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Similou – Inferno Bizzarro

2023 - Love Boat
exotica / library music / avant funk / garage blues

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Tracklist

1. Fango

2. Liquor

3. War Song

4. P. O. J.

5. Rosa dei vermi

6. Ominicchio!

7. Applausi

8. Fire/Flames

9. Fuga

10. Frusta

11. Naga

12. Time/Space

13. Bolero

14. Chew


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Tra i tanti ricordi del me bambino (e poi adolescente) ci sono le videoteche, quelle laide, incrostate di polvere e già antiche, vestigia di un mondo che a breve si sarebbe estinto, annientate da Blockbuster, a sua volta annientato dalla crisi e dal digitale, da internet che, per ora, non sta per essere spazzato via da nulla. Anzi, forse torneranno proprio le videoteche, fissati come siamo con il passato. Non è una critica, io giro con il walkman in tasca o attaccato alla cintura. Il tempo è ciclico e si torna inevitabilmente al passato.

In uno di quei luoghi sacri e spesso male illuminati tra i cui scaffali si aggiravano contemporaneamente loschi figuri alla ricerca della tenda dietro cui si celava il porno e famigliole si sarebbe potuto, cercando bene, magari proprio al fianco di una pellicola firmata da Joe D’Amato, una cassetta contenente una cassetta intitolata “Inferno Bizzarro”. D’altronde Vincenzo Marando ci ricorda che queste due parole vengono spesso utilizzate in “film e dischi internazionali ispirati all’estetica exotica/tiki/library”. A me viene in mente una cosa tipo “Cobra Verde”, ma andiamo oltre. Egli nient’altri è che membro fondatore e chitarra perforatrice di corazze dei Movie Star Junkies. Io col cuore (e altre parti del corpo che qui magari è meglio non elencare) sto ancora inchiodato a “Melville”, un album che se n’è andato oltre i nostri confini, sfanculandoli. Insomma, Marando qui è Similou, moniker mutuato da un brano scovato in un cofanetto della Numero Group. Per chi non conoscesse i ragazzi di questa etichetta sono il corrispettivo di quei signori che cercavano la tenda del porno nelle videoteche di cui sopra, solo che il loro concetto di pornografia sta in dischi sconosciuti, materiale dimenticato dai più (ma non da loro), l’ennesima potenza dei diggers, archeologi discografici, in poche parole. Il regno del mistero, insomma.

Quello di Similou è un mondo strambo, un inferno anomalo, per l’appunto bizzarro, e da qui il titolo. Marando va alla ricerca, come i numerogroupiani, delle librerie, di brani sperduti sul cammino di un mercato divoratore e quando trova qualcosa su cui lavorare ci suona sopra. Con la chitarra va a ricamare sui loop, sample che ha pensato di lavorare in modo etico, parola che va ben impressa nella mente dei musicisti di oggi, ieri, domani. Il lockdown ha imposto all’autore, come a tanti se non tutti, la necessità di reinventarsi, e dall’isolamento emerge la necessità exotica, che scalza tutto il resto. I loop si srotolano di brano in brano e pare che ad operare sia un’intero ensemble se non un’orchestra, ma è tutto solitudine, quattro mura, un registratore, lo strumento.

Ridotto all’osso, il suono è chirurgicamente antico e le melodie sono stralunate, dilaniano il blues, si fanno beffe del garage, s’allungano come elastici divenendo esili rintocchi che aleggiano su canti di guerra (nord-est dell’India e Myanmar, ci dice), si avvitano come viti spanate nei modi più lascivi per poi svestirsi del furore elettrico (scatto di coltello rigoroso) per farsi tenue lucore lounge da postribolo o 7” pescato da un jukebox da bettola di quint’ordine (con voce calda e grida lontane, immersione perfetta), giusto il tempo per tornare a picchiare duro sui denti già traballanti, fuzzando e poi stonandosi in malo modo e spaccandosi totalmente e vanno di ipnosi marcita nel liquore di drone di chitarra completamente andati, fritti nell’acido.

Sotto tutto questo i rumori dell’ampli, delle corde pestate dal plettro, tutto, si lascia così com’è in tutta la sua laida bellezza, perché è lo sporco a dare valore alla roba da weirdo. “Inferno Bizzarro” lo è a pieno titolo.

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