Impatto Sonoro
Menu

Back In Time

“Amatoriale Italia” dei Luminal, il feroce iperrealismo della generazione Phazyo

Non ci siamo dimenticati dei Luminal. Avvalendosi della sola sezione ritmica, 10 anni fa diedero alle stampe un disco anomalo, nato senza genitori e rimasto senza eredi. Anticiparono la crisi dell’indie italico e l’esigenza di esternare il soffocante degrado sociale attraverso una comunicazione violenta e grottesca.

2015. Allo Sherwood Festival è un tranquillo giovedì di fine giugno. Una di quelle serate dove si lavora dietro il bancone di un bar senza impegno, chiacchierando con gli utenti e coi colleghi. È anche la serata del Second Stage, il palco più piccolo dove si esibiscono le band emergenti. Il gruppo della serata attacca verso le 22 e dopo un paio di pezzi condiziona l’atmosfera ambientale catturando l’attenzione di un po’ tutti, davanti e dietro al bancone. Persino il gestore del bar, il quale generalmente oscilla in una forbice d’ascolto che va da Nino d’Angelo a Clementino, non resta indifferente a quel sound aggressivo e catalizzante. Al terzo pezzo, decido che il bar può fare tranquillamente a meno di me e mi affaccio ad ascoltare.

Ciò che mi si para davanti al palco è una figura femminile dall’aspetto vampiresco, la quale racconta le aberrazioni di una certa Anna, che è “una donna inutile, perché non ha mai avuto il coraggio di mandare affanculo sua madre, come io ho fatto con lei!“: a questa frase ho un sussulto, e capisco di avere di fronte a me qualcosa di diverso dal solito. La sensazione è confermata dal resto del concerto, dove la band si lascia andare fisicamente il più possibile, cercando anche il contatto col pubblico in svariati modi, tra lo scontro e la partecipazione (invitando ad esempio un partecipante a suonare il basso su Lele Mora).

Erano i Luminal. Carlo Martinelli, Alessandra Perna e Alessandro Commisso, bass, drums & no future since 2012. A dirla tutta la band nasce nel 2005 e pubblica anche due dischi, prima che Carlo e Alessandra, rimasti da soli, si inventassero una via completamente nuova rinunciando alle chitarre. Per tenere in piedi la baracca serve però una batteria che copra tutto lo spazio con grande personalità (cosa che accade spesso nelle band più aggressive degli ultimi anni, vedi Idles), e a seguito di un annuncio trovano in Alessandro un irrinunciabile alleato, dotato di orecchio, buon gusto e completezza fuori dal comune. Soprattutto, in totale sintonia col progetto.

Ci siamo resi conto che le parole erano ciò su cui funzionavamo di più, volevamo capire come mettere al centro questa cosa. È stata Alessandra ad avere l’idea di togliere le chitarre per avere qualcosa di più essenziale. Alessandro era molto più giovane di noi, ci ha dato una “sveglia” sulle sonorità più nuove. Abbiamo lavorato in maniera collettiva, studiando le parti di basso, batteria e le linee vocali tutti e tre insieme

Carlo Martinelli

Arriva così alle stampe, il 3 maggio di dieci anni fa, “Amatoriale Italia“. Un disco di 15 pezzi che comincia con un manifesto programmatico dal titolo Donne (Du, du, du) , un lungo elenco di soubrette ed altre VIP d’Italia tra le quali il nostro attuale primo ministro sul quale Giovanni Truppi e altri/e ragazzacci/e si masturbano allegramente nel videoclip. Anche il secondo pezzo, Una casa in campagna, lascia poco spazio all’immaginazione e alla poetica per lasciare il proscenio alla narrazione della crudità sessuale senza fronzoli. I testi sono generalmente brutti, sciatti e a tratti anche volgari nelle strofe, salvo poi lanciare messaggi arguti ma al contempo spietati nei ritornelli. È questa l’idea di comunicazione iperrealista che hanno in testa i Luminal. 

Blues maiuscolo del maniaco su Facebook introduce a botte di Octaver il tema principale di questo disco: raccontare storie di vita senza lieto fine con protagonisti personaggi derelitti nei quali risulta plausibile identificarsi almeno parzialmente, se si ha un minimo di spirito autocritico. Dieci anni fa cominciavano a delinearsi i primi effetti negativi dei social sulla psicologia relazionale delle persone: oggi in molti abbiamo chiuso con quel rapporto asfittico di interazione con gli sconosciuti, ma siamo passati a cose anche peggiori, come scrollare compulsivamente su Instagram. Invertire la rotta con le buone maniere già allora era utopia, perciò i Luminal raccontarono quel contesto assurdo portandolo verso le più estreme conseguenze, oltre il limite del grottesco. Sarà un caso, ma è la stessa metodologia con la quale di lì a poco, sempre su Facebook, si sarebbe formato quel fenomeno culturale underground che corrisponde alla pagina di Phazyo, un’allegoria scabrosa e lovercraftiana della nostra realtà che finisce per delineare con una satira feroce e autentica come forse nessun’altra realtà letteraria al giorno d’oggi. La particolarità di Phazyo è l’essere diventato qualcosa di più di una semplice pagina di satira: una comunità, nella quale un ristretto gruppo di persone si identifica e comunica un disagio attraverso un linguaggio codificato. 

All’epoca questa comunicazione violenta contro le élite, reali o supposte, cominciava già a essere percepita come necessaria, perché improvvisamente non c’era modo di reagire a livello culturale se non passando dai loro stessi canali, facendo il loro stesso gioco. Un po’ come avveniva su Facebook, la nostra era una reazione scomposta verso un disagio sociale, embrionale e anche infantile, se vogliamo: ma se esagero, almeno esisto.

Carlo Martinelli

Stella era una ballerina e stava sempre giù, oltre ad avere nel titolo un chiaro omaggio agli Interpol, è forse l’apice della crudeltà nei confronti dei minus habens. C’è di tutto per farsi odiare, dalla discriminazione territoriale a pensieri vagamente lombrosiani («Va bene tutto, ma è un essere vivente in fondo anche lei…No! No! Rispose il biologo»). Da Carlo vs il giovane Hipster, tra le più orecchiabili, il tiro si sposta verso personaggi più vicini e familiari, i Luminal cominciano a toccare nervi scoperti e far incazzare chi dovrebbe sostenerli. 

Dio ha ancora molto in Serbia per me – Giovane Musicista italiano, vecchio italiano – C’è vita oltre Rockit, insistono tutti sulla crisi della musica indie: le inutili gelosie tra artisti,  il degrado qualitativo della proposta e dell’ascolto, l’influenza esagerata degli uffici stampa. Anche qui, i Luminal avevano individuato una tendenza al collasso che nei tempi moderni è ormai esplicita, con i musicisti emergenti che faticano sempre più a suonare dal vivo senza agganciarsi a un evento trainato dai pochi affermati. Memorabile fu la rosicata di Rockit all’epoca, che cadde in pieno nella provocazione pubblicando una recensione dai toni infantili e ostracizzando il gruppo sui suoi spazi online.

C’è vita Oltre Rockit è stato il pezzo da cui è partita l’idea di tutto il disco. Nella mia cerchia musicale percepivo questa ossessione di arrivare compiacendo alle redazioni, anche noi inizialmente non ne eravamo immuni. Ma non c’era niente di personale verso Rockit: era semplicemente la testata di riferimento per l’indie italiano all’epoca. Per il passo che avevamo fatto, non aveva senso restare sul vago, senza fare nomi e cognomi.

Carlo Martinelli

Canzone per Antonio Masa è una di quelle cover all’altezza dell’originale. I Luminal parteciparono all’ormai celeberrimo Il coraggio di essere suonati, doppio disco di omaggio ai Laghetto curato dalla nostra testata. Ignorando la provenienza, il pezzo risulta naturalmente in continuità col disco del trio romano, con i suoi toni dimessi e quell’ossessiva ripetizione: “Gente in cerca di qualcuno / Che la prenda per il culo” che dice tutto. È uno dei momenti più intensi del disco e anche dei loro live. C’è spazio a fine disco ancora per due momenti che colpiscono l’attenzione: Grande Madre Russia abbatte in un colpo solo machismo, incontri virtuali e nostalgie filosovietiche, L’Aquila Reale è l’ennesimo pugno nello stomaco, un racconto di Alessandra Perna dove s’incrociano solitudine e tossicodipendenza, forse la migliore prova di Alessandro Commisso il quale in due minuti di repentine accelerazioni e rallentamenti contribuisce a far vivere al massimo l’inquietudine del racconto.

I Luminal hanno fatto la fine di una qualsiasi start-up dalle belle speranze. Apprezzamenti sparsi (gli Afterhours li vollero per il tributo di Hai Paura del Buio?), belle pacche sulle spalle ma anche diffidenza, ostacoli (la SIAE fece pressioni per cambiare il titolo di Donne, du du du). Il seguito “Acqua azzurra, Totò Riina”, arrivato un po’ di corsa senza un vero stacco dal tour, eripetendo la formula di “Amatoriale Italia“,  pur avendo buoni episodi non ebbe lo stesso riscontro, mancando forse di effetto-sorpresa. Fuori dall’Italia, di lì a poco, avremmo visto gruppi di simile espressività guadagnarsi l’interesse mondiale; da noi I Luminal potevano essere solo un’esperienza logorante e autodistruttiva, un bolide in rotta di collisione col cerchio magico dell’Indie italiano. Si sciolsero ufficiosamente nel 2017 a seguito di dissapori interni.

Carlo ha continuato per conto suo da solista a livello cantautoriale, mentre Alessandra, parallelamente anche scrittrice (ha all’attivo 3 libri, raccolte di racconti brevi abbastanza in continuità coi pezzi dei Luminal), ha anche fatto uscire un paio di canzoni con lo pseudonimo di Etna, in chiave più elettronica, aiutata da Alessandro in veste di producer (sotto lo pseudonimo di Sire Raul). Alessandro che tutt’oggi fa rumore, ma in senso lato: le sue qualità non sono passate inosservate ed adesso calca palchi più grandi come turnista di Diodato.

Piaciuto l'articolo? Diffondi il verbo!

Articoli correlati