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bar italia – Tracey Denim

2023 - Matador
indie pop / post punk

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Tracklist

1. guard
2. Nurse!
3. punkt
4. my kiss era
5. F.O.B.
6. Missus Morality
7. yes i have eaten so many lemons yes i am so bitte
8. changer
9. Horsey Girl Rider
10. NOCD
11. best in show
12. Clark
13. harpee
14. Friends
15. maddington


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Londra come patria incontestabile della musica. Se non la prima, tra le prime in assoluto. Anche se nel trio dei bar italia, scritto rigorosamente in minuscolo, c’è anche un po’ d’Italia. Il gioco di parole e nazionalità sarà stato scelto a caso? Chi lo sa. C’è chi dice che il nome della band sia un omaggio ad un pezzo dei Pulp del 1995, ma che sia vero o meno poco importa.

Il trio resta avvolto nel mistero. Non ha una pagina Facebook ed ha poco a che fare con la promozione social e non. Sappiamo che è composto da Nina Cristante (ecco qui l’italianità), Jezmi Tarik Fehmi e Sam Fenton. Tutti e tre avevano già progetti musicali attivi prima di dare vita ai bar italia, band nata nel 2020, lo stesso anno della pandemia e quello in cui esce il loro primo album “Quarrel”, che dura appena 14 minuti. L’anno successivo esce il secondo lavoro in studio dal titolo “bedhead”, che di minuti ne dura 21. In entrambi i dischi i brani sono molto corti, diretti, dai titoli a volte anche stravaganti e viaggiano tra indie, pop e rock sperimentale, ma è con il terzo album “Tracey Denim” che il trio si conferma come una delle realtà più innovative uscite dagli UK negli ultimi tre anni, una di quelle che non scende a compromessi. Firmano con la Matador Records (Algiers, King Krule, Kim Gordon, Queens Of The Stone Age…credo possa bastare) e iniziano a muovere passi verso un pubblico sempre più vasto ma ben selezionato.

L’album ha la durata di ben 40 minuti ed è questa la differenza iniziale che risalta ai miei occhi. 15 tracce che compongono un mosaico di parole e di suoni malinconici e spumeggianti allo stesso tempo. L’evoluzione della band è ben evidente. Cavalchiamo onde ben più sperimentali rispetto agli esordi: nell’aria un post-punk più marcato, atmosfere shoegaze e dream-pop che regalano attimi nostalgici e surreali, sorprese che abbracciano i Sonic Youth e tutta quell’ampia e straordinaria scena alternativa degli anni Novanta, oltre che i creatori spirituali Slowdive e My Bloody Valentine (…e c’è bisogno di dirlo?) che ispirano molte delle tracce presenti.

Il primo singolo estratto Nurse!, al secondo posto nell’ordine della tracklist, è una vera e propria ballad alternativa che in un magico loop rimane incastrata in testa con un magnetico crescendo verso il finale che in realtà vero finale non è. Stessa formula, con un risultato altrettanto -oserei dire- esoterico, si può dire del secondo singolo estratto punkt, che è davvero uno dei brani più punk dell’album. Ennesimo gioco di parole della band. L’abbiamo ormai capito. Le tre voci della band si alternano ed amalgamano in un riff ripetitivamente dark, che anche qui cresce sulle parole finali di Nina ma stavolta s’interrompe senza addolcirsi (come invece era stato fatto nella precedente traccia) e questa è una tipica formula utilizzata anche nei precedenti album della band. Tracce senza fine. Senza risposte. Torna lo schema della ballad in my kiss era, brano super lo-fi come la maggior parte della produzione, e nella malinconica Missus Morality che è anche la traccia più lunga dell’intera discografia dei bar italia.

Ci avviciniamo a metà strada con un piccolo omaggio a sonorità grunge ma più soft in yes i have eaten so many lemons yes i am so bitte e col terzo singolo estratto changer, in cui ci addentriamo da capo a piedi nel rarefatto mondo dei già citati Slowdive, la cui presenza è come un’ombra costante. Entriamo in una seconda parte fatta di ritmi più cupi e onirici con Horsey Girl Rider ma anche di attimi che fanno venire voglia di ballare da soli su una pista e cantare quasi a gran voce come in Clark, traccia dominata da un ossessivo riff di basso che tiene testa fino all’ultimo secondo. L’album si chiude con la suggestiva maddington che sembra voler regalare una luce di speranza, sulle note di violino che accompagnano la voce di Nina ma che anche qui, s’interrompe senza dare soluzioni.

Perché forse, la soluzione è diversa in ognuno di noi. E il modo in cui percepiamo questo album, che è un disco allegro, cupo, gioioso, malinconico, bianco e nero, forte e fragile, può donarci quel tocco di sensibilità che, troppo spesso, viene a mancare nelle nostre vite.  

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