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Curling – No Guitar

2023 - Autoproduzione
shoegaze

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Tracklist

1. Shamble
2. Pastoral
3. Pop Song
4. URDoM
5. Reflector Mage
6. Dysfunction
7. Majesty
8. Hi-Elixit
9. Patience
10. Husk
11. Hotel
12. No Guitar


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No Guitar” (Self-released, 2023) è il terzo album in studio dei Curling, progetto guidato da Joseph Brandel e Bernie Gelman, di stanza a Tokyo e Berkeley (CA). Registrato un po’ alla volta nel corso di cinque anni, questo disco rappresenta – prendo in prestito le parole dalla stessa band – la loro «personale celebrazione di morte, nascita, disoccupazione, sesso e amore, ansia e depressione, solitudine e compagnia canina». Io aggiungo che questo lavoro segna un grande passo in avanti nella ricerca di una grammatica sonora più complessa e poliedrica.

Mi scuserete, però, se sento l’urgenza di uscire anzitempo dal seminato per farvi menzione di un fatto simpatico. Confrontando le mie impressioni a caldo con quelle di altri nauti del web, ho incrociato due commenti che hanno suscitato la mia ilarità: il primo lamentava la presenza della chitarra in un disco che sfacciatamente ne annuncia l’assenza sin dal titolo; il secondo faceva notare come, inserendo la chiave di ricerca “curling band”, Google restituisca tutta una serie di immagini di donne intente ad arricciarsi i capelli.

Ma mentre quest’ultima nota di colore a null’altro serve se non a strapparci un sorriso, la prima mette in risalto uno dei tanti aspetti ossimorici di questo album. La chitarra c’è, in dosi massicce, ed è forse lo strumento che più di tutti scandisce i repentini cambi di direzione all’interno dei brani. Veramente una tavolozza di generi e stili si combina con un certo grado di intricatezza: “No Guitar” arricchisce lo storico imbasamento shoegaze, Midwest emo e jangle pop dei Curling di nuove architetture ispirate da math rock, power pop e folk.

La frammentarietà delle strutture è senz’altro figlia dei lunghi e tortuosi tempi di lavorazione del disco, interrotti dalla pandemia di COVID-19. Non c’è immediatezza all’ascolto, anzi soggiace un’anima carnevalesca che oscilla costantemente tra momenti di leggerezza e attimi di puro strazio emotivo. Ogni canzone vive delle sue contraddizioni, dai singoli Hi-Elixir e Patience fino alle atmosfere più docili di URDoM, Majesty (arricchita da uno splendido quartetto d’archi) e Husk. Tra i passaggi più interessanti segnalo il muro sonoro di chitarre e synth in Dysfunction e l’inatteso outro elettrificato di No Guitar.

Questo disco è una strana bestia, i pezzi sembrano finire troppo presto e al termine dell’ascolto rimane uno strano senso di vuoto. Ma credo sia questo il suo pregio, lasciare una sorta di finale aperto tanto per l’ascoltatore quanto per gli stessi artisti. Rimane la curiosità di vedere dove porterà questo nuovo indirizzo. Io, dal canto mio, li ringrazio per non aver mantenuto la promessa e aver lasciato le chitarre.

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