Quanti brani ogni giorno, ogni settimana, ogni mese vengono pubblicati, ascoltati distrattamente e poi finiscono sepolti sotto un mare di altre uscite, a sgomitare per emergere e troppe volte divorati da pesci più grossi e più importanti? Questa è una delle tante domande esistenziali che ci poniamo ogni giorno in redazione, e a cui dopo alcuni tentennamenti e tentativi falliti abbiamo cercato di formulare una risposta.
Hidden Tracks vi accompagnerà periodicamente con i nostri brevi consigli riguardanti alcuni brani pubblicati in queste settimane e che riteniamo interessanti. Progetti da tenere d’occhio, di cui forse sentirete parlare nei prossimi tempi, provenienti in tutti i casi da quell’universo sommerso che più ci sta a cuore e che pensiamo sia giusto e stimolante seguire dal principio. In poche parole, la musica di cui non tutti parlano.
Che l’aria di Boston facesse bene al disagio lo sapevamo già da tempo ma sembra che il clima del Massachusetts continui a dare vita a ottime realtà. Ascoltando Climax Infinity si capisce benissimo che i Final Gasp l’abbiamo respirata a pieni polmoni, sbuffando poi fuori tutta l’oscurità possibile, un fiato death rock gelido, antico, capace di far saltare tutte le luci della stanza dando il la a una serie di brividi lungo la schiena. Fa male e ci piace, per questo attendiamo trepidanti l’uscita di “Mourning Moon” che vedrà la luce (in senso lato) il 22 settembre per la solita Relapse Records.
Anche l’atmosfera berlinese è corroborante per un certo tipo di sentimenti. Sotto il proverbiale cielo di Berlino infatti nascono gli Zahn, (super)gruppo formato dall’ex-The Ocean Chris Breuer, Felix Gebhard (componente solo live degli Einstürzende Neubauten e già visto in studio un paio di anni fa con Dente) e Nik Stockmann che quest’anno sono pronti a tornare (in quel di novembre e per Crazysane Records) con il nuovo album “Adria“. Vale dire che la band ha fatto rizzare le antenne nientemeno che a Walter Schreifels? Sì che vale e a ragion veduta. Basta prendere a esempio Idylle. Sia il video che il brano immergono in un’atmosfera sospesa, cinematica nel vero senso del termine al limite estremo dei territori badalamentiani. Una pioggia di synth, chitarra, sax, una batteria appena accennata e il gioco è fatto. Sono della partita altri pesi massimi come Peter Voigtmann (The Ocean) e Fabian Bremer (Velcros). Basta e avanza, che dite?
In quei rari casi in cui Pelagic non ci porta in lande da sogno il posto da visitare è pieno di virulenza devastante. È il caso dei belgi Bear, fautori di un hardcore potenziato da melodie algide meccanizzate, alla bella maniera dei vecchi Fear Factory per capirci. Piece, contenuto nell’album “Vanta” in uscita a fine settembre, ha tutte le caratteristiche per portarsi via la faccia dell’ascoltatore, farlo sognare di mondi cyberpunk (complice il video massacrato da una AI, tema caldo di questi tempi) su pianeti lontani. La coda del brano poi è amara come la fine dei tempi.
Ci eravamo innamorati del lavoro di MØAA/Jancy Rae un paio d’anni fa con “Euphoric Recall” e le cose non sono ovviamente cambiate. L’artista di Seattle fa di nuovo squadra con Andrea Volpato (New Candys) per dare alla luce il nuovo album “Jaywalker“, in uscita a ottobre per WWNBB, e la title track dimostra come la malinconia espressa in precedenza non sia affatto stinta, anzi, semmai è più presente che mai. Soluzioni post-punk e voce eterea si amalgamano per portarci a fondo, nel buio.
È dello scorso anno, invece, l’innamoramento che ci ha colto ascoltando “Fiesta“, debutto dei bolognesi Leatherette. Il quintetto sembra non volerci sganciare da questa sensazione e allora rieccoli, pronti a dare un seguito al disco di cui sopra (“Small Town” uscirà a novembre per Bronson Recordings, noi siamo già gasati, come dicevano i giovani di una volta) e, per gradire, lanciano il primo urlo che voi potete tradurre con SIUUUMMM. Perché? Il brano apripista si intitola Ronaldo e sulla copertina del singolo campeggia una curva da cui sbuca la numero 7 dell’ex-Man United. E la canzone? Micidiale. Al netto della volontà di dare un taglio ai collegamenti col post punk, il tutto si traduce con melodie in tensione, un goccio di bitter sotto un sole freddo, il sax che cresce, chitarre come rasoi, sezione ritmica morbida come un tubo di piombo. L’abbiamo già detto che siamo gasati? E allora immaginateci mentre saltiamo nella posa tipica di CR7. Siuuuum.
Potrebbe mai deluderci quel covo di malanno che è MADchester? Quando mai? Questa volta la Grande Manchester ci fa dono delle Duvet che, a loro volta, ci regalano una secchiata di chitarre taglienti, andamento a metà strada tra spleen e angst. Girlcow è un brano cattivo come la peste con la voce di Grace Walkden a dipingere luoghi abbandonati dall’umanità, situazioni surrealmente e tristemente reali con quel tocco di violenza che non guasta mai. Niente album in vista, per ora, solo un 7″ previsto per ottobre su Missing Out Records. Attendiamo trepidanti il full length.
Per il loro nuovo EP (per la verità pure lunghino, 40 minuti e più di malessere) “Revelator” gli australiani The Amenta hanno deciso di interpretare a modo loro brani di Diamanda Galas, Alice In Chains, Killing Joke , My Dying Bride e altri ma per introdurci a questo reame oscuro preferiscono pubblicare come singolo l’unico brano autografo del lavoro. Plague of Locus è isterica malignità vocale poggiata su un tritacarne black in tempi medi, opprimente e debilitante. Debemur Morti non ne sbaglia una, va detto.
Se è purtroppo vero che i SubRosa non esistono più i loro membri non ci hanno di certo lasciati soli a vagare in questo mondo di merda. Rebecca Vernon infatti debutterà a ottobre con il nuovo progetto The Keening e l’album “Little Bird” sarà pubblicato ovviamente da Relapse Records. Come apripista Vernon sceglie la title track, quasi dieci minuti di pura poesia strappacuore, tra archi di intensità superna e incastri di piano languidi e ossessivi come le melodie che rivestono il brano. La voce, poi, è il tocco finale, un tocco di spirito in un mondo, come dicevamo, di merda. Repetita iuvant. Il video poi fa a pezzi quel che di intero era rimasto.
E insomma, chi l’avrebbe mai detto ma la nostra estate finisce così com’era cominciata, ovvero con una buona dose di black metal e derivati. Ce la forniscono gli svizzeri Wizard of Wiznan, freschi freschi di firma con la nostra Argonauta Records. Per festeggiare c’è appunto il nuovo singolo Absolute Void, un bel concentrato di sludge nero come la pece e come la vita che, pur senza introdurre particolari scossoni, piacerà assai agli amanti del genere. Bello il video, anch’esso nel mood giusto, tra riti di sangue e montagne innevate.
Con gli Xorsist si resta più o meno in tema con quanto sopra, ma i nostri aggiungono alla ricetta una scucchiaiata abbondante di quel marciume che non guasta mai. La band svedese a ottobre pubblicherà sull’imprescindibile Prosthetic Records il nuovo album “At the Somber Steps to Serenity” che, a giudicare dal nuovo singolo Coterie of the Depraved, si preannuncia un bignami di cattivo umore e death/thrash metal senza alcun tipo di compromesso (che noi tra l’altro non cerchiamo). Bene così.
Proseguiamo e concludiamo questa nostra piccola discesa negli inferi con i taiwanesi Laang 冷, che per la cronaca vuol dire freddo e, stando alla cartella stampa, nascono a seguito di un’esperienza ultraterrena di pre-morte e dello stress post-traumatico sofferto dal cantante e chitarrista Haitao Yang. Il black metal dei Laang 冷, che a novembre su Talheim Records daranno allo stampe il loro nuovo album “Riluo“, è interessante e stratificato, un’esperienza catartica che porta con sé sia le linee guida del genere sia elementi peculiari, come l’utilizzo del Mandarino nel cantato e di strumenti tradizionali. Il primo estratto Baoyu 暴雨 rende bene l’idea e getta le basi per aspettative di spessore.