1. Pensioner
2. Superyacht Ecopark
3. Rogue Wave
4. Hypernormalisation
5. We Can Build You
6. Goliathette
7. Books Cannot Be Killed By Fire
8. House / Trance
9. Autotourniquet
10. Skells
Ho divorato e amato, e tuttora continuo, “I Was Trying to Describe You to Someone“, ovvero quello che fino ad oggi era l’ultimo album in studio dei Crime in Stereo, un lavoro irripetibile che chiudeva il cerchio luminoso di una discografia tanto anomala quanto magica, con la band di Long Island, autentico culto da quelle parti, meno dalle nostre, sempre capace di passare dal punk-hc al post-punk con una naturalezza invidiabile, la stessa che cercano tutti quelli che in quest’avventura ritornata in auge si sono imbarcati negli ultimi anni. Ritornare dopo 13 anni di silenzio non è mai facile, ma è un’epoca di ritorni, di corsi e ricorsi, e i Crime in Stereo se la devono essere sentita così, spontaneamente come tutto quello che hanno sempre fatto.
“House & Trance” oscilla tra i generi e tra gli approcci, tra il personale e il politico, puntando il focus sull’angoscia esistenziale che ci accomuna in questi tempi bui. “Eventually, we will we all be, dead” canta Kristian Hallbert nella breve opener Pensioner, che si tuffa di pancia nella successiva Superyacht Ecopark, assieme alla title-track uno dei brani più diretti e convincenti di un disco in cui trame intricate prendono presto il sopravvento, non sempre con la giusta riuscita. È il caso di Rogue Wave o Goliathette, zeppe di divagazioni noise ma dal voltaggio scarico. Ma anche Books Cannot Be Killed e Autotourniquet, due anthem post-punk che gente come Idles e compari potrebbe far propri, non sembrano andare dove vorrebbero, mentre la conclusiva Skells si muove con quella stanchezza che forse è anche la nostra.
“House & Trance” è cupo, malinconico e misantropico, in poche parole è lo specchio dei tempi, ma non riesce a scuotere e alla fine regala solo una grossa fetta di quella nostalgia di cui siamo ormai saturi.