1. Luna
2. 5 of Fire
3. For All Future Time
4. Evolution of a Man
5. Paloma’s Blessing
6. Wings of Mariposa
7. Diablito
8. Diablito II
9. No Stars to Guide Me
10. Feeding the Soil
11. La ultima nota
Will Haven, metalcore dal 1995, con base a Sacramento, CA. E subito pensi: Deftones. Senza peccare di presunzione, in questo caso: i Will Haven sono un po’ figliocci di Chino Moreno e soci, i quali hanno creduto in loro e li hanno fatti conoscere portandoli spesso in tournée con loro, anche in Europa. Al netto di una pausa a inizio 2000, quando avevano cominciato a godere di una certa popolarità, i Will Haven sono rimasti attivi, e del gruppo originario è rimasto il nucleo creativo della voce Grady Avenell e del chitarrista Mike Irwin, con la band che attualmente si compone di altri 3 elementi.
“VII”, come si può facilmente intuire, è il settimo episodio, che arriva a cinque anni di distanza da “Muerte”, ed è un disco che suona convinto, convincente, oltre che maturo quanto si deve a una band attiva da quasi trent’anni. La partenza è di quelle arroganti e assassine: Luna non dura neanche due minuti ma toglie il fiato, col punto di rottura che viene letteralmente soffocato al mixer, rendendolo quasi una versione dubstep del metalcore.
I Will Haven ringhiano forte, tra i testi di Paloma Lozoya (di fatto membro aggiunto della band) e una continua ricerca di solennità figlia della maturità attuale, in contrasto con i toni un po’ meno seriosi dei tempi di “Carpe Diem”, il loro massimo momento di popolarità. La prima parte del disco tuttavia suona un po’ ripetitiva, è da Diablito in poi (che un po’ fa il verso al loro disco d’esordio, “El Diablo” ) che la musica cambia passo, col cupo tappeto di tastiera che prende sempre più spazio rendendo l’atmosfera più evocativa, come nella coda strumentale Diablito II che cede il passo in maniera precisa impeccabile a No Stars to Guide Me: un pezzo che inizia con “Silence!” urlato ai pieni polmoni, per evocare una notte nera senza uscita. È, assieme al successivo Feeding the Soil, il pezzo più lungo e denso del disco, per un climax evocativo che si chiude con La Ultima Nota: uno stacco atonale che sa di ‘la messa è finita, andate in pace’.
“VII” è un disco di urgenza e di esperienza al tempo stesso, che parla bene o male a tutti, anche a chi non è abbastanza dentro al genere da sentirlo suo.