1. Our Religion
2. GIMME THAT BOOM
3. Set Fazers
4. Life That's Free
5. If I Could
6. L.O.V.E. (Smile Please)
7. This Appointed Love
8. Black Stars
9. State Of The Union
10. Addicted
11. Mama
12. Unstoppable
Dopo la tiepida (se non proprio gelida) prova di ritorno dei Dub War, Benji Webbe decide di tirare nuovamente fuori dall’armadio il vestito del sabato sera tutt’altro che di classe riportando in pista (rigorosamente da ballo) i suoi Skindred e, facendo firmare loro un contratto con Earache, sceglie bene la squadra in cui giocarsi le carte ancora in mano.
A 25 anni dalla loro fondazione gli Skindred sanno ancora come scuotere il dancefloor coi chitarroni. Nel giro dei dodici brani che compongono il nuovo disco, il quartetto gallese sfodera tutte le armi del caso, facendo scendere in campo i classici boombapponi friggiwoofer (Set Fazers, Our Religion, Gimme That Boom), assalti da soundsytem violento e carico a pallettoni (This Appointed Love), sornione svirgolate reggae/d’n’b che richiamano a gran voce le radici (L.O.V.E. (Smile Please)), sculettanti svirgolate tutte synth poppettari scintillanti coadiuvate da chitarre funk CHICcose (State of the Union), bolidi nu gonfi come mongolfiere e impreziositi da gang vocals spendibili nel più vicino pub laido di provincia (Black Stars) il tutto irrorato da una prova vocale sfavillante, ché, alle soglie dei 60, Webbe sembra non risentire affatto del passare del tempo.
“Smile”, in generale, non può essere posto a confronto con le produzioni che contano in un mondo musicale che, comunque, vale sempre meno e che, con tutte le probabilità del caso, andrà a spegnersi nel giro di un paio di lustri ad essere di manica larga. Avrebbe senso farlo? Certo che no, soprattutto per un gruppo che non ha mai spostato nemmeno di qualche centimetro l’asse del nu-metal degli anni Zero ma che si è comunque distinta per potenza e carica di divertimento, capace di far ballare a suon di mazzate reggae-numetal più culi di chiunque altro nel medesimo contesto. E se le cose non ha senso che cambino, così sia.
Insomma, è estate e fa caldo, non possiamo ascoltare tutti i giorni Fennesz e Merzbow, ci va uno stacco.