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Mandy, Indiana – i’ve seen a way

2023 - Fire Talk
experimental noise

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Tracklist

1. Love Theme (4K VHS)
2. Drag [Crashed]
3. Pinking Shears
4. Injury Detail
5. Mosaick
6. The Driving Rain (18)
7. 2 Stripe
8. Iron Maiden
9. Peach Fuzz
10. (?>?<)? :??:*:??’?,??:*:???’? (Crystal Aura Redux)
11. Sensitivity Training


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Se qualcuno mi avesse fatto ascoltare “i’ve seen a way” a scatola chiusa senza sapere chi i Mandy, Indiana fossero, non avrei mai creduto che questo fosse un album d’esordio. Tuttora stento a crederci. Più lo ascolto, più ritengo che non sia possibile. Dev’esserci qualche strana magia dietro, qualche rito che non ci è dato conoscere, ma che potremmo esplorare e scoprire nel corso dei 37 minuti che ricoprono la durata del disco. E vi assicuro che allo scadere dei 37 minuti, sarete pronti a riprendere da capo la strana esperienza appena vissuta.

Cominciamo col dire che i Mandy, Indiana provengono dalle strade di Manchester e sono composti dalla parigina Valentine Caulfiled, voce del gruppo, Scott Fair alla chitarra e all’effettistica, Simon Catling ai synth e Alex Macdougall alla batteria. Con il primo EP dal titolo (esattamente) “…EP”, uscito a novembre 2021, guadagnano le attenzioni della scena che ruota attorno a loro e dividono il palco con Idles, Squid e Gilla Band. E proprio con questi ultimi c’è un particolare nesso. Infatti Daniel Fox, bassista dei Gilla Band, cura il mix di “I’ve seen a way”, e visto che ormai ci ha abituati troppo bene, le aspettative non tradiscono la realtà, anzi, in certi punti è la realtà stessa a superare le aspettative.

Registrato tra grotte, cripte e centri commerciali, è un esordio che lascia il fiato sospeso in ogni suono e in ogni parola, anche quando suoni e parole sono messi lì alla rinfusa, in modo quasi incomprensibile. In alcuni momenti sembra di essere all’interno di un film o videogame cyberpunk. Prendiamo brani come The Driving Rain (18) o l’intro senza voce Love Theme (4K VHS), che apre il varco verso la realtà parallela a cui andremo incontro, ma che negli istanti finali cambia registro e siamo costretti a controllare che non sia partita la successiva traccia che effettivamente no, non è ancora iniziata. L’intero disco viaggia su atmosfere tutte sperimentali e industrial, in cui non c’è linearità ma pura esplorazione di spazi, rumori, muri di suono, tonalità calde, ritmi incalzanti e duri. E ce lo anticipava già il primo singolo Injury Detail, accompagnato da un video psichedelico a tinte vaporwave. Nel secondo singolo Pinking Shears Valentine ci dice, nel suo ipnotizzante francese, che “non voglio più svegliarmi, quando lasciamo che gli esseri umani muoiano nel Mar Mediterraneo”, il tutto accompagnato da percussioni che fanno da protagoniste e distorsioni che successivamente entrano ad alimentare la caotica rabbia nei confronti del potere.

Ci sono tracce harsh noise e rumoriste, come nei 58 secondi di Mosaick e pezzi dominati da una techno che pulsa nelle vene come nel singolo Peach Fuzz. La mia traccia preferita (ed è stato un compito difficile sceglierla) arriva poco dopo metà album ed è la più lunga. In questo brano, dal titolo 2 Stripe, le regole della moralità vengono prese, mescolate, ribaltate, ricomposte e scomposte nuovamente, in un susseguirsi di atmosfere horror e apocalittiche che contribuiscono a dare l’ennesima nuova veste allo spoken word della cantante che con avanzare magnetico ci porta oltre i confini del consentito. Una cosa simile la riproduce anche l’ultimo singolo estratto Drag [Crashed], chela stessa Valentine afferma essere una collezione di tutte le orribili cose che le sono state dette nel corso degli anni in quanto donna e tutti i demoni che vi sono all’interno, riflessi anche nel videoclip stesso. L’album si conclude con un’epica e trionfale Sensitivity Training, una rivoluzionaria marcia verso il cambiamento e verso il futuro.

Un futuro in cui i Mandy, Indiana hanno un posto assicurato. Speriamo di vederli presto in Italia. 

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