale la fioca luce delle candele accresce la misteriosa atmosfera (“candles flickered casting shadows on the monsters and their prey”) la spietata legge darwiniana che gli adolescenti devono imparare è che i forti prevalgono sui deboli: “survival of the fittest meant destruction of the weak”. A conclusione del brano l’io lirico, ormai adulto, contempla un presente in cui il ripetersi, in un eterno ritorno, delle circostanze vissute – c’è sempre chi comanda e chi obbedisce – rende la vita simile a un inferno: “running riot under orders would create a living hell”.

Si cambia decisamente argomento – e sonorità, che rispecchiano in pieno lo stile PSB anni Novanta – con il secondo brano, I Will Fall, che tratta di un profondo innamoramento, una relazione destinata a durare in eterno (“I recall the moment I knew this was once and for all”) anche se la ripetizione della frase “I will fall” sembra voler suggerire che la situazione possa sfuggire al controllo del protagonista. All’esistenza di una “dark side” si allude poi esplicitamente nella traccia seguente, Skeletons In The Closet, in cui si narra di un luogo che potrebbe essere una casa stregata, in cui alcune parti nascondono segreti inquietanti (“Don’t go down to the basement/Lock the attic door/Keep the cupboard shut”). I fantasmi, poi, fanno di tutto per manifestarsi (“struggling to get out”) ma non è dato sapere quali rivelazioni emergeranno: Neil ci dice soltanto che è qualcosa accaduto tanto tempo fa e di cui “tutti” sanno – che sia una piccola comunità o l’umanità intera a condividere il mistero, starà all’ascoltatore deciderlo.

Proseguendo con l’ascolto, una relazione “tossica” come metafora dell’imperialismo politico è al centro della successiva Kaputnik. Il curioso neologismo è formato dalla parola tedesca “kaputt”, che indica un fallimento o una rottura, e dal russo “putnik” (“viaggiatore”) o “Sputnik” (il nome del famoso satellite russo messo in orbita nel 1957, che significa “compagno di viaggio”). La presenza di questo vocabolo riflette la ricorrente fascinazione di Neil per la cultura russa. Nella canzone, caratterizzata da un beat quasi ossessivo, il protagonista si comporta da “stalker” nei confronti del partner che lo ha lasciato e rifiuta di “accettarne l’indipendenza”: “I’ll be your kaputnik/I’ll undermine you/I’ll get in your way…The fact that you left me/I won’t relax/Until you come back to stay”. Sorprendentemente, però, la storia prende una piega da conflitto internazionale e sembra alludere all’invasione russa dell’Ucraina, con tanto di carri armati, mentre il cantato si fa parlato dai toni minacciosi: “Look out of your window/One morning in summer/My tanks will be driving/To park on your lawn/They’ll crush all your flowers”. E alla figura di Vladimir Putin è esplicitamente dedicato il quinto brano, Living in the Past, inserito, come si diceva, solo nella versione digitale del disco, e l’unico di recente composizione. Esso racconta, dal punto di vista del leader russo, l’episodio del disvelamento di un busto di Stalin (visibile anche nel videoclip, realizzato con le immagini di un notiziario) e le riflessioni che esso suscita. Sulle note di un pianoforte e di un vibrafono, con un ritmo downtempo, l’incipit recita “I arrive in the city/Where they’ve unveiled a bust/My predecessor/Still much discussed” (si noti come quest’ultima parola sia omofona di “disgust”).Putin vuole assomigliare al dittatore, eguagliando il suo carisma e il timore che suscitava: “I want men to die with my name on their lips” e allude persino alla presunta natura “divina”, all’onnipotenza del suo predecessore: “under the new circumstances, once again he’s a god”. Con i suoi propositi di belligeranza, l’attuale presidente sembra pertanto voler riportare la Russia agli antichi splendori dell’Unione Sovietica (“the old status quo”). Il passato, dunque, non è trascorso, ma ha ancora effetti nel presente: “The past isn’t even past / That’s how long it lasts”.

Il filo conduttore di “Lost” è quindi l’impossibilità di liberarsi del passato, quel passato in cui, come dichiara l’ultima traccia, si vorrebbe continuare a vivere: dai fantasmi di un’adolescenza difficile a una storia d’amore finita, e dai segreti inconfessabili che tormentano alle reminiscenze di un potere che si vorrebbe riconquistare, gli anni che furono perseguitano i protagonisti dei vari brani. Ad essi Neil Tennant dà voce, cogliendo tutte le sfumature della loro inquietudine, mentre le sonorità algide, tecnologiche di Chris Lowe fanno sì che tutte queste emozioni non debordino, restino come trattenute, congelate in un mondo in bianco e nero dove, sentendosi “persi”, ci si aggrappa a ciò che non esiste più, ma che ha segnato irrimediabilmente la propria esistenza. Siamo grati al duo per aver “ripescato” queste tracce dal cassetto in cui giacevano e di aver restituito loro l’attualità che meritavano, grazie alla funzione di “catalizzatore” rappresentata da Living In The Past.

Adesso li aspettiamo per l’unica data italiana del loro imminente tour “Dreamworld” il 13 giugno, a Roma, all’Auditorium Parco della Musica, alla quale farà seguito la pubblicazione del loro greatest hits “Smash- The Singles 1985-2020”, prevista per il 16 giugno.

Piaciuto l'articolo? Diffondi il verbo!

Altre Recensioni