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Retrospettive

Viaggiano i viandanti, viaggiano i perdenti, più adatti ai mutamenti: Giovanni Lindo Ferretti, un equivoco

Leggevo con un po’ di sconforto i commenti relativi ad un’ipotetica reunion dei CCCP in vista del quarantennale che cadrà nel 2024 – per ora si sa che ad ottobre a Reggio Emilia aprirà i battenti una mostra fotografica, si terrà un evento speciale e che verrà inoltre realizzato un film dedicato alla band. Il tenore è invero lo stesso che ormai da diversi anni contraddistingue tutte le reazioni ad articoli, notizie o interviste che vedono coinvolto Giovanni Lindo Ferretti, al quale evidentemente nessuno ha perdonato la supposta parabola conservatrice e reazionaria, cristallizzata in questa ormai celeberrima foto che lo ritrae in compagnia di Giorgia Meloni. Apriti cielo.

All’artista emiliano, fautore dell’avventura più significativa del punk italiano, non viene sostanzialmente condonata quella evoluzione del pensiero che molti hanno bollato come un tradimento culturale, un voltafaccia agli ideali che riteniamo i più nostri, un rinnegare la fedeltà a una linea che non c’è mai stata. Nessuno sembra comprendere però, ed è uno dei più grossi equivoci della musica italiana tutta, che il pensiero del Ferretti odierno non è così dissimile da quello del Ferretti degli anni Ottanta, anzi ne è uno sfocio più lineare e atteso di quanto sembri.

La produzione dei CCCP prima, dei CSI poi e dei PGR infine è accomunata dal diniego per la modernità, dal rifiuto per un mondo che fluidificava sotto i colpi della tecnologia e del progresso, nel segno di un estremo individualismo a cui Ferretti, cresciuto in un ambiente sinceramente cattolico, comunitario e per questo anche soffocante e opprimente, cercava antidoti e vie di fuga. 

Verranno al contrattacco
con elmi ed armi nuove
verranno al contrattacco
ma intanto adesso curami

C.C.C.P. – Curami

Fottiti tecnica! Vaffanculo impianto, comincia la festa
si suona, s’amoreggia stanotte
si canta, si balla e si rimpalla

P.G.R. – Alla Pietra

La risposta, almeno nei primi frangenti di questa sua irripetibile avventura umana e artistica, è il punk, ma non quel punk che rifiutava tutto e tutti, che si opponeva a qualsiasi tipologia di ordine sociale imposto e che mirava a rovesciare lo status quo. Tutt’altro. Ferretti, e con lui i suoi compagni di viaggio, è attratto dal mondo sovietico, dal suo rigore e dal suo acciaio, non tanto per reali affinità politiche, ma perché non vede semplicemente mondi di mezzo: o la decadenza occidentale, terreno fertile per egoismi e ingiustizie, o l’integrità sovietica, patria, almeno ai suoi occhi, di comunitarismo e solidarietà.

Da qui la fascinazione per il Muro, estrema rappresentazione plastica, cementata per la verità, della separazione tra i due mondi, al di qua quello in cui Ferretti vive e che non riconosce più come suo, al di là quello in cui vorrebbe vivere, o almeno in cui crede di vorrebbe vivere. In questo senso, il filosovietismo è puramente strumentale al raggiungimento del suo ideale societario, non è un’adesione pura, sincera e politica. A colpirlo non era quindi l’irrisolvibile ideale socialista, erano la burocrazia, l’apparato, il peso abnorme ma rassicurante di regole e legacci che imbrigliavano le esistenze ma ne davano ai suoi occhi un senso.

Se l’obbedienza è dignità fortezza
La libertà una forma di disciplina
Assomiglia all’ingenuità la saggezza

C.C.C.P. – Depressione Caspica

Qua e di là dal muro l’Europa persa e in trance
In Alexander-Platz come in piazza del Duomo
Europa persa in trance ultimamente
I miei amici anche, i miei amici anche
Sotto la N.A.T.O. e il patto di Varsavia
Provate a rifugiarvi sotto il Patto di Varsavia
Con un piano quinquennale, la stabilità

C.C.C.P. – Live In Pankow

D’altronde l’infatuazione per Ferretti non si limita solo a ciò che succede al di là della cortina di ferro, ma si rivolge anche al mondo islamico: il Punk Islam è fervore culturale e sacralità, fede e comunità di intenti, e tutto ciò Ferretti lo riscontra negli stati arabi che si contrappongono allo stile di vita occidentale, persosi a volteggiare incontrollato nei vortici distorti del progresso.

A Istanbul sono a casa
Ho un passato e un futuro
Ho un presente che è Dio
E fa la cameriera

C.C.C.P. – Punk Islam

Insomma, quello che è altro rispetto all’Occidente per GLF è fonte di ispirazione dirompente e sorgente di fascino incontrollato. Non è dunque un caso che tematiche e suoni legati al mondo islamico ritornino di frequente nelle produzioni di tutte le sue creature artistiche, al pari del mondo soviet e di una furente iconografia cattolica, tutto fuso insieme in una sorta di nuovo continente del pensiero, che nei fatti è e resterà pura utopia, nel concreto quella Eurasia che è poi rappresentata visivamente nel retro di copertina di “Socialismo e Barbarie”.

Ed è proprio l’elemento religioso un altro dei capisaldi della produzione ferrettiana, lui, nato e cresciuto in una famiglia e in una comunità ferventemente cattolica, con le preghiere che, pur se rinnegate, gli si sono inculcate dentro e spuntavano fuori come rigagnoli sottili che ingrossavano torrenti scroscianti di punk e nichilismo. Non era solo l’aria da sacerdote, quel tono metallico da santone: nelle canzoni dei CCCP, sotto una coltre fitta di ribellione, si annidava un substrato di tradizione che lo stesso Ferretti faticava a nascondere, pur vestendola con gli abiti dell’ironia e della dissacrazione, la stessa con cui per l’altro trattava, fin dal nome scelto per la sua prima band, anche l’ingenua adesione della sua gente ai dettami semplicistici del socialismo emiliano.

Insomma, quei germi reazionari e conservatori che tanto fanno indignare oggi non sono mai stati estranei al pensiero di Ferretti, semmai giacevano sonnolenti, facevano capolino qua e là, dando l’idea di poter prendere il sopravvento da un momento all’altro. Ed è andata esattamente così. 

Cerco le qualità che non rendono
in questa razza umana
che adora gli orologi
e non conosce il tempo
cerco le qualità che non valgono
in questa età di mezzo

C.C.C.P. – Svegliami

E’ stato un tempo il mondo giovane e forte
odorante di sangue fertile
Famiglie donne incinte, sfregamenti
facce gambe pance braccia

C.S.I. – Del Mondo

Non so quando ho ricominciato a pregare. L’ho fatto così, perché mi s’allargava il cuore e che altro potevo fare?”, racconta lo stesso artista emiliano nel suo ultimo libro “Óra. Difendi Conserva Prega” che, se avrete l’impegno di affrontare con il giusto spirito critico, vi aprirà gli occhi su quanto di sbagliato c’è nella nostra comprensione di Ferretti.

Quando prego poi sto bene, comunque meglio. Se non prego è comunque peggio, ma ve l’ho già detto: sono stupido, debole, non aspettatevi granché ne rimarrete delusi.

Pensavamo fosse vessillo del profano e ce lo siamo ritrovati cantore del sacro, ma forse abbiamo sbagliato noi fin dal principio ad investirlo di un ruolo e di un’aura che non aveva e che in fondo non ha mai richiesto. 

E l’errore più grande nell’interpretare la parabola umana e artistica di Giovanni Lindo Ferretti è proprio cercare di affibbiargli una connotazione politica: a guidarne le azioni, a dirigerne il pensiero non è mai stata l’ideologia in senso lato, ma piuttosto il misticismo, la ricerca di stabilità, in poche parole la fede. Certo, nelle sue diverse fasi della vita tutto ciò si è materializzato in un’apparente adesione a strutture di pensiero concretamente militanti che l’hanno vestito con l’abito ingombrante dell’ideologia, ingannandosi e ingannandoci.

Io queste cose le so da sempre, siete voi che vi fate distrarre dal buco nero dei suoi occhi

Giorgio Canali

Resta, ancora oggi, all’alba dei 70 anni, la potenza di un personaggio complesso, sfaccettato, contraddittorio e inimitabile, universalmente riconosciuto come uno degli interpreti più influenti e rivoluzionari del panorama musicale italiano, che ha di fatto attraversato 30 anni e più di rock italiano, tenendolo per mano, deviando spesso la rotta, a volte sbandando, ma comunque nel segno di un percorso sincero e onesto il cui punto di arrivo, forse mai raggiunto, è la propria pace interiore.

E questo suo mutare, e così facendo sconvolgendo e indignando i più, non è altro che un adattare l’esistenza al suo rispettabile e personalissimo scopo.

Non fare di me un idolo mi brucerò,
se divento un megafono m’incepperò,
cosa fare non fare non lo so,
quando dove perché riguarda solo me

C.S.I. – A tratti

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