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The Necks – Travel

2023 - Northern Spy
free jazz / avanguardia / ambient

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Tracklist

1. Signal
2. Forming
3. Imprinting
4. Bloodstream


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Trentaquattro anni di carriera ed essere ancora così affamati di nuovi orizzonti creativi, mai domi, sempre alla ricerca, tramite pratiche improvvisative, di quello scintillio che dall udito porta dritto al cuore.

I The Necks sono australiani e questo loro diciannovesimo album è la prova che là fuori esistono ancora geni che, praticando nel sottosuolo musicale, quasi invisibili, si fanno beffa di tutto e tutti e puntualmente escono fuori con qualcosa che trascende la bellezza estetica ed emozionale.

Travel” è un lungo viaggio, quasi 80 minuti, dove sembra di cadere pian piano, per poi magicamente ritrovarsi a mezz’aria, fermi immobili, con il vento che ci sbatte contro, senza però spostarci di un millimetro: si parte infatti dalla prima Signal, giro di basso insistente, batteria puramente jazz, che si libra piano in giravolte emozionali meravigliosamente minimali, per poi sentirsi sostenere da un organetto si sottofondo, mentre le pelli incalzano (ma non troppo), andando a ingrossarsi fino a diventare un ipnotico rituale tribale da cui è difficile uscire.

Da qui in poi, dopo questi iniziali 20 minuti, con Forming le cose iniziano a sfaldarsi, inizia la caduta, la rarefazione prende pian piano piede, sempre minimale, sempre tutto elegantissimo, ma il vuoto sotto ai piedi si fa sentire. Stessa cosa, anche se più accentuato, per la successiva Imprinting, sorretta da un organo, viaggia con disinvoltura tra ambient, avanguardia jazz, minimalismo, senza annoiare nemmeno per un attimo nei suoi 17 minuti volatili e permeati da un tribalismo che ne eleva il contenuto emotivo.

Ancora si cade, fino al rombo dell’organo e della batteria che si ingrossa per poi tornare ad accarezzarsi, dell’ultima Bloodstream: qui si è fermi, come dicevamo, a mezz’aria, il minimalismo si tramuta quasi in massimalismo, 3 strumenti che sembrano 100, ciclicità che si fa via via più potente fino a sfiorire e spegnersi definitivamente.

Pensare che tutto, qui dentro, a parte qualche piccola sovraincisione qua e là, sia frutto di lunghe sessioni di improvvisazione in studio mette sgomento: il grado di affiatamento tra i tre è veramente ai massimi livelli, tralasciando la bravura delle singole parti, ma niente avrebbe potuto essere così senza quell’unione mentale ed emotiva che c’è ed è presente in ogni singola nota di questo lavoro.

Un lavoro sicuramente non facile, ma di una bellezza talmente abbagliante da elevarlo a capolavoro d’avanguardia brillantemente comunicativo.

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