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Louise Post – Sleepwalker

2023 - El Camino Media
alternative rock

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Tracklist

1. Queen of the Pirates
2. Guilty
3. What About
4. All Messed Up
5. Killer
6. Hollywood Hills
7. Secrets
8. All These Years
9. Don’t Give Up
10. God I Know
11. The Way We Live


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A Louise Post dobbiamo essenzialmente due cose: i Veruca Salt, una delle tante rock band che andavano negli anni ’90 (invero, un po’ dimenticate), dalla caratteristica insolita di avere due front-woman chitarra e voce (l’altra è Nina Gordon), e l’essere stata la musa ispiratrice di Everlong, da compagna di Dave Grohl nella seconda parte degli anni ’90. Dopodiché, l’epopea dei Veruca Salt ha vissuto alterne fortune con la sola Post rimasta nel gruppo fino alla reunion del 2013; e ora che la band è tornata alla formazione originaria, dopo oltre 30 anni di carriera, Post decide di dare alle stampe il suo primo disco solista, “Sleepwalker“.

Quando si è passati oltre i cinquanta da un bel pezzo, il problema nel fare rock esattamente con lo stesso mood della giovinezza è sempre lo stesso: risultare credibili, piuttosto che ridicoli. E col cumularsi degli anni di solito l’impresa diventa sempre più ardua, a meno che non ti chiami Iggy Pop, o Giorgio Canali. Per Louise Post le difficoltà emergono nei più di quaranta minuti di disco, prodotti da Matt Drenik (Battleme), altro alfiere della El Camino Media. Ci sono buoni, anche ottimi momenti alternati a carenze di creatività. L’iniziale Queen of the Pirates, accattivante nei riff e nell’incedere, promette bene, ma subito si passa al singolo di lancio, Guilty, e non si può che far cascare le braccia di fronte a un basso così smaccatamente preso in prestito ai Pixies. La chitarra classica sostiene molto bene il crescendo di What About, ma poi si sprofonda nello pseudo-pop di All Messed Up che nullifica quanto fatto di buono nel pezzo precedente. Tutto il disco va avanti così, tra qualche buona trovata in sala di incisione (All These Years) ed episodi che invece scadono nella banalità.

In generale, quello che fa subito perdere di credibilità alla prima debolezza sonora sono i testi, la volontà di apparire ancora ribelli, ma come si era ribelli negli anni ’90,  esattamente con gli stessi passaggi e gli stessi cliché. Prima si è citato Iggy Pop: il segreto di Iggy, e di tutti gli altri che giunti alla terza età riescono a fare rock ancora convincente, è l’essere rimasti giovani nella testa (e quindi saper ragionare come un giovane, magari non proprio del 2020, ma comunque giovane), piuttosto che cercare di apparire giovani. È sottile, ma anche nella musica fa la differenza.

In “Sleepwalker“, Louise Post risulta più convincente quando cerca di esprimersi con maturità, ma non lo fa con la necessaria frequenza.

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