1. Akte XVI
2. Akte XVII
3. Akte XVIII
4. Akte XIX
5. Akte XX
L’atto scatenante di “Quelle” fu l’isolamento. Uscito nel 2020, in piena pandemia, aveva tutte le caratteristiche umane (e non) di quel momento storico. Lo incarnava. Ne respirava i miasmi. “IIII” esce a tre anni di distanza da quel momento buio ma la luce sembra non voler arrivare, nel mondo dei B R I Q U E V I L L E.
Ancora una volta l’immobilità è padrona. Improvvisare su una singola nota, come punto cardine di un mondo che si svela al di là di quei confini tanto (illusoriamente) limitati di un drone, eppure infinite sono le possibilità che si aprono. Sembrano in dialogo le due unità, quella “ferma” e quella mobile. Pensate a un chiodo, un grosso chiodo, attorno al quale ruota un anello dorato. Pensateci mentre ascoltate Akte XVIII, la chitarra centrale è quel chiodo, attorno lo sviluppo sintetico, ritmico, melodico, otto minuti e sedici secondi di crescendo orizzontale. Espansione virale. Rumore che schianta. Ora immaginate un velo di organza cerulea, un velo che cade al ritmo lento di una chitarra acustica, la discesa (o la salita) accompagnata da voci fantasmatiche, sospese, in odore di eternità. Quel velo è Akte XIX. Volgete indietro lo sguardo al paesaggio di Akte XVI e vi vedrete estendersi il buio scaturire da arpeggi spaventosi, un incedere funebre, una cantilena, lo scandire di un tempo morto.
Adesso, invece, pensate a come il sole può squarciare le nubi e immergetevi nella luce di Akte XX, questa volta le chitarre si muovono “veloci” come rimembrando tempi andati, uggiose città d’Oltreoceano, il basso è il riecheggiare di passi su un ponte abbandonato che porta verso l’Altrove. Un rituale perso nei meandri del tempo.
Ancora una volta, se non di più, la minimale grandeur del misterico gruppo francese ha colto il segno dei tempi tracciando un solco sul terreno ormai arido di certi generi musicali.