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Retrospettive

Blur: i veri re del brit-pop?

Ci troviamo nella Colchester del 1988, nella contea dell’Essex in Inghilterra. Quattro ragazzi decidono di mettere su una rock band, i Blur, che nel tempo diverrà una delle punte di diamante del Britpop. Inizialmente però le cose non andavano proprio benissimo: attriti e visioni musicali diverse scatenarono scontri ideologici che resero il lavoro particolarmente ostico.

Fu solo con l’avvento del produttore Stephen Street (The Smiths, Cranberries) che il gruppo spiccò il volo e cominciò il lungo e tortuoso cammino verso la fama mondiale. Il primo singolo pubblicato dalla band è She’s so High che uscì nell’ottobre del 1990 e che in pochi giorni entrò nella top 50 della Official Singles Chart, la classifica di vendita dei singoli del Regno Unito. Dopo il successo raggiunto, Damon Albarn e compagni pubblicano “Leisure“, il loro primo vero album. Il disco conteneva tra le altre There’s No Other Way, traccia che col tempo diventò un vero e proprio cavallo di battaglia del gruppo.

È però con “Parklife, uscito nel 1994, che la band compie il salto definitivo. L’album era una profonda rivalutazione dello stile Mod, tanto che nel brano che dà il titolo al disco si sente la voce di Phil Daniels, attore protagonista dello storico film Quadrophenia. La hit Girls & Boys e la title track Parklife scalarono le vette delle classifiche di vendita ed entrano di diritto nella storia dell’indie inglese. Da quel momento in poi i Blur cominciarono a sfornare un disco dopo l’altro, macinando successi, anche se è noto il loro tentativo, parzialmente fallito, di sfondare anche in America dove, negli anni d’oro, sembra non siano stati apprezzati granché. In Inghilterra, invece, iniziò un vero e proprio movimento musicale che vide miriadi di band, cantanti e progetti tentare di cavalcare il successo che stava avendo il Britpop in tutta Europa in quel momento storico.

Nel settembre del 1995, con l’uscita di “The Great Escape, inizia un’altra pagina storica del percorso della band, la rivalità con gli Oasis, che inaugurò la celeberrima “battle of Britpop”. Sulla falsa riga della storica competizione avvenuta negli anni ‘60 tra i Beatles e i Rolling Stones, le due band iniziarono una vera e propria battaglia mediatica a colpi di frecciatine, prese in giro e coglionate varie. I fratelli Gallagher vinsero in quanto a vendite di dischi, celebre infatti il successo di “(What’s the Story) Morning Glory?” che vendette milioni di copie in patria. Dall’altra parte i Blur trionfarono in quanto a singoli, con Country House che conquistò le classifiche, superando il singolo degli Oasis Roll with it.

Insomma, alla fine dalla guerra musicale e mediatica nessuna delle due parti né uscì vincitrice. Il pubblico però, grazie a questo scontro, ne guadagnò in quanto a godimento musicale, visto che, e si può affermare con certezza, la sfida ha spronato le due parti a sfornare musica di qualità proprio per tentare di primeggiare e alla fine della fiera tutti noi ci siamo ritrovati con dischi e canzoni che resteranno per sempre vere e proprie pietre miliari.

Dopo questa sovraesposizione mediatica, i Blur decisero di prendersi una pausa concedendosi un anno sabbatico in Islanda. È proprio in questo periodo che il sound della band inizia a mutare e viene influenzato da sonorità decisamente più cupe e oscure distaccandosi sempre di più dal disimpegno degli esordi. Come non citare Song 2, canzone a dir poco energica che chiamare hit è un eufemismo, o Beetlebum con i suoi diversi riferimenti alle droghe. Insomma, dopo questi grandiosi singoli esce il quinto disco omonimo del gruppo: “Blur“. Inutile dire quanto questo lavoro sia stato un successo, questa volta, finalmente, anche in America.

In seguito, vi fu la pubblicazione di un altro disco che condivideva le sonorità rabbiose dell’album precedente: “13“. Il produttore del nuovo lavoro della band era William Orbit, ma il risultato fu lo stesso, sia dal punto di vista delle vendite che della critica. Dopo quest’ultima uscita la band decise di fermarsi per ben quattro anni, anche a causa di diverbi nati tra il frontman e il chitarrista Graham Coxon, con quest’ultimo che abbandonò la formazione. Proprio in questo periodo, in cui comunque i Blur danno alle stampe l’inaspettato “Think Tank“, un unicum nella discografia dei Blur quanto ad atmosfere e sonorità, Damon Albarn e Jamie Hewlett danno vita alla band cartoon Gorillaz, che godrà di un successo spropositato nel corso del tempo, grazie a singoli come Clint Eastwood  e ad album come “Demon Days“.

Nel 2008 ci fu la tanto attesa reunion dei Blur, dopo che Albarn e Coxon ebbero ristabilito buoni rapporti: fu celebrata con una doppia data all’Hyde Park di Londra il 2 e 3 luglio del 2009. A seguito di queste date vennero ripubblicati i precedenti album con l’inserimento di brani eseguiti dal vivo che arricchivano l’offerta.  Nel 2015 viene pubblicato un nuovo album, “The Magic Whip, che divenne il sesto album consecutivo della band ad arrivare in vetta della classifica britannica degli album più venduti. L’uscita del disco venne accompagnata da un documentario che seguì la band durante le registrazioni in studio: New World Towers.

Il 18 maggio del 2023, come anticipato dal singolo The Narcissist, la band ha annunciato la pubblicazione del nono album in studio, “The Ballad of Darren. In attesa di gustarci questo nuovo lavoro, dunque, tirando le fila del discorso, possiamo affermare che i Blur, tra alti e bassi, rappresentano una delle vette più alte raggiunte dalla musica inglese degli anni ’90 e non solo. Forti della genialità e dello sconfinato estro creativo del leader Damon Albarn e della solidità musicale messa in piedi dal resto del gruppo, i nostri sono sempre riusciti a fare della resilienza la loro qualità maggiore, regalandoci alcuni dei dischi più importanti della musica popolare contemporanea.

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