1. Lifeless On The Ground feat. Anthony Didio e Jon Lhaubouet (Vein.fm)
2. In Your Heart feat. Scott Vogel (Terror)
3. Actin’ Up feat. Steve Buhl (200 Stab Wounds)
4. You and Me feat. Freddy Cricien (Madball)
5. This Falls On You feat. Shane Moran (Bad Seed/Title Fight)
6. Too Late feat. Justice Tripp (Trapped Under Ice/Angel Du$t)
7. Pickin’ at Scraps feat. Jay Peta (Mindforce) e Austin Sparkman (Buried Dreams/Haywire)
8. Out Of Our Hands feat. Vinnie Caruana (The Movielife/I Am The Avalanche)
9. Same Old Story
10. Under My Skin feat. Josiah Hoeflinger (Criminal Instict)
11. Not Through Blood feat. Brendan Garrone (Incendiary) e Corin (Last Wishes)
Come si confeziona un disco hardcore sfacciatamente diretto, senza fronzoli e pieno di personalità? Non c’è una formula scientifica per rispondere a questa domanda, ma di certo il full lenght di debutto dei newyorkesi Pain of Truth è una perfetta lezione di stile.
La band è ormai da qualche anno tra i nomi più chiacchierati della contemporanea scena hardcore mondiale, soprattutto da dopo la pubblicazione dell’EP “Not Blame … Just Facts!” nel 2020 e lo split con i conterranei Age of Apocalypse l’anno successivo. A dare alle stampe la nuova fatica del quintetto di Long Island è ancora una volta Daze, label ormai imprescindibile per la community hc mondiale.
Ed è proprio nel segno di un hardcore estraneo a qualunque compromesso che si colloca questo album di esordio sulla lunga distanza. 11 tracce che sono una lampante e appassionata dichiarazione d’amore nei confronti del genere, come si evince dalla tracklist: un tripudio di featuring che unisce vecchia e nuova scuola, dando spazio a mostri sacri come Scott Vogel e Freddy Cricien fino a personalità della scena più recenti come Jay Peta dei Mindforce o Steve Buhl dei 200 Stab Wounds.
Ce n’è davvero per tutti i gusti, nel segno di sonorità debitrici nei confronti di nomi storici come Crown of Thornz e Madball, ma senza dimenticare un tocco fresco che cala perfettamente l’album nella contemporaneità: dalle influenze hip hop nel cantato del frontman Michael Smith fino alla valanga di breakdown pronta a sommergere l’ascoltatore, tutto risulta egregiamente costruito e prodotto (la mano in cabina di regia è quella di Andy Nelson dei Weekend Nachos). Una nota a margine forse scontata: in questo party esplosivo per gli amanti del NYHC non c’è spazio per l’originalità o la voglia di giocare con sonorità inaspettate. L’intento è solo uno e ben delineato a partire dalla traccia di apertura Lifeless on the Ground (mai titolo fu più azzeccato): lasciare il maggior numero possibile di vittime a terra con un carico di violenza sonora che non rallenta un attimo per tutta la durata della proposta. Un treno carico di rabbia che corre veloce per poco più di 25 minuti, giungendo alla title track conclusiva senza perdere mai un colpo. E non a caso qui sentiamo risuonare perentoria la dichiarazione d’intenti del vocalist dei nordirlandesi Last Wishes: ”From the US and the UK/Slapping hardcore reality across your fucking face/Across your fucking face”.
Non possiamo che definire la missione come pienamente riuscita: un’istantanea di cosa è oggi l’hardcore mondiale, della sua rinascita in corso e di come band come i Pain of Truth siano pronti a sbattercene in faccia l’essenza. Nuda e cruda, e ovviamente dolorosa quanto le verità scomode che spesso preferiamo non sentire (e a ricordarci tutto questo, c’è già il nome della band).