1. Sequitur
2. NSAIDs
3. Sunlight
4. Dose
5. Fire in Black & White
6. On-Off (Part 2)
7. Circular Saw
8. Symbios
9. Dreamlessnessless
10. Glare
11. LLC
I Loma Prieta prendono il nome dal terremoto di San Francisco del 1989. Sono californiani, sono sempre giovani. Sono sempre al limite. Né hardcore, né hardcore tamarro. Né vecchia scuola, ma nemmeno screamo. Sono adorati, sono conosciuti. E se lo meritano. Entrarono nelle nostre case e nei nostri ascolti a titolo definitivo nel 2013, quando uscì per Deathwish (Bannon, Converge, Boston, si sa) uno split sette pollici coi Raein che ci scosse tutti, soprattutto perché conteneva il pezzo più bello, a mio parere, scritto dai romagnoli, Love and Death. Finito qui? No.
I Loma Prieta, dopo dodici anni di attività e sempre per Deathwish, sono arrivati in questi giorni al loro nuovo disco, il sesto, che intitolano “Last” e che, a dir la verità, non si discosta molto da quanto ci abbiano fatto ascoltare durante la loro intera carriera.
Perché sì, insomma, sono bravi, inutile negarlo. Ma negli ultimi anni i kids vorrebbero di più, soprattutto quelli meno abituati a questi suoni, compatti e ruvidi. Vorrebbero rimanere di stucco, vorrebbero divertirsi. Iniziando a parlare del disco, con Circular Saw , ci accorgiamo che sia troppo immaginifica, invece, e troppo incentrata sull’arpeggio iniziale, un po’ Yaphet Kotto e un po’ Unbroken. Come decisamente autoreferenziale è, per esempio, Dreamlessnessless, straniante e spettacolare, ma incapace, secondo me, di comunicare un sentimento di pienezza all’ascoltatore. Anche Sunlight, uscita come singolo l’anno scorso, utilizza un modernissimo caos hardcore come mezzo per caratterizzare rabbia e frustrazioni, com’è giusto che sia, ma il tutto, nel complesso, risulta troppo schiacciante. Abbiamo poi un’intro strumentale seguita però da una canzone, NSAIDs, ai margini del math-core, in cui spiccano tastiere ed effetti, più che punk-hardcore. Ed è così per tutto l’album, se consideriamo per esempio la lunghissima ( troppo ) Dose, strillata à la Hope Conspiracy quanto basta ma senza un vero punto di svolta, durante i due minuti e passa di durata.
È fuori dubbio che stiamo parlando di un disco scritto da una grande band, senza la quale decine di altri gruppi, ora sulla cresta dell’onda, non avrebbero mai iniziato a suonare, se si considerano attitudine, espressività e coerenza. Per me, però, “Last” è un “no” clamoroso, proprio considerando la carriera dei Loma Prieta. Parliamone.