1. More Than a Love Song
2. Ice Cream (Pay Phone)
3. Mrs. Postman
4. Chronicles of a Diamond
5. Angel
6. Hello
7. Sauvignon
8. Tomorrow
9. Gemini Sun
10. Rock and Rol
Arrivano al secondo album i Black Pumas, sensazione neo-soul che aveva esordito dal nulla nel 2019 con un eponimo album da 7 nomination ai Grammy e importanti riscontri commerciali negli Stati Uniti e non solo. Più che mai complesso dunque ripetersi alla seconda prova che arriva infatti dopo ben 4 anni, dedicati, con l’intralcio della pandemia in mezzo, a cavalcare l’onda del primo disco, tra concerti, remixes e deluxe editions. Nel secondo disco, annuncia il comunicato stampa, “la band ha ampliato la propria tavolozza per includere una distesa abbagliante di forme musicali: ibridi celesti di soul e pop sinfonico, escursioni strabilianti nel jazz-funk e nella psichedelia, canzoni d’amore dagli occhi stellati che si sentono cadute dal cosmo. Più selvaggio e strano e più stravagantemente composto del suo predecessore, “Chronicles of a Diamond” arriva come l’espressione più completa della frenetica creatività e della visione illimitata dei Black Pumas.”
Questo l’annuncio. All’ascolto, si parte subito con il singolo trainante More Than a Love Song che, in buona sostanza è il tentativo di ripetere il successo di Colors, con l’aggiunta di un coro gospel e un po’ di spoken word verso la fine. Ricordo come rimasi colpito da Colors e da tutto il primo disco. La bella voce di Eric Burton, che interpretava con intensità canzoni che emanavano una irrefrenabile energia positiva. Ascoltai molto quel disco, per un po’. Ci riprovo oggi con il suo successore, ascolto e riascolto ma, malgrado “l’ampliamento della tavolozza”, provo difficoltà a trovare lo stesso livello di connessione che avevo con il precedente album. Sarà una ispirazione di qualità inferiore, o sarà che alla fine “l’ampliamento della tavolozza” non è proprio così ampio.
Come spiega Quesada, l’altra metà della band (chitarra e produzione): ”Nel primo disco il mio obiettivo era quello di fare qualcosa che sembrasse moderno ma senza usare loop o programmazione o editing di alcun tipo: tutto era completamente dal vivo. Con questo disco, abbiamo buttato fuori tutte quelle regole e creato qualcosa che è molto un album in studio, ma cattura anche quell’energia pazzesca che accade nello spettacolo dal vivo”. Ecco allora forse la differenza. Mentre “Black Pumas” ribolliva di immediatezza e voglia di fare musica in presa diretta, il compromesso tentato con “Chronicles of a Diamond”, tra energia live e lavoro in studio, riesce solo a tratti.
Alcune tracce, come Angel e Hello stentano proprio a restare impresse, scontando una certa banalità, anche compositiva. A parte il trittico iniziale di singoli orecchiabili, forse le cose migliori si trovano alla fine del disco. La sequenza di Tomorrow, Gemini Sun e Rock and Roll è quella in cui meglio i Black Pumas hanno realizzato il tentativo dichiarato di far evolvere il loro sound in un territorio più “psych” e meno scontato. In sintesi, la speranza è che questa si riveli un’opera di transizione verso nuovi stupori ed emozioni future.
La stoffa c’è, la direzione è più incerta, soprattutto se i Black Pumas non vorranno passare alla storia come una “one hit wonder”.