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Daft Punk – Random Access Memories (10th Anniversary edition)

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Che disco particolare “Random Access Memories”. A 10 anni di distanza possiamo dirci tutta la verità. All’epoca, il successo commerciale enorme, i premi vinti a mani basse, l’iconico brand dei Daft Punk, rendevano complicato parlare con sincerità del disco. Tanto per iniziare, non siamo in presenza del miglior disco dei Daft Punk. Siamo però in presenza del disco che potrebbe contenere i migliori single. Ma preso tutto insieme, ascoltato di seguito nelle sue 13 tracce originarie, siamo di fronte a un’opera fatta di enormi alti e bassi, di picchi e crolli. 

Inizia bene, molto bene, con Give Life Back To Music. Eccellente traccia danzereccia che s’innesta bene nella migliore tradizione daftpunkiana. Regge botta The Game Of Love: rallenta il ritmo, si rarefà l’atmosfera ma l’attenzione rimane alta. Poi attacca Giorgio By Moroder, omaggio dei robot al grande italico produttore e musicista. Beh, avrebbero fatto meglio a farci un docufilm. 8 minuti 8 di una roba che sembra musica per navicelle spaziali con testo che scorre: ma perché? Within parte con una bella melodia classicheggiante suonata al pianoforte. L’idea viene sviluppata nei minuti successivi alla maniera robotica dei Daft e ci sta: l’armonia è originale, la melodia cattura, l’arrangiamento ammalia. Instant Crush alza ancora l’asticella, ravviva il ritmo e inizia a introdurre, tramite Julian Casablancas, una maggiore componente umana nel sound dei robot. Brano squisito.

Pur tuttavia, nulla, nulla al mondo, potrebbe prepararci all’arrivo del più grande brano della storia della musica dance. Lose Yourself To Dance comincia con una cassa in 4 e dopo pochi secondi arriva lui, Nile Rodgers. L’unico chitarrista al mondo che quando entra lui non ti fa ascoltare la chitarra, ma ti fa “perdere te stesso nel ballo”. Come se la chitarra non fosse uno strumento in sé, ma solo un mezzo per farti ballare. Con lui, il pezzo diventa un funk e Pharrell Williams rende il concetto ancor più chiaro con il suo falsetto sincopato. Sono quasi 6 minuti di meraviglia, tra stop-and-go, handclapping, coretti robotici. “Everybody on the floor” è la chiamata e, beh, la prossima volta che dò una festa con un DJ, l’ordine semplice e chiaro sarà: fai suonare Lose Yourself To Dance di continuo. 

Ci si è appena ripresi dalla prova che comincia Touch: altri 8 minuti 8 di cui potevamo fare a meno. Non ho molto da dire al riguardo: lungo e faticoso, con pochi spunti interessanti. Dopodiché eccola qui, la hit che ha sfondato le classifiche di quel 2013, il secondo più grande brano della storia della musica dance: Get Lucky. Di nuovo attacca la cassa in 4, sostenuta da un grande bassista come Nathan East e il solito Nile Rodgers entra e avvolge il tutto con la sua magia ritmica. Appena un’anticchia sotto Lose Yourself to Dance. Poi però Pharrell Williams attacca a cantare e capisci perché la hit è stata Get Lucky: difficile immaginare una roba più catchy di questa. Il ritmo non sarà al livello (spaventoso) di irresistibile dell’altra, ma questa traccia si canta da sola a squarciagola mentre sei in pista. 

(c) David Black

Ecco che abbiamo fatto 8 tracce su 13 e, beh, la verità è che da qui si casca giù. Beyond e Motherboard mi sembrano due tentativi, molto ben confezionati ci mancherebbe, di conciliare i Daft mainstream con i Daft intellettuali: il risultato è freddo. Fragments of Time ravviva per qualche minuto la nostra attenzione: è R&B senza grosse sorprese, per carità, non all’altezza delle altre due tracce con Williams. Ma scorre bene, fa sentire figo chi ascolta e immagini di stare in un posto figo con gente figa.

Doin’ It Right è una specie di inno per robot e coro. Una cosa neo-prog che  paiono gli Yes degli anni ‘80: anche boh. Se sapete di che parlo, sapete anche che non ne sentivamo il bisogno. Contact invece è proprio prog anni ’70, dalle parti di Mick Oldfield. Già meglio. C’è tutto: c’è la trasmissione radio dell’astronauta con la base, c’è l’epica ouverture ai sintetizzatori, c’è il talentuoso batterista (nientepopodimeno che Omar Hakim) che suona per cazzi suoi; che si ferma per dare spazio all’orchestra di synth e che poi riparte, mentre sul megaschermo scorrono immagini di viaggi intergalattici oltre la velocità della luce e il pubblico è tutto in piedi ad applaudire con la pelle d’oca. 

Ecco qui, vi ho raccontato il mio “Random Access Memories“. Ma a voi frega il giusto perché stiamo recensendo la ristampa. Dunque forse aspettavate di sapere quali ne sono i bonus. In due parole? Nulla che giustifichi la spesa. Dopo 10 anni solamente, non c’è certo un remix o un remaster, anche perché mi pare che gli originali andassero benissimo e ci vorranno molti decenni perché suonino invecchiati. I master qui pubblicati delle 13 tracce originali, dunque, sono sempre gli stessi. Ci sono poi 9 tracce aggiuntive: scarti, robe mai portate a termine, outtakes, test. Ho difficoltà a segnalarvi qualcosa di davvero meritevole. Sarà anche un problema mio. Ma ho difficoltà a capire cosa gliene possa fregare ai fan di The Writing Of Fragments Of Time. Dove, per 8 minuti 8 (sempre quelli, guarda te), ti senti Pharrell Williams provare e riprovare la voce sulla base strumentale, con gli altri che commentano. 

In questi casi cosa dicono i critici? “Solo per completisti”. Sono curioso di sapere se esistano davvero questi completisti, immagino di sì, altrimenti l’etichetta non avrebbe fatto lo sforzo di pubblicare questa edizione se non gliela comprava nessuno. Ah dimenticavo: ci sono pure dei poster. 

Ricapitolando: sono 10 anni per “Random Access Memories“. Il disco è già una leggenda, un “classico”. Di quelli di cui è difficile parlare dei difetti, che pur ce ne sono e pure evidenti. Momenti deboli, in mezzo ad altri che fanno letteralmente perdere la testa nella loro perfezione. Questa ri-edizione non aggiunge e non toglie nulla alla leggenda. Superflua. 

1. Give Life Back To Music
2. The Game Of Love
3. Giorgio By Moroder
4. Within
5. Instant Crush
6. Lose Yourself To Dance
7. Touch
8. Get Lucky
9. Beyond
10. Motherboard
11. Fragments Of Time
12. Doin’ It Right
13. Contact
14. Horizon (Japan CD)
15. GLBTM (Studio Outtakes)
16. Infinity Repeating (2013 Demo)
17. GL (Early Take)
18. Prime (2012 Unfinished)
19. LYTD (Vocoder Tests)
20. The Writing Of Fragments Of Time
21. Touch (2021 Epilogue)

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